I "piccoli" del Vangelo, che credono in Cristo, non sono i bambini

Mi dispiace di fare un appunto alla redazione di un settimanale che mi è particolarmente simpatico, ma al passo del Vangelo riportato sulla copertina dell'ultimo numero di Left Avvenimenti, è stato dato un significato non esatto. Si consoli però la redazione, giacché ho sentito fare lo stesso errore, non so se consapevolmente, da qualche sacerdote. Il passo è questo: “Ma se uno sarà di scandalo a uno di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli sia legata al collo una mola asinaria e sia precipitato nel fondo del mare” (Mt 18,6). E il settimanale lo riporta in occasione di un articolo sullo scandalo dei preti pedofili. Ora, i “piccoli”, non sono i bambini, ma gli autentici seguaci di Cristo. “L'iperbole serve a mettere in risalto la gravità del crimine commesso da colui che o con la sua condotta o per diretta seduzione, fa deviare dalla fede un credente in Cristo” (Angelo Lancellotti, Matteo, Edizioni Paoline). Il bambini non c'entrano. L'equivoco nasce dal passo precedente: “Ed Egli, chiamato a sé un fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli. Se uno accoglie un solo fanciullo come questo nel mio nome, accoglie me» ” ( Mt 18,2-5). Del resto, Gesù non poteva indicare i bambini come “credenti in lui”. Che Gesù si riferisca ai discepoli è ancora più palese in Marco (9,42) e in Luca (17,1-2).

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