Il testo del Senato non ci piace. Arrivederci alla Camera

di Carmelo Briguglio

Pierluigi Battista sul Corriere della Sera ha tracciato un quadro esatto delle ragioni che hanno indotto Gianfranco Fini a portare a casa le modifiche possibili alla legge sulle intercettazioni senza spingerle al punto di rompere con Berlusconi. Sono ragioni condivise o accettate da tutti noi, nessuno escluso.
Si rompe un’alleanza sulla quale si fonda l’esistenza del maggior partito politico del Paese soltanto se ci sono ragioni gravi e se sono precluse le altre strade. Ad oggi non è così.
Innanzitutto perchè il testo della legge è stato migliorato, grazie alla discussione pubblica alla quale i cosiddetti finiani hanno preso parte da protagonisti. E per un altro motivo di fondo: non siamo all’ultima spiaggia. Abbiamo grande attenzione e rispetto per le ragioni di giornalisti ed editori, sono vicine alle nostre. Le quali spesso coincidono con quanto ci dicono dal mondo dei servitori dello stato, magistrati non militanti e uomini delle forze dell’ordine in testa. Ma nessuno deve tirarci per la giacca e dettarci agenda politica e ruolino di marcia. Siamo una forza politica, “sui generis”, allo stato liquido o nascente quanto si vuole, ma una forza riconosciuta che nel centrodestra ha un ruolo e una responsabilità. Non solo e non tanto nei
confronti del governo o del Popolo della libertà, ma del popolo italiano.
Il presidente della Camera rappresenta l’icona di questo ruolo e di questa responsabilità che insieme a lui siamo chiamati tutti noi ad esercitare. Il che ci impone dinanzi a scelte difficili non di essere moderati a tutti i costi, ma di praticare sempre e preliminarmente la via riformista. Per molti di noi che hanno nel proprio vissuto o tuttora in un angolo celato di sè sogni e tracce che una volta ci piaceva dire rivoluzionarie, ribellarsi all’imprinting richiede pazienza con se stessi e poi con gli altri. Però è inevitabile se si è scelto di convivere con persone e storie diverse da noi.
Nello specifico è necessario compiere, sempre e prima, tutti i passaggi di dialogo e mediazione per cambiare ancora un testo che anche nella versione uscita dall’aula del Senato, non ci piace. Per noi non può diventare ancora legge della Repubblica.
Perchè, a differenza di quanto sostiene il nostro ministro della Giustizia non è “un punto di equilibrio” tra diritti individuali di libertà e legalità. Non ancora. Bisogna lavorarci meglio e di più. Con ragionevolezza e intelligenza. Ascoltando il Paese e la moral suasion, ancorchè sine verbis, del Presidente della Repubblica. E soprattutto, nello spirito nuovo di rapporti che si vuole inaugurare tra maggioranza e minoranza, senza il retropensiero che ogni cambiamento rappresenti un cedimento nei rapporti di forza interni.
Il sistema obiettivamente poco ragionevole di proroga delle intercettazioni, il divieto di intercettazioni ambientali in luoghi privati anche per reati come mafia e terrorismo, l’esclusione di cui godono i cosidetti reati-spia della criminalità organizzata come estorsione, riciclaggio, usura e traffico di rifiuti, le stesse sanzioni per giornalisti ed editori che restano questioni irrisolte. Questioni che destano grande allarme sociale e poco giustificabili con la violazione della riservatezza.
Inutile nascondere la testa sotto la sabbia o rifugiarsi dietro la burocrazia interna e i formalismi: quando la legge tornerà alla Camera si può e si deve discutere ancora nel merito e trovare soluzione ai problemi che ancora non ce l’hanno.
A differenza di “dipietristi” e conservatori dell’esistente noi non ci auguriamo che la legge sulle intercettazioni finisca in un binario morto o si suicidi. Vogliamo che venga corretta. Abbiamo fatto una scelta riformista e confidiamo che possa essere produttiva. Per trovare un onesto punto di equilibrio non soltanto tra i principi della legalità e della privacy, ma anche tra le due destre che li rappresentano politicamente e culturalmente dentro il Pdl. Nella passione mista a qualche esagerazione di questi giorni non dobbiamo dissolvere i legami che le fanno stare insieme.

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