Dopo Marrazzo, Delbono: a Bologna la Sinistra fa Crac(chi) !

Sinistra: ma quale superiorità morale !

Ma quale superiorità morale della sinistra? Inconsistente nella sostanza, l’argomento teneva ancora banco nella propaganda dell’opposizione. Le vicende degli ultimi mesi, ed in particolare la campagna per le Regionali lo ha definitivamente mandato in frantumi.

Premettiamo che noi, a differenza di loro, non abbiamo mai impugnato l’arma del giustizialismo, né intendiamo farlo ora. Quindi ci basiamo solo sull’evidenza e su ciò che la sinistra stessa dice ormai dei suoi dirigenti, nazionali, regionali e cittadini. Ci terremo insomma sul piano squisitamente politico.

Il caso Bologna, benché meno pruriginoso, è forse più grave perfino del caso Marrazzo. E questo per la commistione tra pubblico e privato – soldi e incarichi – che ha travolto il sindaco Flavio Delbono costringendolo alle dimissioni. Non entriamo nel merito delle questioni personali dell’ex primo cittadino, ma dell’immagine che lui ed il suo nume tutelare, Romano Prodi, hanno in questi anni “venduto” di loro stessi. E cioè un’immagine di buongoverno fatto di rapporti personali, competenza amministrativa, bonomia, appunto, alla bolognese. Tutto ciò evidentemente secondo loro. E tutto contrapposto all’“Italia di plastica” di Silvio Berlusconi.

Prodi, il Pd, i Ds, insomma l’intera sinistra, hanno per questo considerato e dichiarato che l’amministrazione di centrodestra di Giorgio Guazzaloca, l’avanzare dei moderati in Emilia, così come in Toscana (ultimo caso, la conquista di Prato), fossero degli incidenti, delle indebite “incursioni barbariche” in isole felici nelle quali la sinistra ed i suoi amministratori provvedevano – ed erano gli unici in grado di farlo – al bene pubblico.

Si è visto come è finita; come sta finendo. A Bologna come altrove. Prima di Delbono c’era stato Sergio Cofferati, al quale non si può rimproverare nulla in fatto di etica amministrativa, ma che non si può certo dire abbia provveduto al buongoverno della città, privilegiando le proprie scelte di vita.

Sul Lazio e su Marrazzo si sono scritti fiumi di parole. Anche in questo caso resteremo fedeli al garantismo sulle vicende personali dell’ex governatore. Sul malgoverno della regione, tuttavia, non si può tacere. La sinistra che ha prima avuto in pugno Roma e poi il Lazio, contrabbandando un “modello romano” fatto solo di cordate di amici e accordi con i poteri forti, pensa forse di non pagare dazio? Dopo aver provocato il più grosso buco sanitario regionale (senza aver dato ai cittadini un’assistenza lontanamente paragonabile alla Lombardia), applicando le più alte addizionali d’Italia, con quale faccia la sinistra non solo rivendica la regione, ma chiede di non “consegnare il Lazio alla destra”?

Guardiamoli gli slogan di questi ultimi anni: “Non consegnate Roma alla destra!”. “Non diamo l’Italia a Berlusconi!”. Forse la destra, cioè i moderati, e Berlusconi, sono eticamente e perfino antropologicamente diversi dalla sinistra? Inadatti, anzi inabilitati per il loro Dna a governare? Ora si è visto: diversi sì, ma infinitamente in meglio.

Passiamo al Sud. Campania, Calabria, Puglia: regioni in cui la criminalità organizzata ha provocato per decenni la paralisi economica e amministrativa con danni gravissimi al lavoro, alle imprese, al turismo. Con guasti in tutto il mondo all’immagine del Paese. Le amministrazioni locali di sinistra, incapaci di fronteggiare questa realtà e spesso con essa conniventi, nel frattempo contrabbandavano una verità opposta: quella di un centrodestra, locale e nazionale, artefice di misteriosi e mai provati intrighi. Portato quasi geneticamente agli intrallazzi con la malavita. La sublimazione di questa colossale menzogna, di questo rovesciamento della verità, l’abbiamo sorbita per anni nei teoremi di Repubblica e nelle “docu-fiction” di Anno Zero: tutti i cattivi da una parte, tutti i buoni dall’altra. Una propaganda in pieno stile Germania dell’Est (qualcuno ha visto Le vite degli altri?) andata avanti con i soldi del servizio pubblico e degli abbonati.

Ora il Grande Inganno è crollato su se stesso, esattamente come l’apparato che stava al di là del Muro di Berlino si sbriciolò assieme al muro stesso.

Nella sinistra assistiamo allo spettacolo di dirigenti locali e nazionali che si sbranano a vicenda. La campagna per le primarie pugliesi è stata scandita dai dossier giudiziari sparati da una parte all’altra. La Calabria, la Campania, sono vortici di cattiva e oscura amministrazione in cui solo gli interventi d’urgenza del governo Berlusconi è riuscito ad arginare e raddrizzare gli aspetti più vistosi, a cominciare dall’emergenza rifiuti a Napoli.

Ma non dimentichiamo la Sardegna, dove l’ex governatore Renato Soru inveiva contro l’”arrivo dei barbari”, nonché degli immancabili “speculatori”. Bene, chiedere che cosa pensano dell’ex governatore agli azionisti di Tiscali.

Ecco perché la sinistra non ha più alcun titolo per rivendicare una “diversità morale”, l’alibi dietro al quale si è mascherata in tutti questi anni. Ed ecco perché i moderati hanno non solo il diritto politico, ma anche il dovere civile di restaurare il buongoverno ed il rispetto verso gli elettori in buona parte d’Italia; comprese le ex “felici” isole rosse.

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Sinistra: ma quale svolta riformista !

Altro che svolta, altro che profilo riformista, altro che ritorno al Pci: il Pd di Bersani, dopo novanta giorni dal cambio di segreteria, non è né carne né pesce.

Doveva tornare ad essere una forza politica strutturata, che preferisce la forma-partito tradizionale al partito veltroniano delle primarie, ma in Puglia – regione strategica per l'esito delle prossime regionali – dopo una serie infinita di ripensamenti ha dovuto subire le primarie imposte da un soggetto estraneo al Pd, il governatore uscente Vendola, di Sinistra e Libertà.

Doveva riprendersi con autorevolezza la leadership del centrosinistra, affrancandosi dal giustizialismo estremista di Di Pietro, e invece sul processo breve, la prima occasione giusta per smarcarsi visto che alcuni suoi parlamentari avevano presentato la stessa proposta nel 2006, ha seguito pedissequamente al Senato la linea dell'ex pm.

Doveva aprire una nuova stagione di alleanze, allargando la coalizione antiberlusconiana senza ripetere gli errori dell'Unione prodiana ma allargando la coalizione all'Udc, ma il laboratorio prescelto per l'esperimento, la Puglia, è saltato in aria prima ancora di essere aperto perché gli elettori del Pd hanno voltato clamorosamente le spalle ai dirigenti nazionali e regionali parteggiando apertamente per un leader esterno al partito.

Doveva imprimere al centrosinistra una spinta finalmente riformista, e si trova in troppi casi ancora prigioniero della sinistra radicale.

Doveva riprendersi la capacità di imporre la propria agenda politica e le proprie scelte rispetto agli alleati “minori”, e in Lazio ha finito per piegarsi perfino all’autocandidatura-diktat della Bonino.

Ma i rilievi non si fermano certo qui. Il duo Bersani-D'Alema ha infatti inanellato in tre mesi una serie di errori macroscopici che hanno già ridotto l'attuale segreteria al rango non principesco dell'anatra zoppa. Non si capisce, ad esempio, perché mai in Puglia hanno scelto di fare prove tecniche di alleanze mai decise nel congresso del partito (l'ultimo tenuto aveva scelto ben altre strade). E poi, con che criterio due leader nazionali sono scesi in campo contro il presidente di una giunta appoggiata dal loro stesso partito?

E ancora: se si presenta il Pd come un partito federale, perché tentare di imporre le candidature dall'alto? E infine, Bersani e D'Alema hanno raggiunto l'apice dell'autolesionismo presentando contro Vendola il solito Boccia, che era già stato sconfitto nelle primarie di cinque anni fa e che stavolta ha preso una batosta senza precedenti (73 a 37!).

E veniamo alle scelte fatte nelle varie regioni: un delirio. Saltato il principale laboratorio politico su cui si puntava per costruire il famoso comitato di liberazione nazionale da Berlusconi, il Pd ha giocato le sue fiches su più tavoli, a macchia di leopardo. Nonostante il fallimento pugliese, restano in piedi le altre intese locali con Casini (in Piemonte, Liguria, e probabilmente anche nelle Marche e in Basilicata); in altre regioni il Pd ha scelto di affidarsi invece ai vecchi alleati unionisti alla sua sinistra, in un caso persino ai radicali che pure in Lombardia sono scesi in campo contro Penati. Alle regionali troveremo quindi candidati di estrazione molto diversa tra loro a rappresentare il Pd. Nel Nord il partito cerca di recuperare il terreno perduto con i ceti produttivi candidando in Lombardia, appunto, Penati e in Veneto il segretario della Cgia di Mestre Bortolussi. In Piemonte, invece, la Bresso lavora a un “accordo tecnico” con Pdci e Rifondazione. Nel Lazio punta su Emma Bonino e i radicali. Soluzioni, queste ultime, che non hanno mancato di dividere il partito – e che probabilmente continueranno a farlo alle urne.

La politica delle alleanze del Pd, alla fine, è un guazzabuglio, con tutte le opzioni in campo, che rischia di generare confusione e di trasmettere all'elettorato il senso di scelte occasionali e non certo strategiche. Una sorta di testa o croce tra il vivere alla giornata e il tirare a campare. Nulla di edificante, insomma, per l'evoluzione della politica italiana.

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“Le Due Torri crollano addosso al Pd”

Dai giornali del 26 gennaio

Corriere della Sera (Ernesto Galli della Loggia) …Dopo Marrazzo, Delbono: nel giro di pochi mesi è il secondo importante amministratore locale eletto sotto le bandiere del Pd costretto a lasciare il proprio incarico per questioni in cui sesso e soldi si mischiano confusamente. E a questo punto è fin troppo ovvio osservare come per la sinistra diventi sempre più difficile sostenere la pretesa di incarnare una sorta di superiorità morale rispetto alla destra, un Paese diverso e migliore, l’«altra» Italia come si diceva qualche tempo fa. Piaccia o meno, infatti, d'Italia ce n'è una sola…

Il Messaggero (Mario Ajello) …Le Due Torri stanno crollando addosso al Pd…

Il Giornale (Gianfranco Pasquino) …Non sarebbe la prima sòla che Prodi ci rifila…

Il Sole 24 Ore (Stefano Folli) …E’ come se tutti noi assistessimo da spettatori un po’ smarriti al declino inarrestabile della principale forza d’opposizione…

Milano Finanza (Antonio Satta) …Per correggere la rotta ci sarebbe bisogno di una leadership che riuscisse a prendere in mano il timone della politica, facendo prevalere un’idea condivisa del partito. Speranza quanto mai vana, visto il livello di conflitto interno…

Corriere della Sera (Massimo Franco) …Il Pd appare indebolito. […] E la vittoria di Vendola riesuma i fantasmi di un’Unione sbriciolata dal voto politico del 2008, e della quale Bersani sperava di essersi liberato.

Avvenire (Sergio Soave) …Le crescenti difficoltà del Partito Democratico alle prese con la scelta delle candidature per le regionali sono il sintomo di una certa fragilità del gruppo dirigente…

Repubblica (Massimo Giannini) …Bastonato in Puglia. Umiliato a Bologna. Spiazzato nel Lazio. Confuso ovunque…

Il Mattino (Virman Cusenza) …Non è mai piacevole per un politico scoprire che la sua base elettorale va in direzione opposta ai propri auspici…

La Stampa (Pierluigi Castagnetti, dirigente del Pd) …Sì dopo le regionali c’è un rischio per la tenuta stessa del partito…

Libero (Maurizio Belpietro) …La sconfitta del candidato Pd è infatti principalmente la disfatta della nuova leadership del partito democratico e con essa di tutti i progetti di riedizione di un centrosinistra con Casini nel ruolo che fu di Prodi…

Quotidiano Nazionale (Andrea Cangini) …Se non hai la forza del decisionista e ti manca la furbizia del mediatore, che leader sei? Risposta: un leader alla Romano Prodi. Spiace dirlo, ma sembra essere ormai in corso un allarmante processo di “prodizzazione” di Bersani…

Corriere della Sera (Maria Teresa Meli) …A fine giornata Pier Luigi Bersani sbotta: “Non sono mica Alice nel Paese delle meraviglie”…

Il Tempo (Roberto Arditti) …Le manovre di palazzo sono indigeste e vengono rigettate dalla gente, D’Alema e Casini non lo hanno capito e Vendola si è incaricato di spiegarglielo…

Italia Oggi …D’Alema è l’icona della catastrofe politica incarnata dal Pd, nato moribondo e oggi trapassato…

La Stampa (Umberto Eco) …D’Alema non ne indovina una da quarant’anni, si presenta come il più esperto di tutti, in realtà le ha sempre sbagliate tutte…

Repubblica (Adrano Sofri) …D’Alema ebbe un’uscita magistrale, qualche giorno fa, quando all’improvviso dichiarò, delle cose di Puglia, di non capirci niente. E un buon punto di partenza…

La Stampa (Jena, alias Riccardo Barenghi) …Dopo la sconfitta pugliese D’Alema si occuperà dei servizi segreti, a rischio la sicurezza del Paese…

Quotidiano Nazionale (Pierluigi Visci) …Ne vedremo ancora delle belle e la sinistra continuerà a ballare a lungo…

Il Giornale (Vittorio Macioce) …Non c’è mai stata una questione morale. Non esiste un colore, una parte mancina, geneticamente migliore…

Corriere della Sera (Piero Alberto Capotosti) …Mi sembra quanto mai opportuno reintrodurre nel vigente testo dell’art.68 (della Costituzione) quella autorizzazione a procedere per i membri del parlamento, originariamente prevista, ma improvvisamente abolita nel 1993…

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Il Giornale

VENERE RIDUCE LA SINISTRA IN CENERE

LA RIVINCITA DELL'AMANTE SCARICATA:” MA NON MI SENTO RESPONSABILE”

Intervista a GIANFRANCO PASQUINO
“E' L'ENNESIMA SOLA DI PRODI”

IL PD PERDE ANCHE CONTRO SE STESSO

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