La nota ministeriale che prevede un “tetto del 30% di bambini stranieri nelle aule delle scuole primarie, rivela ancora una volta la manifesta incapacità del governo nel gestire i mutamenti sociali legati al fenomeno dell' immigrazione. Gli annunci di gelminiana matrice,
che sembrano contenere “novità fondamentali”, in realtà altro non sono che la solita gattopardiana tendenza a far apparire come novità ciò che è consuetudine. Infatti è da tempo conosciuta dai dirigenti scolastici la necessità di non sovraccaricare le classi con bambini che hanno difficoltà di apprendimento, di qualsiasi natura esso sia, anche per motivi linguistici. Questa regola viene applicata con buonsenso, anche quando, purtroppo, le risorse umane ed economiche sono altamente al di sotto delle necessità, risorse che la ministra Gelmini prima ha tagliato, e che ora invece promette.
Per non parlare degli effetti che avranno dei provvedimenti diversi e “ricombinati” fra loro, infatti con la legge Bossi-Fini, il periodo di transizione per poter mantenere il permesso di soggiorno in caso di disoccupazione, era stato generosamente ridotto da un anno a 6 mesi. Poi arrivò Maroni, che “inventò” il reato di immigrazione clandestina che, attenzione, non vale esclusivamente per gli ingressi clandestini, ma pure per chi si ferma con permesso di soggiorno scaduto. Pertanto dopo i 6 mesi di disoccupazione, il permesso di soggiorno non si può più rinnovare, e il lavoratore può essere “incriminato”, e dopo il pagamento di una multa, essere espulso.
Siamo quindi difronte a lesioni gravissime e intollerabili (per chiunque sia dotato di buon senso), dei “fondamentali diritti umani”. Emblematiche le aggressioni di Rosarno, dove tra l'altro non tutti i braccianti erano clandestini, e anche i regolari stavano perdendo il lavoro, versus la condizione di regolarità.
E' necessario ricordare alle menti feconde che propongono di affossare o svuotare la riforma della cittadinanza, in risposta alla rivolta di Rosarno, che una tale scellerata e demenziale manovra, sarà certamente utile a rastrellare il solito consenso di quella parte di italiani privi di memoria storica, ma servirà soprattutto a creare ulteriori disagi, che ingrosseranno la già colma polveriera sociale. E per chi pensa che per spostare gli alunni stranieri “in eccesso” si può utilizzare un bus che li porti in un'altra scuola, bisognerebbe ricordar loro che anche negli Stati Uniti già lo facevano per far uscire i bambini neri dalle “scuole ghetto”, con ferventi contestazioni dei bianchi razzisti.
Sarebbe ora di finirla di usare la cittadinanza come come uno strumento a favore di una concezione razzista e sciovinista, facilitandola, e migliorando lo strumento della rappresentanza politica di lavoratori che non potendo far sentire le proprie ragioni attraverso questa, ricorrono legittimamente allo sciopero e che se questo non funziona, se il dissenso viene represso con metodi di cui l'Italia ha triste memoria (si fa per dire), possono passare a metodi pericolosamente violenti, ma la responsabilità è sempre di un sistema incapace di autocorrezione, perchè se l'individuo ha la possibilità di esprimersi politicamente attraverso gli strumenti della democrazia, i pericoli di disordine sociale, vengono fortemente contenuti.
Per quanto riguarda gli immigrati, sarebbe sufficiente che la politica si ricordasse che il primo elemento di integrazione, passa proprio attraverso la scuola. Basterebbe prendere esempio da scuole come la materna Bay di Torino, che si trova nel quartiere San Salvario, il più antico quartiere della zona centro della città, e che fino ad una decina di anni fa era un quartiere contenitore di immigrati, e di notevole disagio sociale, un posto dove nessun italiano avrebbe iscritto il proprio figlio a scuola. Oggi è un quartiere dove il 60% dei bambini è di nazionalità straniera, ed è stato in grado attraverso politiche di riqualificazione e sostegno, di diventare un quartiere “status symbol” per gli italiani, e la scuola materna ha addirittura difficoltà a far fronte alle richieste di inserimento di bambini italiani, che provengono anche da altri quartieri. Si pensi che la scuola materna si trova a due passi dalla stazione Porta Nuova, prima crocevia dello spaccio, ora quartiere cool con locali che fanno tendenza.
L' Assessore Borgogno responsabile dell'istruzione, si è trovato difronte ad una richiesta rivoluzionaria rispetto al passato, in questa scuola, e in altre del quartiere, si è stati in grado di trasformare l'alto tasso di stranieri in opportunità, in risorsa. Direi che si tratta di un risultato soddisfacente (Gelmini intenda) nei confronti di chi (deputati di An, ndr), solamente lo scorso anno predicava la necessità del numero chiuso per gli stranieri.
Ora a San Salvario la tendenza da parte degli italiani, è opposta, si chiede l'iscrizione a scuole sempre più multietniche, le differenze sono state trasformate in “valore aggiunto”, e la classe che parla più lingue comporta un arricchimento culturale, non un ostacolo, in questa città la gente ha capito il messaggio. E del resto Torino non è certo nuova in merito al capitolo multietnico,, lo scorso anno in una scuola di Porta Palazzo, quartiere storico dell'immigrazione, ieri meridionale, oggi straniera, fu lanciato il messaggio attraverso un registro di classe che rappresentava un allievo con gli occhi a mandorla e uno biondissimo:
“United Colors of School”, oggi gli stranieri nella seriosa città sabauda, giocano in casa. Torino come Berlino, dove la Ruetli schule, fino a poco tempo fa simbolo dell'inferno dei ghetti, oggi è un esempio di didattica multietnica e di politiche dell'integrazione. Questo dimostra che in una democrazia multiculturale che sia aperta e al passo con i mutamenti sociali, come la Bundesrepublik, la scuola funziona anche meglio con il multiculturalismo. E' fondamentale però avere le risorse economiche e le reti sociali adeguate, invece di perseguire politiche “dei tagli” e razziste, ci riflettano tutti quelli che si riempiono la bocca della parola riformismo.