L’obbligo del pagamento del contributo unificato nelle cause d’opposizione a sanzioni amministrative

Sollevata questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 e 24 della Costituzione da parte della norma contenuta nella Finanziaria 2010 che ha introdotto l'obbligo del pagamento del contributo unificato nelle cause d’opposizione a sanzioni amministrative.
Il componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori, Giovanni D’AGATA ritiene che la norma crei un iniquo, evidente ed irragionevole squilibrio fra Enti o pubbliche amministrazione con poteri sanzionatori da una parte e cittadini dall’altra, violando e vulnerando, quindi, il diritto alla difesa di quest’ultimi.

L’appello rivolto al Governo relativo allo stralcio dell’art. 2 al comma 212 della Legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Legge finanziaria) che ha introdotto il comma 6 bis nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 che ha generato in sordina una nuova tassa, ossia l’obbligo del pagamento del “contributo unificato” per i giudizi di opposizione a sanzioni amministrative di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni, non è stato accolto.
Dal 1° gennaio infatti, le opposizioni a sanzioni amministrative che da sempre erano dichiarate per legge “esenti” e quindi sostanzialmente gratuite per tutti quei cittadini colpiti da multe e sanzioni amministrative illegittime ed ingiuste, con tale intervento legislativo per tutte le cause d’opposizione a sanzioni dovrà essere versato il contributo unificato che secondo la tabella allegata al Testo unico delle spese di Giustizia di cui al D.P.R. 115/2002 e successive modificazioni avrà il costo minimo di euro 30,00, oltre ad ulteriori 8,00 euro per spese forfettizzate.
Per fare un semplice esempio, infatti, un cittadino erroneamente o illegittimamente sanzionato dalla Polizia Municipale per aver omesso di reiterare il pagamento della sosta sulle “strisce blu” (la cosiddetta multa per “grattino scaduto”), la cui sanzione amministrativa prevista dal Codice della Strada è pari ad appena 22,00 euro, dovrà pagarne ben euro 38,00 per poter proporre ricorso innanzi al Giudice di Pace, con ciò evidenziandosi un’evidente sproporzione tra il valore della controversia e le spese che devono in ogni caso essere anticipate dal ricorrente, confermando la violazione del principio di ragionevolezza scaturente dall’art. 3 della Costituzione.
La norma introdotta dalla legge finanziaria, peraltro, mina sostanzialmente anche il diritto alla difesa di cui all’art. 24, che si assume anch’esso violato dei soggetti sanzionati i quali saranno senz’alcun dubbio disincentivati a presentare un ricorso il cui costo anticipato potrebbe essere in gran parte dei casi inferiore al valore della sanzione.
Per queste ragioni, ritenuto che tale provvedimento sia incostituzionale per la violazione degli artt., 3 e 24, in quanto creerebbe un iniquo, evidente ed irragionevole squilibrio fra Enti o pubbliche amministrazioni con poteri sanzionatori da una parte e cittadini dall’altra, violando e vulnerando, quindi, il diritto alla difesa di quest’ultimi, lo scrivente componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori, Giovanni D’AGATA ha ritenuto opportuno porre questione di legittimità costituzionale nei ricorsi che presenterà lunedì 11 gennaio al Giudice di Pace di Lecce, ai fini dell’abrogazione della norma.

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