Quei futuristi nostalgici del passato

Autore Giulia Rodano

Sponsorizzata e patrocinata da Ministero della gioventù, Comune di Roma, Regione Lazio e Comitato provinciale del CONI, pubblicizzata da manifesti e siti Internet, il 4 settembre si è tenuta a Roma la “Corsa futurista”. Lo scopo esplicito dell’iniziativa è stato quello di rendere un tributo al Movimento futurista e a Filippo Tommaso Marinetti, suo fondatore.
Cosa c’è di strano in tutto ciò?
Il futurismo è stato un fenomeno culturale complesso che ha influenzato le avanguardie artistiche e culturali del ‘900. Ma è stato anche parte fondamentale della temperie che ha nutrito il fascismo.
Questo non sarebbe certo motivo per non approfondire il livello di comprensione della cultura futurista o anche per non ricordarne la sua influenza sulla cultura italiana..
Questa volta, però, si rievoca una manifestazione di stampo futurista semplicemente e acriticamente per rendere omaggio al Manifesto futurista e al suo fondatore.
Un ragazzo o una ragazza che parteciperanno a quella corsa che cosa ne trarranno? Impareranno qualcosa sul futurismo o saranno coinvolti nella celebrazione acritica di valori che includevano, oltre alla provocazione e alla sperimentazione artistica, anche l’esaltazione della violenza e della guerra?
Gli spiegheranno che il movimento futurista, oltre ad esaltare la modernità, fu tra gli organizzatori e i promotori dell’incendio della redazione milanese de “L’Avanti”? – uno dei primi episodi di squadrismo?
Saprà che il “Manifesto futurista” recitava: “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”.
E’ evidente che, con la corsa futurista la cultura non c’entra niente e neanche lo sport. Gli organizzatori presentano l’iniziativa come un tributo al futurismo. Ma io mi chiedo se lo Stato Italiano, nato dalla Resistenza e dalla sconfitta del fascismo debba, non discutere o approfondire, ma rendere onore a quei valori.
Mi sembra cioè che siamo di fronte ad una operazione di revanchismo culturale di nostalgici sconfitti dalla Storia che usano il futurismo per restituire dignità, con la sponsorizzazione delle Istituzioni, a parole d’ordine ed idee che anch’esse furono incubatrici delle immani tragedie del novecento.
Una operazione di revanchismo culturale che fa tutt’uno con l’opera di destrutturazione e demolizione della Costituzione Italiana che il regime berlusconiano sta portando avanti.
Le Istituzioni, nelle loro politiche culturali, non possono che fare riferimento alla Costituzione Italiana e ai suoi valori. E per questo devono usare le proprie risorse.
Le istituzioni devono contribuire alla riflessione, all’approfondimento. Non omaggiano acriticamente.
Tutto ciò è tanto più preoccupante e triste perché, nel frattempo, grazie ai tagli alla cultura, i teatri chiudono, si tagliano i fondi alle istituzioni culturali, alla scuola, alla ricerca, all’Università, e i giovani intellettuali non hanno altra scelta che la via dell’emigrazione.

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