MICROMACRO, LA SCIENZA RACCONTATA DA GIANFRANCO COLACITO

E’ uscito da un paio di mesi nelle librerie il volume “microMACRO – cronache di fisica e astrofisica”, di Gianfranco Colacito, editore CARABBA di Lanciano. Aquilano, penna brillante ed incisiva del giornalismo abruzzese, humor inglese, direttore della testata on line-tv InAbruzzo.com, alla sua professione Colacito associa un’innata passione per la scienza, che egli sa raccontare con rara semplicità ed efficacia, spiegando i fenomeni dell'universo e della materia come un coinvolgente racconto. E' davvero una dote singolare, la sua, di straordinario divulgatore. E infatti, in 250 pagine o poco più, in 42 capitoli, Colacito ci porta a spasso per il cosmo a scoprire l'universo, le stelle, il big bang, i pianeti, le galassie, i buchi neri e tanti altri fenomeni che sembrano complicati e che invece egli rende semplici da comprendere, avvicinando il lettore e in fondo rendendo un apprezzabile servizio all’interesse per la cultura scientifica del Paese. Ancora non completo la lettura del suo libro, ma mi sembra già utile parlarne. Rende benissimo il valore dell’opera e il profilo del suo Autore questa efficace prefazione di Danilo Srour, che tocca anche altri punti importanti nel rapporto tra scienza e fede. (Goffredo Palmerini)

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Quando il giornalista Gianfranco Colacito, detto dagli amici “il Professore”, mi ha invitato a scrivere la prefazione al suo libro eravamo a cena. “Il Professore” è uomo di poche parole, e come nel suo stile, non si è certo parlato addosso, ha solo detto: “Ho scritto un libro che tratta di astronomia, astrofisica e fisica quantistica. Vorrei che tu facessi una prefazione sul tema dei rapporti tra scienza e religione”. Un po’ per soggezione, un po’ per dar l’idea di aver capito già tutto, io non ho azzardato domande, piuttosto ho cominciato a fare mente locale sulle cose che avrei potuto scrivere. Per l’attacco non ci sarebbero stati problemi. Da dove cominciare se non dal primo atto di guerra della chiesa cattolica nei confronti della scienza moderna? Galileo sarebbe stato perfetto.
Per continuare avrei potuto tirare qualche pagina sui cliché della censura e dell’oscurantismo, fare riferimenti alle persecuzioni che colpirono Spinoza, Copernico, Cartesio, parlare della condanna delle tesi di Darwin dopo il 1860. Del resto, mi dicevo, la storia dell’Occidente cristiano non è certo avara di episodi di scontro frontale tra chiesa e comunità scientifica. Né il presente sarebbe stato meno generoso di spunti. Perché è vero, la conflittualità appare assai ridimensionata se si guarda alle questioni cosmologiche, ma solo perché il terreno di confronto si è spostato altrove.
Lo scontro tra scienza e fede oggi appare articolato attorno ad altri nodi. Da un lato, allora, avrei potuto parlare delle accuse di riduzionismo che la chiesa contemporanea muove a biologia, neuroscienze e studi sulle Intelligenze Artificiali, dall’altro delle tecnologie applicate, sempre più prometeiche, sempre meno disposte ad assumere l’etica cristiana a criterio normativo. Una bella conclusione avrebbe potuto avere per oggetto le nuove ondate di conservatorismo, la minaccia dei creazionisti americani, col monito a stare in guardia, ottimo apripista per l’elogio dell’opera dell’amico divulgatore. Perfetto, era così che me la sarei cavata.
E invece, leggendo questo libro mi sono accorto di non aver capito niente. Colacito mi aveva offerto la poesia e io volevo restituirgli la prosa. Incorrevo nell’errore di ridurre tutto a un problema di competizione tra gruppi sociali – chiesa e comunità scientifica – portatori di interessi antagonisti. Come se il nocciolo della questione fosse davvero la rissa attorno alla conservazione dello status quo. Ogni grande rivoluzione del pensiero non può che essere seguita da profondi sconvolgimenti in ambito filosofico e sociale, e io, come lo sciocco a cui indichi la luna e guarda il dito, stavo facendo di questi conflitti l’orizzonte della mia riflessione.
Rischiavo di parlare di miserie umane, insomma, quando invece questo è un libro che trasuda e trasmette entusiasmo, che partecipa e ti fa partecipare dell’attonito stupore dello scienziato di fronte alle leggi della natura, che ti trascina in un discorso su quella che è forse la facoltà più alta e più bella dell’essere umano: la vocazione a capire, a ordinare, a controllare il mondo attraverso l’intelletto. Protagonista ne è la volontà di alcuni uomini di non accontentarsi di abitare un universo estraneo, ma di volerlo comprendere.
Il racconto di Colacito sulla straordinaria avventura dell’uomo alle prese con i misteri dell’universo, come con gli enigmi dell’infinitamente piccolo, un’avventura fatta di conquiste, di intoppi, di ripiegamenti e superamenti, narrata col piglio del grande divulgatore, puntellata di perle di umorismo british, mi ha allora offerto una visione diversa anche dei rapporti tra scienza e religione.
L’uomo raccontato in questo libro non è quello che si azzuffa per mero interesse personale strumentalizzando l’una o l’altra visione del mondo, è l’uomo che cerca il vero, che scruta la natura alla ricerca di un’armonia nelle sue leggi. E’ il primo uomo che, sbigottito di fronte al mistero del cosmo e dei fenomeni naturali, allaccia una storia che renda conto delle sue cause, una di quelle storie che prendono il nome di miti e che noi oggi conosciamo attraverso la Teogonia di Esiodo. E’ Anassagora, che interrogato sul perché si dedichi alla scienza anziché occuparsi della patria, alza il dito al cielo dicendo “E’ questa la mia patria’. E’ il Kant del “cielo stellato sopra di sé”. Così com’è l’ideatore del racconto biblico della creazione, animato verosimilmente da quella stessa volontà di voler “vedere nella mente di Dio nel momento in cui creò il mondo” che Hawking rivendicherà per se stesso.
Su un piano autenticamente laico ed ecumenico dunque, poco importano le risposte, contano le domande e la curiosità che le muove. Normale poi che ogni spiegazione sia destinata a lasciare il posto ad una migliore, più corretta, più raffinata. Fa parte dell’idea stessa di progresso. Il mito greco è stato nell’ordine scienza, religione, superstizione, e oggi è letteratura; lo stesso Einstein diverrà – e in parte già lo è – il Tolomeo della fisica quantistica. Questo gli toglie valore? No di certo.
Come cittadini, dunque, non come scienziati né come prelati, credo che abbia un interesse relativo il tasso di conflittualità tra scienza e fede. Tanto l’una quanto l’altra hanno ben servito al nostro cammino di uomini verso la comprensione del mondo che ci circonda, e in tal senso dobbiamo essere grati all’una quanto all’altra. Se un nemico c’è, esso va rintracciato nell’ignoranza e in quel gusto per la facilità che ci tiene alla larga da questioni di cui ci illudiamo di poter fare a meno. Il mondo intorno a noi non ci incuriosisce più come dovrebbe, la scienza porta avanti silenziosamente il suo lavoro e sempre più cresce la scollatura tra comunità scientifica e società.
Ecco allora che diventa fondamentale che qualcuno ci racconti lo stato dell’arte della riflessione scientifica. Sono convinto che ogni lettore non possa che restare stupito nell’apprendere a che punto siano arrivati i nostri scienziati, non meno di quanto non lo sia rimasto io. Grazie allora a Gianfranco Colacito per avermi raccontato le storie di Bohm e di Planck, di Hubble e di Hawking, perché ora so che è stato provato che un fotone può essere in due luoghi contemporaneamente e che lo spazio si curva in presenza di una enorme massa, perché non tutto troviamo scritto su Facebook, e non è vero che si può vivere anche non sapendole certe cose, o comunque io preferisco così. Buona lettura a tutti.

Danilo Srour
Filologo romanzo e ricercatore

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