Morire a vent’anni

di Francesca Buffo

Lo scorso 20 giugno è morto Stefano. Aveva 27 anni. Dall’età di 15 combatteva contro la leucemia. La contrastava con tutte le sue forze, con un coraggio che lasciava senza parole parenti e amici. Combatteva e vinceva. Ma il linfonodo ricompariva, inesorabilmente, ogni volta in un punto diverso. E tutto ricominciava daccapo: operazione, terapia e speranze. Con il suo sorriso che, imperturbabile, sosteneva tutti. Fino all'ultimo istante. Perché, nonostante tutto, lui a questo mondo voleva starci per darsi la possibilità di vivere un’esistenza normale. Della sua malattia, la leucemia mieloide, se ne parla poco. Eppure, in Italia, ogni anno si registrano 8 nuovi casi per ogni milione di bambini di età inferiore ai 15 anni. Circa 600 casi all'anno, con possibilità di guarigione del 75%. Ma la tragedia che investe la famiglia riguarda il 100% dei casi. Sempre il 20 giugno, tutti i quotidiani nazionali riportavano la notizia della morte di Tom Nicon. Aveva 22 anni, faceva il fotomodello e sfilava per Versace. La vita gli aveva concesso molto: bellezza e successo. Eppure, non bastava: qualcosa nel suo ingranaggio interno si è inceppato e lui si è gettato nel vuoto. Molti ipotizzano una delusione d'amore, ma il resoconto dei suicidi nel campo della moda vanta una lunga lista. La qual cosa lascia presumere che i motivi siano altri: stress da competizione, mercificazione dei corpi in un mercato dove sei trattato come un bell'oggetto e niente più. Anche del suicidio giovanile si parla poco. Le stime attuali dicono che su una popolazione di Milano e provincia di 500 mila ragazzi tra i 10 e i 20 anni, i giovani a rischio per il suicidio possano essere attorno al 4%, cioè circa 20 mila. La lista potrebbe continuare con le stragi del sabato sera, l’alcolismo e quant’altro. Morire a vent’anni, dunque, è possibile. E i motivi, in fondo, hanno un’importanza relativa. Ma l’evento no, perché quando muore un ragazzo è una parte del nostro futuro a essere cancellata. E, di colpo, vien da chiedersi se qualcosa non ci sia sfuggito di mano, se in qualche modo non abbiamo guardato dalla parte sbagliata, concentrandoci su problemi errati. Forse, dovevamo scendere in piazza e scioperare per i fondi alla ricerca sanitaria e tutelare Stefano. Oppure, in favore di politiche maggiormente orientate verso il mondo giovanile, in grado di fornire prospettive e scopi reali grazie ai quali gli adolescenti non trovino il loro unico perché solo nell’avere un bel profilo, un bel seno, un provocante ‘lato B’… Forse.(Laici.it)

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