Gruppo Delta: siamo all’epilogo

di Beatrice Marconi

Le assemblee dei soci di Carifin e Plusvalore delibereranno in questi giorni la messa in liquidazione delle due società finanziarie del gruppo Delta. La situazione sta di ora in ora peggiorando. Il ministro Tremonti ha firmato il decreto ‘salva Delta’, il Fondo emergenziale, una sorta di cassa integrazione per i dipendenti di banca che garantisce loro il sostegno economico per due anni con circa l’80% della retribuzione. Da settembre-ottobre i dipendenti del gruppo Delta in esubero (secondo le stime dei sindacati il numero degli esuberi si aggirerebbe intorno a più del 70%, corrispondente a circa 650 dipendenti su 850) potranno accedere al fondo e assicurarsi così un sostegno economico, ma già da queste settimane i commissari hanno intrapreso manovre decise e risolute: chiusura delle filiali delle finanziarie in tutto il territorio nazionale per almeno una settimana, ferie forzate a turno per tutto il personale delle varie società e per i dipendenti delle reti (RetePlus e Carirete), otto mensilità di stipendio se scelgono di licenziarsi con effetto immediato. I sindacati, nazionali e locali, continuano le trattative con i commissari e l’accordo raggiunto il 12 maggio afferma testualmente: “Ove l’accordo predetto – Accordo di fine Procedura previsto per il 26 maggio – venga stipulato tra le Parti, esso darà luogo ad un percorso finalizzato all’accesso al Fondo Emergenziale che terminerà comunque entro e non oltre il 25 ottobre 2010 […] Nel frattempo, e così fino al 26 maggio 2010, le Società del Gruppo Delta, compatibilmente con le esigenze aziendali, disporranno la fruizione di tutte le ferie, permessi, ROL, “banche ore” maturati fino al 31 dicembre 2009”. E non solo: nell’accordo sottoscritto tra i tre Commissari straordinari incaricati dalla Banca d’Italia (Bruno Inzitari, Enzo Ortolan e Antonio Taverna) e tutte le sigle sindacali interessate, la parte più interessante è l’ultimo punto, quando viene affermato che: “Le Società del Gruppo Delta avvieranno un programma di incentivazione all’esodo pari a 8 mensilità lorde a favore dei lavoratori assunti a tempo indeterminato delle società RetePlus S.p.A., Carirete S.p.A., Eunice Sim S.p.A. che risolveranno contestualmente il rapporto di lavoro entro il 31 maggio 2010”. Tutto questo viene pronunciato dopo un’intensa giornata di trattative (conclusesi solo a notte inoltrata) durante la quale i dipendenti del gruppo erano scesi in strada nuovamente a manifestare il loro dissenso e i loro timori per un licenziamento di massa che metterebbe in ginocchio, oltre alle famiglie coinvolte, anche la regione Emilia Romagna, già tramortita dall’entrata in cassa integrazione di centinaia di lavoratori delle imprese locali. Se cerchiamo di analizzare i fatti appena ricordati, salta subito all’occhio un dettaglio interessante: i commissari e i sindacati nel loro accordo hanno riservato ai dipendenti delle due società delle reti distributive e della società di intermediazione mobiliare, la possibilità di licenziarsi con effetto immediato con il bonus delle otto mensilità lorde. Ma Intesa-San Paolo fin dall’inizio della vicenda (nel maggio 2009) non ha sempre affermato di essere interessata alla rete distributiva? La maggior parte degli esperti e degli analisti ha sempre creduto che la vera forza del Gruppo fosse la sua capillare rete distributiva, sparsa un po’ sul tutto il territorio nazionale, una rete composta da filiali dirette e da agenzie di intermediari che operavano con mandato esclusivo o non per conto delle finanziarie. A rigor di logica, una società finanziaria che opera nel credito al consumo e nella cessione del quinto dello stipendio e che intende incrementare il proprio fatturato e il proprio portafoglio clienti non desidera altro che espandere la propria rete distributiva. La presenza sul territorio di filiali o di agenzie crea un legame con la clientela, aiuta nella costruzione di una fidelizzazione necessaria per il buon proseguimento delle attività di finanziamento. Ma la rete distributiva di Carifin e di Plusvalore oramai non serve più a nessuno, le liquidazioni sono state interrotte già agli inizi del 2010 e gli agenti sono passati ad altri intermediari presenti sul mercato (primo fra tutti proprio Neos, la società finanziaria del gruppo Intesa-San Paolo), la rete è morta, ne è stata decretata la fine, ma forse anche qui qualcuno ci ha guadagnato. Una domanda sorge spontanea: perché acquistare dipendenti se è possibile rilevare a costo zero parte della struttura distributiva? Perché Intesa avrebbe dovuto impegnarsi spendendo denaro e assumendo del personale, quando molti degli agenti (a provvigione) hanno autonomamente scelto di passare alla propria finanziaria? Acquisizione di parte di rete a costo zero. Ma le sorprese in questo tourbillon potrebbero non essere finite. È notizia di qualche giorno fa l’offerta da parte di una società finanziaria terza romagnola di acquisire tutta la rete (le filiali dirette) di una tra Carirete e RetePlus. Un Gruppo in difficoltà può fare molta gola ai soggetti già presenti sul mercato, soprattutto se la situazione di crisi cui si è arrivati non sembra poter trovare alcuna risoluzione se non la liquidazione delle varie società e la creazione della famosa “newco” che dovrebbe traghettare e gestire fino all’ultimo respiro i crediti nei confronti dei propri clienti. E così potrebbero spuntare all’orizzonte nuovi soggetti interessati all’acquisto a costo pari a zero o quasi dei vari rami del Gruppo. Si parla anche di numerose telefonate che raggiungono i commissari di sconosciuti, traffichini o presunti tali che si propongono di rilevare parte delle aziende per conto di personaggi misteriosi e un po’ loschi. Si sa, che in circostanze simili spesso e volentieri si fanno avanti individui di malaffare interessati a concludere un business vantaggioso. Però, è anche possibile che banche o gruppi bancari minori presenti sul territorio emiliano e romagnolo siano seriamente interessati ad ampliare il proprio ‘core business’, perché l’imprenditore sa che è proprio nei momenti di crisi che bisogna investire, quando i costi sono ai minimi e l’umore dei propri concorrenti è basso e affaticato. Chi si salverà? È la domanda che si pongono ogni mattina i dipendenti del Gruppo Delta. Qualcuno comincia già a fare i conti, a compiere supposizioni ma nessuno sa effettivamente le scelte che prenderanno i tre commissari straordinari. Il responsabile dell’ufficio del personale e i suoi addetti vivono un po’ reclusi in un’area ristrutturata e ‘sigillata’ dello stabile principale: nessuno può accedervi se non in possesso del codice di accesso. I documenti e le discussioni sono riservatissime. Spesso, nei momenti più tesi della giornata è perfino possibile incontrare il capo a spasso per la città per evitare ripercussioni e per prendere una boccata d’aria. La situazione appare quanto mai seria e tesa, la lista con i dipendenti ‘salvi’ (ma con una spada di Damocle sulla testa) che dovranno entrare a far parte della ‘newco’ è stata presumibilmente preparata e, sempre presumibilmente, dovrebbe contenere tutti i dipendenti Delta (cioè con contratto di assunzione a tempo indeterminato sottoscritto con la capogruppo Delta spa), circa una settantina, e i dipendenti di Tarida (la società di recupero crediti), circa una trentina o giù di lì. Queste nostre sono solo supposizioni: nessuno sa effettivamente chi rimarrà e chi invece andrà a confluire nel Fondo emergenziale. Tuttavia, è sufficiente riflettere sulle future attività che dovrà svolgere la ‘newco’ per costruire i pezzi del puzzle che lo andrà a comporre. A buon intenditor poche parole.(Laici.it)

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