Perché Gianfranco Fini è indispensabile per il Pdl

di Gianmario Mariniello

Proviamo ad adottare strumenti “berlusconiani” per cercare di far comprendere a chi grida “fuori Fini dal Pdl”, quanto sia importante e necessario il contributo del co-fondatore del Pdl alla causa del nostro partito. Mi riferisco ai sondaggi.

A chi afferma con la puzza sotto il naso “quante divisioni ha Fini?”, ricordiamo che chi ragionò in tal modo, il vecchio Baffone in quel di Yalta riferendosi al Sommo Pontefice, non fece una bella fine. Ci vollero quasi cinquant’anni, ma alla fine colui che aveva poche truppe ma antichi e profondi valori (il Papa) prevalse sull’Armata (rossa).

Non vogliamo essere blasfemi, né irriguardosi. Ma invitiamo tutti alla riflessione.

Sondaggi alla mano, in questo momento “Silvio Berlusconi ha un’approvazione pari al 52%, mentre il presidente della Camera, ormai da molti mesi, lo supera attestandosi oggi al 64%”, ci spiega Renato Mannheimer. E attenzione, per giustificare tali “numeri” non si venga a raccontare la solita barzelletta “Fini piace a sinistra” o altre amenità del tipo “Fini prossimo leader del Pd”. Gianfranco Fini ha un seguito “distribuito in tutto l’arco politico, anche se la maggioranza di chi manifesta il suo apprezzamento per il presidente della Camera si professa comunque elettore azzurro”. Ci verrebbe da cantare “Azzurra Libertà”, ma desistiamo. Mannheimer dice che il “Partito di Fini” parte dal 5% e può arrivare al 20%. Poniamo l’asta giusto a metà e fa 12,5%. Più dell’ultimo dato di AN.

Andiamo avanti, un indizio non fa prova piena. Secondo Antonio Noto di IPR Marketing, «senza l’ex leader di An, il Pdl perderebbe il 20% del suo elettorato». Dato che nel 2008 il Pdl prese il 37%, stiamo parlando del 7,4%. Così, senza fare campagna elettorale, senza struttura, senza niente. Un dato statico. Si votasse domani mattina, il Pd potrebbe superare un Pdl senza Fini. Sarebbe uno shock per tutti.

Due indizi fanno pensare. Non bastano? E noi allora insistiamo. Sondaggio Crespi Ricerche per Generazione Italia (giochiamo in casa).

Poniamo caso che il Parlamento decidesse di approvare la “bozza Calderoli”, quella presentata alla festa per l’elezione del figlio di Bossi, per intenderci. Bene, grazie alla bozza del Solone di Bergamo, arriviamo all’elezione diretta del Presidente della Repubblica.

Evviva. Gianfranco Fini convincerebbe quasi un elettore del Pdl su tre, nel caso di un’ipotetica gara con Berlusconi. E con la sua capacità di attrazione nel mondo dell’astensione e dell’elettorato “mobile” – “floating voters”, dicono gli inglesi – si attesterebbe al 26,6% e Silvio Berlusconi “solo” al 24,3. Da non credere.

Infine, un dato statistico. La favoletta del lupo leghista che si mangia i voti di An perché Fini ha una posizione “aperta” sull’immigrazione, è simpatica. Nel senso che fa ridere. Rispetto alle elezioni politiche, il Pdl nel 2010 ha perso 4 milioni di voti. La Lega, pur sfondando in direzione “Roma ladrona”, ha perso 117 mila voti. Non c’è stato alcun travaso, insomma. Semplicemente, i “nostri” se ne son rimasti a casa (è sempre accaduto a FI alle elezioni amministrative), mentre i leghisti sono andati a votare compatti.

Nessun lupo verde, nessun travaso di voti. Solo una favoletta. Buona nemmeno per i bambini. Che – notoriamente – hanno paura del lupo.

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