C’era una volta l’ ndrangheta invisibile

La vicenda della bomba ad alto potenziale esplosa davanti al Portone della Procura generale di Reggio Calabria, è un fatto significativo rispetto alla peculiarità dell' ndrangheta, che è sempre stata considerata la più “invisibile” tra le mafie nostrane.
Il recente episodio intimidatorio, è indubbiamente un segnale inquietante e rivelatore della pericolosità del fenomeno “ ndrangheta “, che mostra il suo volto criminale a tutto tondo, attraverso un attentato che non lascia dubbi sulla matrice mafiosa.
Il procuratore generale Salvatore Di Landro, calabrese, che ha speso una vita professionale in procura, dirigente, e che ha deciso di non tenere più il basso profilo nelle indagini, ha sicuramente intaccato un equilibrio che si è sempre retto grazie ad una mentalità locale, che induceva a pensare che nei processi d'appello le questioni andate storte si raddrizzano. Difronte ad una cambiamento che riguarda anche la confisca dei beni, l'organizzazione criminale dà un segnale forte di ribellione, uscendo dal silenzio che l' ha caratterizzata in tutti questi anni.
E' indubbio che la mafia negli ultimi anni abbia fatto notevoli progressi in senso qualitativo rispetto al raggiungimento di alti livelli di aperta criminalità, potenza economico-finanziaria, grazie anche all'inquinamento di settori della vita politica italiana., che ha permesso una spaventosa crescita sul mercato internazionale della droga.
Anche se la matrice storica e geografica della mafia calabrese appare diversa da quella siciliana, presenta rispetto a questa dei caratteri di notevole affinità, e di isomorfismo crescente. Nella zona jonica, dove il substrato sociale è sempre stato caratterizzato da lotte sociali e ribellioni popolari, il potere capillare della mafia, si è spesso intrecciato, confondendosi istrionicamente con forme di rivendicazione antistatale, attraverso espressioni populistiche che invece non fanno parte della tradizione e della realtà della mafia siciliana, tantomeno in quella calabrese della zona tirrenica. Do-
ve invece si è mantenuta aderente agli interessi delle classi dominanti, del ceto medio, dei commercianti, liberi professionisti e medi propietari terrieri. Ciò non toglie che la mafia calabrese abbia raggiunto un livello di pericolosità, nonché di sviluppo, pari a quella siciliana.
Si tratta di una regione, in cui province e comuni sono diventati terreno fertile e privilegiato dalla mafia, a causa di un sistema economico privo di grandi strutture industriali, con scarse risorse nel campo dell' agricoltura. Con il terziario, il turismo e l'edilizia, come unico sbocco. I comuni sono fonti di erogazioni di denaro pubblico e pertanto attraggono la mafia, che si dispone al governo del territorio.
Secondo i documenti della Commissione di inchiesta sulla mafia, del 1982 presieduta dall' on. Abdon Alinovi, dopo gli omicidi in Sicilia di Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti Carraro, risulta evidente che la mafia calabrese si è da tempo diffusa all'interno delle amministrazioni locali e nei vari enti pubblici ( Asl, asili, orfanotrofi, ospedali, uffici di collocamento, istituti autonomi di case popolari), e che essendosi infiltrata in modo capillare nel tessuto amministrativo, ha conquistato postazioni anche nelle banche, soprattutto in quelle piccole, negli enti di riforma, sviluppo agricolo, consorzi di bonifica, aree di sviluppo industriale. Da qui i vari omicidi e atti intimidatori peculiari della mafia calabrese, che in tempi recenti hanno avuto come vittime amministratori pubblici.
La caratteristica della mafia calabrese è il taglieggiamento nei confronti di professionisti, imprenditori, sequestro di persona a scopo di estorsione. Si pensi che il taglieggiamento ha raggiunto un tale livello, che può dirsi che quasi tutti coloro che sono precettori di redditi medio-alti, vi sono sicuramente esposti, cosa che comporta notevoli problemi per la convivenza civile e per le relazioni economiche. La graduatoria dei sequestri di persona vede la Calabria al primo posto a partire dalla fine degli anni '60, ed è fatto reso noto più volte nel corso degli anni che gli ostaggi sequestrati in zone dell'Italia centrale e settentrionale vengono tenuti prigionieri nell' Aspromonte.
Anche nell'economia la mafia calabrese è al pari di quella siciliana, non trascura nemmeno il controllo sulle campagne e sui mercati. Inoltre ha modificato il rapporto con la politica, sostituendo il tradizionale meccanismo di delega, in base al quale la “società criminale” era subordinata al potere del notabilato locale a cui si chiedevano i “favori”, con un sistema di rappresentanza diretta che vede esponenti della mafia inseriti in molti consigli elettivi.
E' peculiare dell' ndrangheta un elevato tasso di violenza, testimoniato da numerosi omicidi degli abitanti, né sono da meno i delitti politici, o di carabinieri, agenti di polizia, amministratori di enti locali, magistrati, e tutti coloro che si espongono con il loro impegno nella lotta contro la mafia.
Da tutto ciò ne consegue che è pericolosamente sottovalutato il fenomeno mafioso calabrese in base a un erroneo giudizio che vede nell' ndrangheta un fenomeno secondario, quasi una sorta di appendice della mafia siciliana e della camorra. In realtà in base a quanto detto, è molto alta la sua pericolosità, sia in sede locale, dove può condizionare l'economia, la pubblica amministrazione e la libertà di autodeterminazione dei cittadini, sia a livello nazionale, dove, oltre al sequestro di
persona , svolge un ruolo importante in molti settori dell' attività delinquenziale. Non a caso il Pil dell' ndrangheta è stimato 40 – 45 milioni di euro, è più grande di quello dello stato nella Regione e rappresenta il 3-4% della ricchezza nazionale, il che sta a significare che tutte le statistiche riguardanti l'economia calabrese sono falsate, visto che della enorme quantità di finanza criminale che circola, beneficiano migliaia di persone al di là della cerchia ristretta delle cosche mafiose. Ovunque l' impresa criminale attecchisca, la concorrenza, valore fondamentale dell' economia di mercato, viene stravolta, e vi è uno svuotamento della democrazia.
Appare evidente il nesso tra gli arresti di quarantanove latitanti e i beni sequestrati per più di 800 milioni, e l' ndrangheta che si sente minacciata dall'attività di magistrati che troppo spesso denigrati e insultati dalla politica, proseguono valorosamente il loro lavoro, e ricordiamolo, pagando spesso con la vita, o con una vita condizionata da misure altamente restrittive per garantirne l'incolumità.

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