Lettera aperta ad Antonio Razzi

Caro Antonio (Razzi),

ora che tutti ti gettano la croce addosso per la tua decisione di “passare dall’altra parte”, pur trovando inaccettabile il tuo comportamento, non riesco ad unirmi a un tale coro (sempre che non ci sia di mezzo il denaro).
So che oggi stai male per ciò che hai fatto e per ciò che ti appresti a fare, cioè votare la fiducia all’uomo che insieme abbiamo combattuto per più di dieci anni. So anche che la lettera piena di astio che hai scritto ad Antonio Di Pietro non è “farina del tuo sacco” e che tu non pensi realmente ciò che vi è riportato. Ed a me fanno semplicemente ridere, almeno riferite al tuo caso, le grida di chi, dentro e fuori al partito, se la prende con le modalità con cui il partito “seleziona” i candidati. Ma “che c’azzecca nel tuo caso?” Quando nel 2000 ho risposto all’appello di Di Pietro (e ribadisco ancora una volta che a quel tempo ero ritornato al mio lavoro nella società civile da due anni ) anche tu stavi già lì e poiché per qualche anno sono stato anche “Responsabile di Italia dei Valori per gli Italiani all’estero” abbiamo avuto modo di conoscerci da subito e di lavorare insieme. L’Antonio Razzi che conobbi allora era un uomo semplice e buono, che aveva coscienza dei suoi limiti, e sono convinto che tu ancora sia così. Conosco bene, perché me ne hai più volte parlato, delle tue sofferenze dentro il partito e sono convinto che noi dirigenti nazionali abbiamo sbagliato. A volte avevi solo bisogno di una mano sulla spalla o di una parola buona e non siamo stati capaci di dartele. Credo che una maggiore capacità di dialogo sarebbe servita più di ogni altra cosa ad evitare questa tua disdicevole decisione. Non ho neppure difficoltà a confermarti l’opinione da me espressa quando due anni fa mi raccontasti che un dirigente del partito, dopo la tua rielezione, ti chiese di dimetterti per far posto al primo dei non eletti. Giudicai allora, così come giudico oggi, gravissimo quel comportamento e lo ammetto pubblicamente. Per questo atto ti chiedo scusa a nome di Italia dei Valori. Trovo però che ciò che tu hai fatto oggi sia inaccettabile: passando dall’altra parte getti alle ortiche la tua dignità di uomo e credo che per “un operaio emigrato all’estero” come ami definirti, il tradimento sia il modo peggiore di chiudere una carriera. Penso che tu sia finito dentro un meccanismo più grande di te. Sei ancora in tempo a fermarti. Capisco che non sia più possibile tornare indietro sulla decisione di lasciare il partito, ma ti prego di riflettere ancora sul voto di martedì, di confrontarti con la tua coscienza, di rispettare tutti coloro con i quali hai lavorato e che insieme a te ci hanno creduto. Mi auguro che tu abbia un sussulto di dignità e spero che un tuo scatto di orgoglio ti spinga a non dare la fiducia a Berlusconi. Non imbrattare di fango con un “SI” dieci anni della tua vita!

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