"Chi ha cucinato l’Ultima Cena?"

The Washington Post»: “Chi ha cucinato l'Ultima Cena? Un libro brillante…una fonte d'ispirazione”. «The Times»: ” E' la più bella storia mai raccontata…è una storia d'amore, di vita e di tutto il resto». «Cosmopolitan»: “Le donne hanno una storia, ed è una storia meravigliosa”. Una storia meravigliosa che a me, a dire il vero, ha dato una profonda tristezza, nonché vergogna di appartenere al genere maschile. Se uno storico avesse il coraggio di scrivere la storia della sofferenza umana, dovrebbe dedicare almeno tre quarti del lavoro alla storia della sofferenza femminile. Sofferenza in gran parte da addebitare alla ottusa crudeltà maschile. Ho letto cose in questo libro che, confesso, non conoscevo. Apprendere delle torture, delle angherie, dei soprusi sulle donne da parte degli uomini, mi ha fatto male, ma credo che ancor più male mi ha fatto costatare come in certi casi la crudeltà era la norma, al punto che gli uomini non sapevano d'essere crudeli. A pagina 406 del libro di Rosalind Miles, edito da Elliot, si legge: “Nella Cina prerivoluzionaria, ogni uomo che si rifiutasse di picchiare la moglie ogni sera, disubbidendo al volere paterno, poteva essere gettato nelle prigioni sotterranee del magistrato locale o del padrone delle terre. La Rivoluzione mise al bando questa usanza, e le donne colsero immediatamente l'occasione per sottrarsi alle angherie sopportate per 5000 anni, come risulta dal racconto di un marito risentito: «Tutti i miei amici picchiavano le mogli, io mi adeguavo semplicemente all'usanza comune. A volte non avevo vere ragioni per farlo, se non il fatto di non averla picchiata di recente..»”. Il libro ha suscitato in me anche un rincrescimento: aver parlato poco, anzi pochissimo, a scuola di queste cose.

Renato Pierri

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