In Malesia,nel circuito di Sepang, e precisamente nei bagni,lavorano bambini che puliscono i gabinetti senza scarpe e a mani nude per dieci ore al giorno in cambio di una retribuzione che definire irrisoria è un eufemismo: meno di 3 euro al giorno.
Ciò avviene in spregio e in violazione di due convenzioni contro il lavoro minorile: questi documenti stabiliscono che l’età minima per l’assunzione a qualunque tipo di impiego o di lavoro non deve essere inferiore ai 18 anni.
Questi bambini al collo hanno il pass che portano tutti i dipendenti, in testa un cappellino azzurro con su scritto “cleaning service”, una camicia lisa e un’espressione seria, che contrasta con quella che ogni bimbo dovrebbe avere: serena e sorridente.
Il rombo delle monoposto che sfrecciano sulla pista è talmente forte che, mentre tutti sono costretti a mettersi i tappi nelle orecchie, questi piccoli lavoratori usano le dita perché il datore di lavoro non ha fornito loro i tappi.
I piccoli sono anche adibiti alla discarica che serve il paddock; secondo una delle ultime relazioni di Amnesty International si può scoprire, non senza il massimo disappunto e riprovazione, che il fenomeno dei lavoratori bambini in queste zone del mondo è molto diffuso.
Passano le loro giornate in uno dei luoghi più ricchi dello sport mondiale, quello della Formula 1, mentre a pochi centimetri da loro, sfiorandoli distratti, passano i piloti, le modelle a caccia di ricconi, i manager delle major del petrolio, i giornalisti, i fotografi, i meccanici.
Quando vediamo un Gran Premio di Formula 1 non dimentichiamolo mai.