“Raggi fotonici!”… gridava il mitico Goldrake, incollando al teleschermo milioni di ragazzi di tutta Europa alla fine degli anni ’70, mentre il nostro eroe sferrava l’attacco al mostro vegano di turno.
Oggi, a distanza di 30 anni da quelle indimenticabili trasmissioni di fine pomeriggio, coloro fra di noi cresciuti nei miti del progessismo militante vedono probabilmente in Berlusconi e nei regimi “fascisti” di mezz’Europa gli eredi degli invasori alieni che minacciano i proletari terrestri, mentre dall’altra parte noi, biechi reazionari, vediamo nelle gesta del magnifico robot fatto in casa, pilotato dal volenteroso e solitario Actarus, il simbolo della grandezza e della fragilità delle democrazie moderne contro gli attacchi sleali, ripetuti e crudelmente organizzati delle forze del male, ieri rappresentate dal nazifascismo e dal comunismo ed oggi dal terrorismo internazionale di matrice islamica.
Questione di punti di vista, ovviamente.
Le differenze tuttavia, non si fermano qui: cosa saranno mai quei “raggi fotonici” capaci di sciogliere come il burro le lamiere delle armate nemiche, ci chiedevamo allora. Oggi i nostri cari compagni ex-comunisti, riconvertiti all’ambientalismo pecoraio-scanista verranno sicuramente a dirci che Goldrake ricavava la sua energia dalle pale eoliche o dai pannelli solari e che certamente disseminando pianure e colline di novelli mulini a vento oppure di giganteschi specchietti per le allodole potremmo risolvere il problema dell’approvvigionamento energetico nel nostro mondo.
Purtroppo una visione del genere è puramente utopistica, prova ne sia che nonostante la lobby ambientalista la faccia da padrona ormai da 20 anni nei salotti scientifici e politici che contano, certi tipi di fonti “pulite e rinnovabili”, seppur foraggiate e pompate in ogni modo, alla prova dei fatti non sono in grado di coprire che una parte quasi ininfluente del fabbisogno globale di energia, con buona pace del politico fallito Al Gore, dell’IPCC (organello ipocrita e deleterio delle altrettanto ipocrite e deleterie Nazioni Unite) e della Commissione Europea, che, spiace constatarlo, continua a finanziare palate di progetti e programmi donchisciottieschi in materia energetico-ambientale volti a promuovere tecnologie palesemente inadeguate a risolvere alla radice il problema dell’approvvigionamento energetico.
Come salveremo allora la Terra e il genere umano? Chi donerà energia e sostentamento a 6 miliardi e mezzo di esseri umani e alle loro fabbriche, ospedali, infrastrutture, uffici quando le riserve petrolifere si esauriranno ed il bluff delle energie pseudo-rinnovabili e pseudo-sostenibili sarà finalmente chiaro a tutti per ciò che è?
Per chi voglia andare oltre le apparenze e i pregiudizi, cogliendo informazioni preziose tra le righe dei media, le possibilità non mancano. Se infatti ci limitiamo a quanto apparso con discrezione su quotidiani e siti internet negli ultimi due anni (vedansi articoli selezionati e linkati in calce a questo articolo), si possono registrare ben 3 interessanti ipotesi di fonti energetiche alternative – due delle quali altamente innovative, la terza invece decisamente rivoluzionaria – non solo affascinanti, ma anche realizzabili in tempi brevi.
Le prime due rappresentano un’evoluzione formidabile di fonti energetiche esistenti: la fissione nucleare basata sul torio (anziché sull’uranio) ed il biocarburante ottenuto dalla coltivazione confinata di alghe.
Una scoperta per caso
Come ogni giallo che si rispetti, l'intricata vicenda che si nasconde dietro la genesi di questa scoperta è stata svelata quasi per caso. Lo ha fatto un imprenditore genovese che una decina d'anni fa si è trovato ad avere rapporti di affari con la fondazione che nasconde e gestisce il segreto di quello che, per semplicità, chiameremo «il raggio della morte». E sì, perché la storia che stiamo per svelare nasce proprio da quello che, durante il fascismo, fu il mito per eccellenza: l'arma segreta che avrebbe rivoluzionato il corso della seconda guerra mondiale. Sembrava soltanto una fantasia, ma non lo era. In quegli anni si diceva che persino Guglielmo Marconi stesse lavorando alla realizzazione del «raggio della morte». La cosa era solo parzialmente vera. Secondo quanto Mussolini disse al giornalista Ivanoe Fossati durante una delle sue ultime interviste, Marconi inventò un apparecchio che emetteva un raggio elettromagnetico in grado di bloccare qualunque motore dotato di impianto elettrico. Tale raggio, inoltre, mandava in corto circuito l'impianto stesso, provocandone l'incendio. Lo scienziato dette una dimostrazione, alla presenza del duce del fascismo, ad Acilia, sulla strada di Ostia, quando bloccò auto e camion che transitavano sulla strada. A Orbetello, invece, riuscì a incendiare due aerei che si trovavano ad oltre due chilometri di distanza. Tuttavia, dice sempre Mussolini, Marconi si fece prendere dagli scrupoli religiosi. Non voleva essere ricordato dai posteri come colui che aveva provocato la morte di migliaia di persone, bensì solo come l'inventore della radio. Per cui si confidò con Papa Pio XII, il quale gli consigliò di distruggere il progetto della sua invenzione. Cosa che Marconi si affretto a fare, mandando in bestia Mussolini e gerarchi. Poi, forse per il troppo stress che aveva accumulato in quella disputa, nel 1937 improvvisamente venne colpito da un infarto e morì a soli 63 anni.
La fine degli anni Trenta fu comunque molto prolifica da un punto di vista scientifico. Per qualche imperscrutabile gioco del destino, pare che la fantasia e la creatività degli italiani non fu soltanto all'origine della prima bomba nucleare realizzata negli Stati Uniti da Enrico Fermi e dai suoi colleghi di via Panisperna; altri scienziati, continuando gli studi sulla scissione dell'atomo, trovarono infatti il modo di «produrre ed emettere sino a notevoli distanze anti-atomi di qualsiasi elemento esistente sul nostro pianeta che, diretti contro una massa costituita da atomi della stessa natura ma di segno opposto, la disgregano ionizzandola senza provocare alcuna reazione nucleare, ma producendo egualmente una enorme quantità di energia pulita».
La testimonianza
«Tutto è cominciato – racconta Remondini – dal contatto che nel 1999 ho avuto con il dottor Renato Leonardi, direttore della Fondazione Internazionale Pace e Crescita, con sede a Vaduz, capitale del Liechtenstein. Il mio compito era quello di stipulare contratti per lo smaltimento di rifiuti solidi tramite le Centrali termoelettriche polivalenti della Fondazione Internazionale Pace e Crescita. Non mi hanno detto dove queste centrali si trovassero, ma so per certo che esistono. Altrimenti non avrebbero fatto un contratto con me. In quel periodo, lavoravo con il mio collega, dottor Claudio Barbarisi. Per ogni contratto stipulato, la nostra percentuale sarebbe stata del 2 per cento. Tuttavia, per una clausola imposta dalla Fondazione stessa, il 10 per cento di questa commissione doveva essere destinata a favore di aiuti umanitari. Considerando che lo smaltimento di questi rifiuti avveniva in un modo pressoché perfetto, cioè con la ionizzazione della materia senza produzione di alcuna scoria, sembrava davvero il modo ottimale per ottenere il risultato voluto. Tuttavia, improvvisamente, e senza comunicarci il perché, la Fondazione ci fece sapere che le loro centrali non sarebbero più state operative. E fu inutile chiedere spiegazioni. Pur avendo un contratto firmato in tasca, non ci fu nulla da fare. Semplicemente chiusero i contatti».
Ok dal governo Andreotti
Fu a quel punto che il governo italiano cominciò ad interessarsi ufficialmente a quegli esperimenti. E infatti l'allora governo Andreotti, prima di passare la mano a Mariano Rumor nel luglio del '73, incaricò il professor Ezio Clementel, allora presidente del Comitato per l'energia nucleare (Cnen), di analizzare gli effetti e la natura di quei campi magnetici a fascio. Clementel, trentino originario di Fai e titolare della cattedra di Fisica nucleare alla facoltà di Scienze dell'Università di Bologna, a quel tempo aveva 55 anni ed era uno dei più noti scienziati del panorama nazionale e internazionale. La sua responsabilità, in quella circostanza, era grande. Doveva infatti verificare se quel diabolico raggio avesse realmente la capacità di distruggere la materia ionizzandola in un'esplosione di calore. Anche perché non ci voleva molto a capire che, qualora l'esperimento fosse riuscito, si poteva fare a meno dell'energia nucleare e inaugurare una nuova stagione energetica non soltanto per l'Italia, ma per il mondo intero. Tanto per fare un esempio, questa tecnologia avrebbe permesso la realizzazione di nuovi e potentissimi motori a razzo che avrebbero letteralmente rivoluzionato la corsa allo spazio, permettendo la costruzione di gigantesche astronavi interplanetarie.
Il professor Clementel ordinò quindi quattro prove di particolare complessità. La prima consisteva nel porre una lastra di plexiglass a 20 metri dall'uscita del fascio di raggi, collocare una lastra di acciaio inox a mezzo metro dietro la lastra di plexiglass e chiedere di perforare la lastra d'acciaio senza danneggiare quella di plexiglass. La seconda prova consisteva nel ripetere il primo esperimento, chiedendo però di perforare la lastra di plexiglass senza alterare la lastra d'acciaio. Il terzo esame era ancora più difficile: bisognava porre una serie di lastre d'acciaio a 10, 20 e 40 metri dall'uscita del fascio di raggi, chiedendo di bucare le lastre a partire dall'ultima, cioè quella posta a 40 metri. Nella quarta e ultima prova si doveva sistemare una pesante lastra di alluminio a 50 metri dall'uscita del fascio di raggi, chiedendo che venisse tagliata parallelamente al lato maggiore.
L'insabbiamento
In un Paese normale (ma tutti sappiamo che il nostro non lo è) una simile scoperta sarebbe stata subito messa a frutto. Non ci vuole molta fantasia per capire le implicazioni industriali ed economiche che avrebbe portato. Anche perché, quella che a prima vista poteva sembrare un'arma di incredibile potenza, nell'uso civile poteva trasformarsi nel motore termico di una centrale che, a costi bassissimi, poteva produrre infinite quantità di energia elettrica.
Perché, dunque, questa scoperta non è stata rivelata e utilizzata? La ragione non viene spiegata. Tutto quello che sappiamo è che i governi dell'epoca imposero il segreto sulla sperimentazione e che nessuno, almeno ufficialmente, ne venne a conoscenza. Del resto nel 1979 il professor Clementel morì prematuramente e si portò nella tomba il segreto dei suoi esperimenti. Ma anche dietro Clementel si nasconde una vicenda piuttosto strana e misteriosa. Pare, infatti, che le sue idee non piacessero ai governanti dell'epoca. Non si sa esattamente quale fosse la materia del contendere, ma alla luce della straordinaria scoperta che aveva verificato, è facile immaginarlo. Forse lo scienziato voleva rendere pubblica la notizia, mentre i politici non ne volevano sapere. Chissà? Ebbene, qualcuno trovò il sistema per togliersi di torno quello scomodo presidente del Cnen. Infatti venne accertato che la firma di Clementel appariva su registri di esame all'Università di Trento, della quale all'epoca era il rettore, in una data in cui egli era in missione altrove. Sembrava quasi un errore, una svista. Ma gli costò il carcere, la carriera e infine la salute. Lo scienziato capì l'antifona, e non disse mai più nulla su quel «raggio della morte» che gli era costato così tanto caro. A Clementel è dedicato il Centro ricerche energia dell'Enea a Bologna.
C'è comunque da dire che già negli anni Ottanta qualcosa venne fuori riguardo un ipotetico «raggio della morte». Il primo a parlarne fu il giudice Carlo Palermo che dedicò centinaia di pagine al misterioso congegno, affermando che fu alla base di un intricato traffico d'armi. La storia coinvolse un ex colonnello del Sifar e del Sid, Massimo Pugliese, ma anche esponenti del governo americano (allora presieduto da Gerald Ford), i parlamentari Flaminio Piccoli (Dc) e Loris Fortuna (Psi), nonché una misteriosa società con sede proprio nel Liechtenstein, la Traspraesa. La vicenda durò dal 1973 al 1979, quando improvvisamente calò una cortina di silenzio su tutto quanto.
Secondo voci non confermate, la decisione degli scienziati italiani sarebbe maturata dopo una serie di minacce che avevano ricevuto negli ambienti della capitale. Ad un certo punto si parla pure di un attentato con una bomba, sempre a Roma. Si dice che, per evitare ulteriori brutte sorprese, quegli scienziati si appellarono direttamente a Papa Giovanni Paolo II e la macchina che produce il «raggio della morte» venisse nascosta per qualche tempo in Vaticano. Da qui la decisione di istituire la fondazione e di far emigrare tutti i protagonisti della vicenda nel più tranquillo Liechtenstein. In queste circostanze, forse non fu un caso che proprio il 30 marzo 1979 il Papa ricevette in Vaticano il Consiglio di presidenza della Società Europea di Fisica, riconoscendo, per la prima volta nella storia della Chiesa, in Galileo Galilei (1564-1642) lo scopritore della Logica del Creato. Comunque sia, da quel momento in poi, la parola d'ordine è stata mantenere il silenzio assoluto.
Le macchine del futuro
Qualcosa, però, nel tempo è cambiata. Lo prova il fatto che la Fondazione Internazionale Pace e Crescita non si sarebbe limitata a proteggere gli scienziati cristiani in fuga, ma nel periodo tra il 1996 e il 1999 avrebbe proceduto a realizzare per conto suo diverse complesse apparecchiature che sfruttano il principio del «raggio della morte». Secondo la loro documentazione, infatti, è stata prodotta una serie di macchinari della linea Zavbo pronti ad essere adibiti per più scopi. L'elenco comprende le Srsu/Tep (smaltimento dei rifiuti solidi urbani), Srlo/Tep (smaltimento dei rifiuti liquidi organici), Srtp/Tep (smaltimento dei rifiuti tossici), Srrz/Tep (smaltimento delle scorie radioattive), Rcc (compattazione rocce instabili), Rcz (distruzione rocce pericolose), Rcg (scavo gallerie nella roccia), Cls (attuazione leghe speciali), Cen (produzione energia pulita).
A quest'ultimo riguardo, nella documentazione fornita da Remondini si trovano anche i piani per costruire centrali termoelettriche per produrre energia elettrica a bassissimo costo, smaltendo rifiuti. C'è tutto, dalle dimensioni all'ampiezza del terreno necessario, come si costruisce la torre di ionizzazione e quante persone devono lavorare (53 unità) nella struttura. Un'intera centrale si può fare in 18 mesi e potrà smaltire fino a 500 metri cubi di rifiuti al giorno, producendo energia elettrica con due turbine Ansaldo.