E’ l’indifferenza che ci deruba della nostra politica

Intervento di Penelope Aversa, Libertà ed Eguaglianza Roma.

Un ricordo di Vittorio Mangano:“era una persona in carcere, ammalata, invitata più volte a parlare di Berlusconi e di me, e si è sempre rifiutato di farlo. Se si fosse inventato qualsiasi cosa gli avrebbero creduto. Ma ha preferito stare in carcere, morire, che accusare ingiustamente. È stato il mio eroe. Io non so se avrei resistito a quello a cui ha resistito lui”. Mentre l’ultimo pensiero va all’amico di sempre, Silvio Berlusconi: “Si trova in Brasile. Forse sta dormendo. Mi chiamerà”.

In un clima di generale indifferenza da parte dell’opinione pubblica è stata pronunciata la sentenza dalla Corte d’Appello di Palermo, che condanna il senatore Marcello Dell’Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Tutto tace, niente di niente, normalità.
Assistiamo inerti alla sentenza pronunciata. Rassegnati.

Siamo un popolo di spettatori obbedienti, sottomessi, piegati, arresi, vinti, sopraffatti dalla cattiveria, dalle malefatte degli intrecci mafia-politica, la nostra politica. Nostra, perché dovrebbe essere nostra, nel senso che dovrebbe implicare la partecipazione di tutti i cittadini alla vita pubblica operando scelte necessarie alla crescita civile ed economica e, quindi, al bene comune di una nazione.

“Put the people first”: le persone al primo posto.
I loro problemi da risolvere, le loro ansie da condividere, le loro speranze da confortare. Oggi, la nostra politica non è più nostra, non ci appartiene, la politica è diventata “cosa loro”. Un sistema politico corrotto che privilegia gli interessi dei forti, dei potenti, a scapito dei deboli. A partire dagli intrecci mafiosi che ormai hanno coinvolto tutti i vertici politici. E’ di oggi la dichiarazione di Pisanu, Presidente della commissione antimafia: le cosche non hanno rinunciato alla politica.

Put the mafia first”: la mafia al primo posto.
Non la mafia da combattere che dovrebbe essere la priorità del governo, ma la mafia che viene alimentata dal governo. Intrecciare rapporti con i mafiosi è consuetudine, normalità. La mafia si è inserita nella vita politica. I suoi capi locali hanno legami con i politici ai quali danno il denaro e dai quali ricevono favori, sia sotto forma di appalti pubblici sia avvisandoli quando le loro società sono sotto inchiesta. Da parte loro, i politici locali accumulano basi di potere significativi ed un gran numero di fedeli elettori. I politici nazionali, invece, cercano tali contatti ed, a loro volta, li aiutano. Si tratta di un sistema basato sul clientelismo e sul potere, che ha il sostegno della criminalità organizzata.

Che dire della sentenza Dell’Utri? Si passa da una assoluzione annunciata ad una condanna ridotta; dai nove anni di reclusione inflitti nel dicembre 2004 ai sette anni di questa sentenza. Una diminuzione di due anni rispetto alla precedente condanna e di quattro rispetto agli undici anni chiesti dal PG Nino Gatto al termine della sua requisitoria. Va bene così, si va avanti.

La testimonianza resa in aula a Torino dall’ex killer di Brancaccio, Gaspare Spatuzza, non è stata in grado di convincere i giudici dell’esistenza di un patto stretto dai boss con nuovi referenti politici per porre fine alla stagione delle stragi. Sembrerebbe rimasto inascoltato anche l’altra gola profonda di Cosa Nostra, quel Nino Giuffrè che aveva parlato del sostegno elettorale destinato a Forza Italia in cambio di imprecisati favori in sede legislativa e processuale da parte dei nuovi referenti politici di Cosa Nostra.
Il commento dell’avvocato Nino Mormino al riguardo è lapidario:“con questa sentenza si mette una pietra tombale sulla presunta trattativa tra Stato e mafia durante il periodo delle stragi”. Mormino ha quindi ironizzato sul ruolo mancato di Spatuzza nel processo:“non è stato una bomba atomica ma un petardo”.
Tutto questo è moralmente ripugnante. Offende la dignità dei cittadini onesti.
Noi dobbiamo ribellarci perché questo non è un Paese normale. C’è molta ignoranza, c’è molto “stare alla finestra” a guardare i problemi evolversi. Dobbiamo sporcarci le mani, metterci in gioco, assumerci la nostra quota di responsabilità, altrimenti non ne usciremo più fuori. Non arrendiamoci alla tentazione dell’inevitabilità di molte ingiustizie e del pericoloso senso di impotenza che, avvolte, ci trasmettono. Non rassegnamoci. L’antidoto alla rassegnazione è la speranza.

Noi dobbiamo resistere, esserci, stare, partecipare. Libertà è partecipazione. Altrimenti saremo”liberi di diritto ma servi di fatto”.

Penelope Aversa
Libertà ed Eguaglianza Roma
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