La salute: un campo di battaglia

GLI STATI UNITI D’AMERICA VISTI DALL’ITALIA

Il Presidente degli USA Barack Obama, a proposito del recente voto del Congresso in cui tutti i 232 repubblicani hanno votato a favore dell’abrogazione di riforma della sanità, raggiungendo una larga maggioranza, dice che:
“E’ un voto a favore delle compagnie di assicurazione. Non si può mettere in altro modo.” Aggiunge poi che la sua riforma della sanità sta già migliorando la vita di milioni di persone, l’abrogazione significherebbe 32.000.000 di americani senza copertura per la salute. Questa legge pone fine ad alcuni dei peggiori abusi contro famiglie, bambini, anziani e malati. Abrogarla significherebbe inoltre che: le famiglie potrebbero perdere la copertura se qualcuno avesse un incidente o si ammalasse, una donna con il cancro potrebbe perdere la copertura per un semplice errore su un modulo, donne incinte, bambini disabili e persone con patologie pre-esistenti potrebbero vedersi negare le coperture ritenute troppo costose. Il deficit aumenterebbe di 230 bilioni in dieci anni, ponendo un ingiusto carico sulle spalle di figli, nipoti e generazioni future che dovranno pagare questo errore.
Da parte loro i repubblicani, con una lettera firmata da John McCain, comunicano che ritengono urgente abrogare e sostituire Obamacare, che porterebbe gli USA in bancarotta per mezzo di un insopportabile aumento di tasse a carico dei cittadini e delle imprese. Stima un aumento del debito pubblico di 2.6 trilioni di dollari in 10 anni. Nel suo messaggio manca ogni considerazione per i rapporti tra cittadini ed assicurazioni private per quanto riguarda le cure mediche. Infatti dal punto di vista repubblicano, la salute è un bene di mercato come tutti gli altri, e l’assistenza medica, i costi dei farmaci e delle prestazioni mediche devono essere il risultato del funzionamento della legge della domanda e dell’offerta, senza interferenze da parte dello stato.
Come cittadina europea abituata fin dalla nascita all'assistenza medica statale, francamente capisco meglio le argomentazioni del Presidente. Non riesco a capire, invece, le cifre stellari che ambedue i contendenti calcolano per il debito pubblico. Capisco solo che B. Obama è un uomo proveniente dall’interno del partito democratico, non è solo il primo nero alla Casa Bianca, e per me è del tutto impossibile credere che il partito fondato da Thomas Jefferson, uno dei quattro grandi presidenti immortalati sulle rocce di Mount Rushmore, possa esprimere un presidente che vuole mandare in bancarotta la finanza pubblica degli USA.
Un sondaggio Gallup precedente la votazione diceva che gli americani vogliono che i leader politici di Washington lavorino insieme. 8 su 10 dicono che il Presedente Obama dovrebbe lavorare per fa passare una legislazione su cui possano mettersi d’accordo Repubblicani e Democratici. Il sondaggio Gallup di giovedì 20 gennaio sugli umori della gente riguardo al governo dice che gli Americani tendono ad essere più ottimisti che pessimisti su come Obama svolgerà il suo lavoro nei prossimi due anni, su come andrà l’economia e su come funzionerà il governo nel complesso. La metà degli americani vorrebbero che Obama seguisse politiche più conservatrici.
Insomma il Change, yes we can, lo slogan che ha aiutato il presidente ad avere la maggioranza alle elezioni presidenziali del 2008 promettendo una rinascita del sistema America per far progredire il cammino della democrazia, adesso, con la nuova maggioranza al Congresso, significa semplicemente che i due partiti dovrebbero realizzare in breve tempo il miracolo di ottenere un forte aumento dei posti di lavoro ed una sostanziosa diminuzione della pressione fiscale. Su tutto il resto, silenzio, o quasi.

emedoro@gmail.com

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