“Il fascismo è un principio nuovo nel mondo, una antitesi chiara, definitiva, categorica alla democrazia, plutocrazia, framassoneria e agli immortali principi del 1789 (…). Il fascismo riporterà nella vita del popolo il senso dello stile, cioè, una linea di condotta, colore, forza, il pittoresco, l'imprevisto, il mistico; in breve, tutte quelle cose che contano nello spirito delle masse.”
Benito Mussolini
L'incresciosa questione della sospensione delle trasmissioni di informazione politica,
è l'ennesima dimostrazione di quanto questo governo sia una patologica rappresentazione della fragilità del tessuto democratico italiano, oltre ad essere una evidente violazione dell' articolo 21 della costituzione, in base al quale: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. La libertà di informazione, si articola nel diritto di informare, di informarsi e di essere informati”.
Il 2 marzo è stato mandato in onda su Rai Tre, un documentario sulla nascita del fascismo, al posto di Ballarò. Sul Corriere della Sera il 1 marzo è stato tolto all'ultimo momento un editoriale di Ernesto Galli della Loggia, dal titolo “Il fantasma di un partito”, che a detta del direttore Ferruccio de Bortoli, non è stato pubblicato a causa di un “errore tecnico”. Poi per allontanare i sospetti di censura, è stato deciso di pubblicarlo il giorno seguente sulla prima pagina del Corriere, e con i titolo originale.
Del resto Berlusconi è avvezzo a censurare e incolpare giornalisti, conduttori, comici, magistrati di essere “nemici” agguerriti e politicizzati, non è certo una novità. Occorrerebbe però prestare un po' più di attenzione ai deliri di onnipotenza del Premier, perchè “l' insostenibile leggerezza” con cui vengono affrontati quindici anni di scorribande antidemocratiche, è sintomo di una mancata rielaborazione della drammaticità della storia italiana, e se come sosteneva Tucidide: “studiare il passato per comprendere il presente”, fosse realmente applicato, a partire dalla formazione dei giovani, forse non ci ritroveremmo a dover assistere allo svuotamento della democrazia, di cui rimane solo l'abito, senza però il contenuto.
A costo di passare per monomaniaci, bisogna insistere ad invitare tutti a riflettere sul nostro passato fascista, mettendo in risalto i rischi presenti e futuri. E' certamente sintomatico il fatto che Berlusconi nella sua carriera politica abbia rilasciato dichiarazioni che potremmo definire apologetiche nei confronti del fascismo: “nessuno è stato ammazzato, il confino era una vacanza”, tutte cose che da linguaggio fascista, sono diventate linguaggio dell' uomo di strada, lessico quotidiano: “si stava meglio quando si stava peggio, tanto è tutto un magna magna, tanto sono tutti uguali, gli immigrati portano criminalità” e via dicendo.
E' chiaro che queste dichiarazioni fanno comodo al Presidente del Consiglio per provocare quello che i sociologi della comunicazione definiscono “effetto polverone”, che serve a distogliere l'attenzione della pubblica opinione da problemi ben più gravi che il governo dovrebbe affrontare, come la drammatica crisi economica, la precarietà e la disoccupazione, l'integrazione degli stranieri, e non meno, la discesa del consenso popolare. Questo tuttavia non deve far abbassare l'attenzione sull'imprescindibile rapporto con la nostra storia, sulla stretta relazione tra la crisi dello Stato liberale e le origini del fascismo, che affonda le radici nell' ideologia dell'azione (homo faber) e della violenza politica. Si pensi al fenomeno dello squadrismo e la rivelazione del volto violento peculiare del fascismo, che si faceva garante di un ordine basato sulla paura, proteso a costruire consenso e orientare l'immaginazione, e lo stile di vita delle masse; al nostalgico revisionismo rappresentato dalle paccottaglie kitsch che si vedono oggi in esposizione nei mercatini, negli autogrill e negozi di souvenir.
Pur non potendo esaudire la pretesa di una reale comparazione storica, non dobbiamo dimenticare che il fascismo dava segnali ben precisi di destrutturazione dello Stato liberale, ben prima delle “leggi fascistissime”, della svolta decisiva al totalitarismo, prima ancora dell'autarchia, dell'avvicinamento alla Germania nazista, delle odiose leggi razziali e delle deportazioni. E' necessario riflettere sulle precondizioni della nascita di una dittatura, non tanto per proporre paragoni tra ieri e oggi, che andrebbero visti con un occhio storico che richiede un'ulteriore passo, ma per individuare le inquietanti e innegabili analogie; si pensi al culto del leader, il primato del fare, la continua violenza politica alle opposizioni, ma soprattutto alla magistratura, la deriva populistica, l'uso strumentale dell'informazione e dei mezzi di comunicazione, la repressione violenta, un razzismo legittimato dal consenso manipolato.
In quale paese europeo, democratico potrebbe essere tollerato l'immenso conflitto di interessi del Premier, grazie al quale oggi ci troviamo in questa situazione, a discutere della soppressione delle trasmissioni che potrebbero intaccare la falsa immagine che tenta di dare di sé. Nonostante l'avvocato “Mavalà” ne difenda strenuamente gli interessi, Berlusconi si sente minacciato, in bilico. Approfitta di una profonda crisi della politica per realizzare progetti antidemocratici basati su visioni ultracontraffatte (l'Aquila, l'immondizia di Napoli) della realtà, e sorrette da poteri in grigio. Ora più che mai, ripensare alle origini del fascismo significa non dimenticare che il fascismo, nel senso di “categoria”, è nato proprio in Italia; e che proprio la sua minimizzazione, il far finta che in fondo si sia trattato di un male minore, significa ignorare quello che Giorgio Bocca ha giustamente definito “il fascismo naturale di una larga parte degli italiani, che disprezza la politica, le regole della democrazia, e ha il gusto della sopraffazione attraverso la forza del potere e la forza del denaro”.
In tal senso non scomoderei la dittatura birmana, come hanno fatto alcuni esponenti politici per paragonare i fatti ultimi sull'informazione, è più che sufficiente guardare alle cose di casa nostra, a cui ancora una volta ci stiamo sommessamente abituando, molti penseranno che in fondo cosa sarà mai un mese di sospensione dell'informazione?
Si potrebbe rispondere loro con una frase di Giustino Fortunato nel 1930: “il fascismo è proprio l'Italia, di ieri e dell'altro ieri, come sarà indubitatamente, l'Italia di domani e di domani l'altro”.
A questo ci dobbiamo ribellare, nonostante Berlusconi.