Nuovi scontri in Medio Oriente e strategia della tensione

Il vento soffia sull' incendio mediorientale, la rivolta infiamma anche i paesi chiave come l'Algeria, Bahrein, Iran ed Egitto.
Mohammed badie, guida suprema dei Fratelli Mussulmani (MB) in Egitto, accusa il Partito Nazionale Democratico (PND) dell' ed President Mubarak di alimentare il settarismo nel paese, e invita i cittadini a salvaguardare le istituzioni, obbedire alle leggi presentando richieste in modo pacifico, dichiara inoltre il proprio sostegno all'esercito.
Gli scontri hanno avuto luogo nel villaggio di Soul, a 35 chilometri a sud del Cairo, nel governatorato Helwan e sono dovuti ad una presunta relazione adultera tra un uomo copto e una donna musulmana.
Il 2 marzo all'uomo era stato ordinato dal consiglio di andarsene dal villaggio, cosa che però non ha scongiurato lo scoppio di una lite in cui sono morti il cugino e il padre della donna. Durante la preghiera del venerdì l'Imam del luogo, ha incolpato i copti dell'incidente avvenuto, ed esortato i fedeli ad uccidere i Cristiani oltre che bruciare la chiesa di San Giorgio e Santa Mina.L'8 marzo il conflitto si è esteso nelle zone di Zorayeb e Moqattenm alla priferia del Cairo, e le tensioni sono tutt'ora in corso.
Le dichiarazioni che ha rilasciato Badie, sono state la conseguenza di una notte di scontri tra musulmani e cristiani copti. Il movimento islamista che ha lo scopo di ritagliarsi uno spazio politico nell'Egitto del dopo-Mubarak, teme che gli attacchi contro i Cristiani lo mettano in cattiva luce agli occhi della comunità internazionale e dello stesso governo egiziano, chè è sotto la guida del Consiglio supremo delle Forze armate (SCAF), che vigilano attentamente il comportamento dei Fratelli Mussulmani in questo contesto.
I Fratelli Musulmani, sono il gruppo di opposizione più grande e meglio organizzato del Paese, e non vogliono lasciarsi sfuggire l'occasione per accusare il PND di fomentare le violenze contro i musulmani salafiti, questo incrementa le tensioni.
E' molto probabile che gli scontri più recenti siano responsabilità delle stesse forze di sicurezza, le quali hanno una lunga esperienza nello sfruttare le tensioni religiose in modo funzionale ai propri interessi. Lo dimostra il fatto che nessun gruppo – ne al Quaeda né altri – abbiano rivendicato attentati.

Le dimostrazioni nel “giorno dell' ira” nelle città sciite di Houf, Quatif e Al-Ahsa – nell'area orientale dell' Arabia Saudita, ricca di petrolio – sono state contenute. Ma i manifestanti sono scesi in piazza per chiedere la liberazione dei detenuti sciiti e libertà politica, si sono scontrati con la polizia saudita che non ha tardato a reagire sparando proiettili di gomma e procedendo a svariati arresti.
A Ryadh la situazione è più calma, soprattutto per l'intensificazione delle forze di sicurezza nelle strade della capitale.
Ma il Bahrein, è in una situazione particolare, perchè strettamente collegato a Quatar e Arabia Saudita, nonché porto della V flotta USA, ed espressione di una discrasia religiosa assai diffusa nel mondo musulmano. La famiglia reale sunnita che governa la popolazione a maggioranza sciita, il re Amad bin Isa al Khalifa, ha suo malgrado dovuto concedere l'amnistia e consentire il rientro dall' esilio di Hassan Mushaima, che è il leader del movimento siita Haq, oltre che radicale e molto critico nei confronti della monarchia.
Si pensi che appena sbarcato ha accusato la famiglia reale di corruzione e ha intimato allo stesso re di non sottrarsi al giudizio del tribunale, questo mentre si continua a protestare nella capitale Manama, dove la gente chiede una riforma costituzionale che dia pieni poteri al parlamento.
Vi è stato inoltre l'allontanamento del primo ministro Sheikh Khalifa ibn Salman al-Khalifa, ma questo non è servito a placare le proteste dei manifestanti che sventolando le bandiere del Bahrein urlano slogan come “il popolo vuole la caduta del regime”.
In Bahrein, l' undici marzo migliaia di integralisti sciiti hanno marciato verso il palazzo reale di Manama, chiedendo la deposizione della monarchia, e non appena arrivati nell' area sunnita di Riffa, dove c'è il palazzo, i manifestanti sono stati fermati dalla polizia e da una barriera di filo spinato dei dimostranti filo-governativi sunniti.
Una marcia questa, organizzata dalla “coalizione per la repubblica”, la nuova organizzazione sciita integralista nata dalla scissione dell' opposizione, dopo la scissione l'area moderata e maggioritaria, con a capo il gruppo islamista Al Wefaq, si è alleata con i sunniti, i quali sostengo l'attuale governo monarchico, nonostante chiedano riforme.
Si potrebbe definire una reazione a catena, da qui al Quatar ed all' Arabia Saudita, la situazione è incandescente per poterla considerare trascurabile.
Le tensioni che sono state compresse da decenni di dittatura, potrebbero esplodere, con serie conseguenze anche in Occidente.

Nello Yemen decine di migliaia di persone, tra i quali islamisti, socialisti, giovani e docenti, si sono riversate nelle strade di San'a l' undici marzo, chiedendo a gran voce le dimissioni del Presidente Saleh, questa è stata la più imponente manifestazione mai avvenuta nel paese.
Nel sud del paese, ad Aden, dove il sentimento secessionista è forte, sono state organizzate proteste represse con la violenza. Perfino al Quaeda ha sferrato un attacco ad Hadramawatt, dove sono morti quattro poliziotti.
Fino ad oggi, Saleh è rimasto in carica grazie all' appoggio delle tribù e dell 'esercito al quale ha dovuto concedere non pochi favori politici ed economici. Intanto i manifestanti che ne chiedono le dimissioni, non pare siano intenzionati ad accontentarsi di qualche concessione politica. Saleh ha offerto loro di varare entro l'anno una nuova costituzione che garantisca l' indipendenza del parlamento e della magistratura, ma l' opposizione ha rifiutato.
Da non dimenticare che lo Yemen è uno degli storici nascondigli di Bin Laden, ed ha una popolazione giovane, di età inferiore ai vent'anni (età media), non è ragionevolmente sostenibile che si accontentino della promessa di Ali Abdallah di non ripresentarsi alle prossime elezioni, è ovvio che a vent' anni si pretenda tutto e subito, senza aspettare il lento scorrere degli eventi storici. Infatti Saleh cerca di contenere la protesta con concessioni ormai quotidiane, ma questo non risolverà il problema.

Intanto l'esercito dell' Arabia Saudita è penetrato in Bahrein a capo di una coalizione dei paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo per aiutare la monarchia a sedare le manifestazioni sciite fomentate dall' Iran, che ha la volontà di essere un punto di riferimento ideologico-religioso. Si tratta di una teocrazia che vuole sostenere e alimentare lo sviluppo di movimenti estremisti orientati con decisione contro il mondo satanico rappresentato da Usa e Israele.
Fin dalla sua nascita, nel 1979, sta riuscendo a mettere in movimento i suoi alter ego, per esempio in Iraq è riuscito a ribaltare il risultato delle elezioni dello scorso anno, non meno in Afghanistan dove le truppe ISAF sono costantemente sotto attacco dei gruppi finanziati dalla Repubblica Islamica.
Certo l' Iran non si aspettava le mossa dell' Arabia Saudita, e non può non reagire, perchè perderebbe di credibilità di fronte algli sciiti del Bahrein.
Potrebbe quindi fornire aiuto militare ai ribelli alimentando la guerriglia, sempre che gli sciiti del Bahrein siano disposti a perdere la vita per l' Iran!
Oppure potrebbe fomentare il caos in Iraq o in Afghanistan nel tentativo di distogliere l' attenzione dal Bahrein e tenendo occupati gli occidentali che hanno tutto l' interesse a garantire la stabilità del Golfo Persico. E potrebbe anche chiedere ad Hezbollah e Hamas di attaccare Israele per creare un diversivo che metterebbe in risalto il prestigio dell' Iran, ma che certo non indurrebbe i Sauditi a lasciare il Bahrein.
Del resto ora che Ahmadinejad ha costruito la sua immagine politica e il successo della sua politica estera, non può certo permettersi di apparire vulnerabile o perdente, perchè in tal caso le forze interne, a lui ostili, non esiterebbero a sferrargli il colpo fatale. La difficoltà in cui i Sauditi hanno messo Ahmadinejad, è una mossa tanto scaltra quanto inaspettata, ma c'è da giurarci che questi non starà a guardare passivamente.

La Libia dal canto suo pur con i suoi problemi umani e le molte vittime, non costituisce un perno di importanza geopolitica, e del resto la naturale attenzione che si pone alle numerose vittime del colonnello libico, mette in secondo piano il progredire della crisi, del resto è probabile che Gheddafi verrà assassinato da qualcuno della famiglia, secondo le consuete tradizioni tribali. Dopodichè non ci sarà
un miglioramento della situazione di caos, che resterà tale come in Tunisia. L'unico dato certo è che ci sarà un discorso sulla gestione delle risorse energetiche tra americani e russi, nel frattempo la VI flotta è nel Golfo della Sirte.

La protesta in Algeria sarà di una portata maggiore, ed esporterà uno scontro radicale nei paesi circostanti. L'unico paese in cui l'esercito gode della stima del popolo è l'Egitto, perchè negli altri paesi, è stto il servo fedele del dittatore.
Non a caso gli osservatori dell' Algeria sono preoccupati, perchè sanno che le cose non saranno come in Tunisia, Egitto e Libia; qui lo scontro sarà molto più forte e articolato, non è una questione che riguarda solo Bouteflika al terzo mandato, cioè uno scontro ideologico-religioso molto più profondo, sempre sottaciuto e pronto ad esplodere.

Ora è ovvio che sotto l'impulso magrebino Nord Africa e Grande Medio Oriente chiedano conto a re, rais e dittatori dei loro misfatti, che hanno divorato tutto con la loro smisurata disumana avidità, che li ha resi sordi e ciechi alle sofferenze dei loro popoli. E quello che hai popoli è stato sottratto con la forza, viene ora sequestrato dalla società civile.
In questo panorama infuocato è sconcertante constatare l' ottusità del mondo occidentale che pensa di “instaurare” regimi democratici e tanti saluti.
In realtà quando si scoperchia il pentolone, inevitabilmente le componenti ideologiche e religiose latenti e meno latenti, saltano fuori in tutta la loro virulenza. Purtroppo si continua a sottovalutare l'interdipendenza tra oriente e occidente. Naturalmente la nostra attenzione si concentra su Lampedusa, ma la pace non “scoppierà” a breve, di conseguenza un numero consistente di disperati approderà a noi. Ed è evidente una mancanza di collaborazione tra le intelligence occidentali, molto probabilmente ci troviamo in presenza di uno schema meticolosamente condotto da un nucleo di scacchisti molto astuti e abili che gestisce tempi e bersagli in una tragica sequenza logica impeccabile.

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