Cosa non va in questa Finanziaria 2010

Fondazone Commercialisti italiani

La Legge n. 191 del 23 Dicembre 2009, più nota come Finanziaria 2010, è composta da due articoli; il secondo articolo con il titolo “disposizioni diverse” è composto da 253 commi.
Quindi anche questa finanziaria, nell’impostazione non ha niente di diverso dalle precedenti.
Troppo spesso in Italia siamo di memoria corta, ma se riprendiamo l’art. 2 (chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie) della Legge n. 212 del 27 Luglio 2000 – “Statuto del Contribuente”, si evince al primo comma che “Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie devono menzionarne l'oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l'oggetto delle disposizioni ivi contenute” ed inoltre al terzo e quarto comma, che“I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio. Le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato.”
Purtroppo è facile constatare che l’articolo due dell’ultima Finanziaria, sintomatico nel suo titolo “disposizioni diverse” raccoglie di tutto di più, non rispettando la chiarezza e la trasparenza previste dalla legge sullo “Statuto del Contribuente”, così come non menziona l’oggetto delle disposizioni e non indica il contenuto delle stesse alle quali si rimanda ed il testo modificato delle normative tributarie.
Le ultime leggi finanziarie, nella loro articolazione sono costituite, come riporta il testo della Corte dei Conti, depositato in data 25 Maggio 2007, “dalla presenza eccessiva di commi e dalla mancata indicazione del contenuto sintetico delle disposizioni alle quali si intende far rinvio”.
A distanza di due anni, l’atteggiamento del Legislatore è ancora lo stesso; principi basilari come l’irretroattività delle norme tributarie, la chiarezza e la trasparenza, la tutela dell’affidamento e della buona fede, solo per citarne alcuni, non possono essere violati e disattesi sistematicamente con il proliferare di norme che modificano in continuazione ed in corso d’opera le disposizioni tributarie. Il rapporto tra lo Statuto del Contribuente ed i provvedimenti legislativi che lo disattendono crea un netto contrasto che genera serie difficoltà interpretative e di attuazione.
Nei fatti, tutto ciò è una conferma del continuo disagio in cui operano i professionisti nello svolgimento degli adempimenti richiesti e testimonia la necessità delle numerose proposte formulate per migliorare il sistema fiscale, ma è anche una sconfitta generale, perché conferma che il Fisco italiano è sempre troppo distante dai livelli di trasparenza ed equità auspicati.
Se è vero che è intenzione del Governo far partire una riforma fiscale in questa legislatura (vedi Libro Bianco del Ministro Tremonti), è necessario garantire prima di tutto una predisposizione diversa delle leggi sulla base dei principi inviolabili previsti dallo Statuto del Contribuente.
Indipendentemente dalla riforma fiscale, se verrà garantito almeno il rispetto di questi principi, lo stato di salute del nostro sistema fiscale sarà sicuramente migliore.
Entrando nel merito dell’ultima finanziaria, si rileva che è stata approvata una cedolare secca sugli affitti ma solo in via sperimentale per i terremotati dell’Abruzzo. Noi invece, continuiamo a sostenere di applicare per tutti l’aliquota fissa del venti per cento, ma solo sui redditi di affitto prima casa, mantenendo comunque la deduzione forfetaria oggi prevista del quindici per cento, che riduce l’imponibile dei redditi da affitto sul quale vengono calcolate le imposte.
Per un principio di equità, pensiamo sia opportuno prevedere l’applicazione della aliquota fissa esclusivamente nel caso in cui l’immobile sia concesso in locazione ad uso esclusivo di “abitazione principale”, lasciando per tutte le altre tipologie di locazioni, la tassazione progressiva in base alle aliquote ordinarie. Inoltre, se si consentisse la detraibilità da parte degli inquilini di una quota dell’affitto pagato su tutti i contratti di locazione prima casa, non solo si potrebbe eliminare in parte il problema degli affitti in nero, ma attraverso il classico controllo incrociato dei dati si potrebbe verificare anche se i proprietari di immobili dichiarano nel proprio quadro RB “redditi dei fabbricati” i relativi redditi dell’immobile concesso in affitto.
Abbiamo accolto con favore il fatto che alcune nostre proposte in merito a questa problematica, risultano contenute nel disegno di legge presentato quale primo firmatario dall’Onorevole Paola De Micheli, che è stato in discussione negli ultimi mesi dell’anno passato, presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati con relatore l’Onorevole Alberto Fluvi, anche se dal 10 Marzo 2010 il seguito dell’esame del testo è stato rinviato ad altra seduta non più fissata.
Facendo un veloce escursus, dalla manovra d’estate 2008 all’ultima manovra anti crisi della scorsa estate, per arrivare all’ultima finanziaria, abbiamo notato che per il Governo e per il Parlamento la crisi economica mondiale non riguarda il mondo delle professioni; ad esempio: sostegno all’internazionalizzazione delle imprese, contratti occasionali di tipo accessorio, modifiche all’apprendistato, premio di occupazione, ammortizzatori sociali, Tremonti bond, detassazione degli utili reinvestiti, moratoria delle banche; tutte manovre alle quali i professionisti non sono contemplati, come se questo comparto economico non risentisse della crisi.
Ai professionisti si chiede di operare secondo le regole del mercato, ma poi li si ignora quando quei mercati in crisi risultano gli unici esclusi dalle misure di sostegno ed incentivi.
Ciò che ci dispiace di più, non è tanto vedere quello che viene proposto dal Governo di turno ed approvato con la solita “fiducia” dal Parlamento, ma verificare che non c’è mai niente che spinge ad aiutare i giovani professionisti.
Ci chiediamo: “perché si deve aiutare un giovane imprenditore ad aprire una azienda e non un giovane professionista ad aprire uno studio?”.
L'ormai “vecchio” credito d’imposta a favore dei professionisti che si aggregavano in studi professionali associati, non si è reso mai attuabile, non sono mai stati stanziati i relativi fondi ed i decreti attuativi non sono mai stati emanati.
Ma questo non è l’unico problema; ci sono anche altre numerose discriminazioni a danno dei professionisti rivendicate con le nostre numerose iniziative portate avanti da anni, anche sotto forma di emendamenti, come la deducibilità totale dell’aggiornamento professionale obbligatorio, i crediti d’imposta per l’acquisto di hardware e software, l’accesso al credito agevolato dei consorzi di garanzia collettiva fidi, la rateizzazione delle plusvalenze, la mancata esclusione dall’imposta Irap per i professionisti senza organizzazione e struttura in virtù delle oltre cento sentenze della suprema Corte di Cassazione, l’assicurabilità del professionista nei casi di responsabilità diretta per le sanzioni irrogate e la deducibilità totale per l’acquisto dei beni immobili strumentali non prorogata dopo il 31 Dicembre 2009.
Le richieste sopra elencate sono state tramutate in appositi emendamenti in quanto condivise da molti parlamentari di maggioranza ed opposizione; emendamenti che poi durante le varie manovre anti crisi non sono stati approvati, perché non c’era possibilità di trovare la necessaria copertura finanziaria, o perché era stata richiesta dal Governo la solita “fiducia”, o ancora perché dichiarati inammissibili, in quanto non rientranti nel contenuto proprio della legge, come nell’ultima finanziaria.
In ogni caso non sono stati approvati, neanche gli emendamenti relativi al problema della copertura assicurativa relativa alla responsabilità civile del professionista e il consorzio fidi di garanzia, che non necessitano di copertura finanziaria.
Alla fin fine, ogni pretesto è buono, per non risolvere ed aiutare le professioni, alle quali però si chiede continuamente di operare per la collettività con un alto senso morale.
Confidiamo a questo punto, che sia almeno presa in considerazione la proposta di Legge n. 1717 “Misure in favore del professionista” dei Sen. Giuliano Barbolini e Marco Filippi che abbiamo condiviso, ed apprezzato nella sua predisposizione e che è composta di soli quattro articoli riguardanti le plusvalenze, la formazione obbligatoria, confidi per i professionisti, la responsabilità civile del professionista e la scadenza fiscale del 16 agosto.
Qualunque sia il risultato, ringraziamo i firmatari della proposta per la loro disponibilità e ne auspichiamo una condivisione bipartisan.
Anche i professionisti hanno una famiglia e dei figli a cui pensare, hanno uno studio da gestire, ed anche se hanno difficoltà nell'incassare i propri compensi per vivere, vogliono continuare a pagare regolarmente gli stipendi e versare i relativi contributi pensionistici ai propri dipendenti e si impegneranno per non licenziare nessuno almeno fino a quando, non riuscendo più ad andare avanti, saranno costretti a chiudere lo Studio.

Livorno, li 07 Maggio 2010

Il Consiglio di Amministrazione
Fondazione COMMERCIALISTITALIANI

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