Burqa: la Carfagna è proprio una velina!

“Fermo restando il diritto del singolo di indossare ciò che vuole, riteniamo sia indispensabile da parte dello Stato far rispettare determinate norme di civile convivenza. E’ all’interno di questo concetto che inserisco il divieto ad usare il burqa. Non ne faccio una questione religiosa, o, tanto meno, di emancipazione femminile. Uno Stato deve far rispettare l’ordine pubblico, pertanto è sacrosanto che sia vietata la copertura del volto. Facciamo, però, presente al ministro Carfagna che una legge che vieta la copertura del volto in luoghi pubblici in l’Italia esiste già e risale al 1975”. Lo dice in una nota Antonio Borghesi, vice capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera.
La vicenda prende spunto dalla legge che vieta parzialmente l’uso del burqa in Francia (negli uffici pubblici e nei trasporti), motivandola con il fatto che minaccerebbe la dignità della donna. Immediatamente il ministro per le pari opportunità Mara Carfagna ha dichiarato: “Sono favorevole ad una legge che vieti in Italia il burqa e il niqab, simboli di sottomissione della donna. Non in quanto simboli religiosi,come il velo, bensì per le storie che nascondono”. Il suo collega Roberto Calderoli, Ministro per la Semplificazione Normativa, ha invece detto ''…… rappresenta un'iniziativa positiva in quanto la liberta' individuale, compresa quella religiosa, deve essere sempre bilanciata con le esigenze di tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico''. Per il ministro Frattini dovremmo chiederci '…se il fatto di velarsi completamente non sia questo il primo segno della volontà di non integrarsi, di chiudersi''. A mio giudizio va in primo luogo precisato che il burqa è un capo di abbigliamento utilizzato principalmente in Afghanistan, il cui obbligo appare essere conseguenza di tradizioni locali e nulla ha a che vedere con prescrizioni religiose islamiche. Il governo italiano dovrebbe mettersi d’accordo: non vuole il burqa perché è un segno di chiusura, non lo vuole per motivi di ordine pubblico o non lo vuole perché è un simbolo di sottomissione della donna imposto per motivi religiosi. Per quanto riguarda l’ordine pubblico già da 35 anni fa, per effetto del primo comma dell’art. 5 della legge n. 152 del 1975, “Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico“, “È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. È in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino.” Vi è poi l’art. 85 del R.D., il “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza“, che proibisce a chiunque di andare in giro con maschere di qualsivoglia tipo. Forse i Ministri Carfagna e Calderoli non se ne sono ancora accorti. Smascherata l’idea che la questione abbia a che fare con aspetti di ordine pubblico, resta la tesi della Carfagna. Sarebbe come dire che per lo stesso motivo non dovrebbero più circolare in divisa le suore (simbolo religioso di sottomissione a Dio), ma soprattutto non dovrebbero più circolare libere proprio le tante attricette , veline , escort, partecipanti ai tanti “Grandi Fratello” e spettacoli orripilanti privi di qualunque valenza culturale, categoria dalla quale proviene la Ministra Carfagna, e che quelle si sono un chiaro esempio di totale dequalificazione della figura femminile e simbolo eccelso di visione indgena della donna, tanto cara al Persidente del Consiglio, che ne dichiaratamente un utilizzatore finale. Fa più male alla dignità della donna l’uso volontario del burqa o vendere il proprio corpo pur di apparire come velina in televisione o in qualche “reality”. E’ attraverso percorsi come questo che la Carfagna è oggi Ministro delle Pari Opportunità e si permette di pontificare su ciò che altre donne dovrebbero o non dovrebbero fare.

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