Alla diagnosi di Fini manca il finale

di Nicola Tranfaglia

Quel che ha detto l’onorevole Fini a Mirabello è la diagnosi, giusta anche se incompleta, del fallimento di Silvio Berlusconi e del Popolo della Libertà in questa legislatura. Fini ha indicato con precisione le ragioni della disfatta: il culto eccessivo del capo carismatico, il disprezzo evidente della legalità, la politica estera, culminata nella intollerabile amicizia senza condizioni con il dittatore libico GHEDDAFI, un federalismo che confina con lo spirito di secessione inaccettabile della Lega Nord di Umberto Bossi, alla fine un partito illiberale e non in grado di favorire il dibattito o il dissenso.
Oggi, ha detto il presidente della Camera, non esiste il PDL, esiste soltanto il partito del “predellino.”
E’ difficile non essere d’accordo con l’ex segretario di Alleanza Nazionale che ha detto a Berlusconi quel che noi dell’Italia dei Valori stiamo dicendo da due anni con monotona ma necessaria insistenza.
Certo, noi parliamo (ed è necessario) di P2 e di P3 e ricordiamo ogni giorno che la classe politica di governo è fortemente inquinata e compromessa sul piano morale e politico
Non possiamo dimenticare i ricorrenti problemi giudiziari del presidente del Consiglio, le condanne per mafia del suo braccio destro Dell’Utri, quelle dell’ex vicesegretario dell’UDC Cuffaro e potremmo continuare quasi all’infinito.
Ma, di fronte alla svolta decisiva del presidente della Camera, possiamo ritenere che il suo passato fascista – che tutti ricordiamo – non sia più un ostacolo per la convivenza civile all’interno della costituzione repubblicana ma chiedergli, tuttavia, la coerenza necessaria nella sua azione politica.
Si può comprendere l’esigenza di non stracciare il patto elettorale ma la coerenza sui provvedimenti legislativi, come del governo in carica, dobbiamo chiederla a Gianfranco Fini.
Altrimenti il discorso di Mirabello non è la svolta che tanti di noi aspettavano e diventa un annuncio senza seguito: e questo segnerebbe la fine del politico, che oggi potrebbe essere il leader di quella destra democratica ed europea di cui l’Italia ha bisogno non da oggi.

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