Diamo un calcio alle mafie

prima pagina di Luigi Ciotti

Dare un calcio alle mafie e all’illegalità: sono in tanti ad averlo già fatto, promuovendo una pratica sportiva pulita, leale, responsabile. Per questo, prima di parlare degli interessi criminali nel mondo del pallone, è giusto sottolineare il positivo, incoraggiare le scelte lungimiranti. Come quella di puntare sui vivai giovanili, per accompagnare gli atleti a crescere non solo nelle prestazioni, ma a livello umano, culturale e sociale. Grazie anche ai bravi allenatori che sentono la responsabilità d’insegnare, insieme alla tecnica, l’etica di questo sport, fatta di collaborazione, rispetto delle regole, impegno a migliorarsi. Un’etica da tradurre a livello amministrativo: coi numeri infatti non «si gioca», e speriamo siano sempre di più le società che dicono basta alle spese folli e agli aggiustamenti dei bilanci. Proprio per non compromettere questi percorsi positivi, non possiamo chiudere gli occhi rispetto agli indizi di segno opposto. Le antenne che abbiamo sui territori ci consegnano storie da non sottovalutare. Ci dicono di un gioco di interessi che diventa gioco criminale, delle mire sempre più invadenti di chi vuole sfruttare a fini illegali i flussi di denaro legati al calcio, a partire dai piccoli club locali. Non è però solo una questione di soldi. Possedere una squadra è un fiore all’occhiello per il boss di turno. Assicura visibilità e prestigio. Diventa una forma di controllo del territorio, oltre che uno dei tanti mezzi per riciclare il denaro sporco, e in certi casi un canale di reclutamento di nuove leve criminali. C’è allora bisogno di recuperare una dimensione etica – ma anche poetica – in questo sport così amato.
Soprattutto per non tradire le speranze di tutti quei bambini e giovani che, nel correre dietro un pallone, sperimentano la bellezza e l’intensità della vita nel suo essere fatica e promessa, sogno, impegno, stupore.

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