Obama denuncia il partito-giornali e da sinistra un imbarazzato silenzio

“Li tratteremo come un partito d’opposizione, poiché stanno conducendo una guerra contro di noi, e non possiamo far finta di pensare che questo sia il comportamento legittimo di un organo di informazione”. “C’è una testata interamente dedita ad attaccare il mio governo”. “Non dev’essere legittimata in quanto organo di informazione” fino al punto di invitare i funzionari governativi a non rispondere alle domande di quella testata.
Stiamo parlando di un ulteriore attacco condotto dal centro destra alla libertà di informazione nel nostro Paese, già così messa in pericolo da Silvio Berlusconi?
Un’ennesima aggressione ai paladini del giornalismo libero del gruppo Repubblica-Espresso?
Non esattamente. Quelle virgolettate sono parole del Presidente Usa Barack Obama (e della sua portavoce). Parliamo insomma della più prestigiosa icona dei progressisti di tutto il mondo. E si riferiscono all’emittente televisiva Fox News, di dichiarate simpatie conservatrici.
Qualche anima bella italiana potrebbe stupirsi di sentir usare questo linguaggio proprio dal Presidente degli Stati Uniti, e potrebbe stupirsi ancora di più se sapesse che Fox News appartiene ad un magnate della stampa mondiale che si chiama Rupert Murdoch. Sì, proprio quel Murdoch che i veri democratici adorano da quando i suoi giornali inglesi sono i capifila dei continui attacchi di certa stampa internazionale contro Silvio Berlusconi (attacchi che curiosamente sono cominciati proprio quando a Sky è stato tolto il privilegio, in Italia, di pagare meno tasse dei concorrenti).
Ora ci attendiamo una bella campagna per la libertà d’informazione negli Usa. Raccolte di firme, promosse da Repubblica e – perché no – una bella manifestazione a Washington, davanti alla statua di Lincoln (come faceva Marthin Luther King). Purtroppo non avverrà nulla del genere, ci terremo i nostri intellettuali, pronti a firmare soltanto contro Silvio Berlusconi.
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Anche Obama e Zapatero contro i media che si fanno partito
Roma, 13 ott (Velino)Il presidente Obama ha qualche problema ad accettare che ci siano dei media che non lo osannano. È questa l'interpretazione che blog e commentatori di orientamento conservatore danno della “guerra” dichiarata dall'amministrazione Obama alla tv Fox News. “Li tratteremo come un partito d'opposizione, poiché stanno conducendo una guerra contro e non possiamo far finta di pensare che questo sia il comportamento legittimo di un organo d'informazione”. No, non è l'ennesimo sfogo del premier Silvio Berlusconi contro la Repubblica, né un comunicato di Paolo Bonaiuti o Sandro Bondi. Sono parole di Anita Dunn, capo uffico stampa della Casa Bianca. Fox News, ha spiegato, “agisce spesso come una divisione di ricerca o di comunicazione del partito repubblicano”, o come “un'ala del partito repubblicano” tout court. Niente a che vedere con “il modo in cui si comporta un'onesta azienda giornalistica come la CNN“. “Invece di governare, la Casa Bianca si comporta come se fosse ancora in campagna elettorale. Farebbe bene a riservare le sue energie ai temi che preoccupano gli elettori”, ha reagito il vicepresidente di Fox News, Michael Clemente, osservando che “non riesce a distinguere tra le notizie e i commenti”, questi ultimi effettivamente affidati a opinionisti conservatori come Bill O'Reilly e Glenn Beck. In ogni caso, ha fatto notare uno dei dirigenti, Bill Shine, “ogni volta che ci attaccano, i nostri rating vanno su”. E in effetti gli ascolti di Fox News sono ormai stabilmente al di sopra di quelli di CNN e la scorsa settimana hanno fatto registrare nuovi record.

Il livello dello scontro tra il presidente Obama e Fox News è giunto quindi ai massimi, ma la palese ostilità reciproca risale ai tempi della campagna elettorale. “C'è una stazione televisiva interamente dedita ad attaccare la mia amministrazione, se la guardate per un giorno sarà difficile che troviate una sola storia positiva su di me”, lamentava il presidente poche settimane dopo essere entrato in carica. Obama ha quindi deciso di passare alla controffensiva, limitando le interviste dei funzionari governativi a Fox News e le domande dei suoi giornalisti durante le conferenze stampa. Fino all'episodio del mese scorso, quando Fox News fu l'unica emittente tv esclusa dalle cinque interviste domenicali che il presidente concesse per spiegare il suo progetto di riforma sanitaria. Una rappresaglia, più di qualcuno ha pensato, per la decisione dell'emittente di non trasmettere in “prime time” gli ultimi discorsi del presidente alla nazione.

L'accusa rivolta a Fox News di essere in sostanza una “tv-partito” non può non richiamare alla mente di noi italiani l'accusa rivolta a la Repubblica di essere un “giornale-partito”. Obama con Fox News come Berlusconi con la Repubblica, dunque? Naturalmente il caso americano presenta alcune notevoli differenze rispetto a quello italiano. Fox News è un unicum nel panorama televisivo e giornalistico americano, essendo gli altri grandi network e la maggior parte degli organi di stampa “mainstream” di orientamento liberal e “amichevoli” nei confronti del presidente Obama. Quella di Fox News, inoltre, è un'opposizione sì radicale, ma informata e documentata. La rete conduce campagne popolari e martellanti, ma nel merito delle politiche del presidente, come quella contro la riforma sanitaria, ricche di approfondimenti e servizi, dando spazio a esponenti democratici incalzati senza sconti. Il ricorso allo strumento televisivo nei primi otto mesi di mandato da parte del presidente Obama per comunicare direttamente con gli americani non ha precedenti, a tal punto che sul tema si è acceso un dibattito politico: dai discorsi alla nazione in prima serata, sia alla tv che alla radio, alle presenze in famosi talk show come il “Late Show” con David Letterman e il “Jay Leno Show”, fino alle cinque interviste del mese scorso per i network televisivi più importanti sulla riforma sanitaria, nessuno degli ultimi presidenti è mai comparso in video quanto Obama. D'altra parte, in Italia Berlusconi è proprietario di un grande gruppo mediatico ed esiste una tv pubblica controllata per due terzi dalla maggioranza e per un terzo dall'opposizione.

Quello dell'informazione, della cura di ogni dettaglio per beneficiare di una buona copertura mediatica, è un vero e proprio “pallino” del presidente Obama, da sempre attentissimo al controllo del suo messaggio. Ed è singolare che proprio da un presidente “cool” e moderno come Obama sia arrivato nelle settimane scorse un duro atto d'accusa nei confronti dei blog e una difesa a spada tratta, invece, della cara vecchia stampa. Ai giornali americani in difficoltà il presidente ha persino promesso lo stesso tipo di aiuti che hanno salvato le banche, appoggiando il “Newspaper Revitalization Act” proposto dal senatore democratico Ben Cardin, mentre si è detto “molto preoccupato per il tipo di informazione che circola nella blogosfera, dove si trova ogni sorta di informazioni e opinioni senza che vengano verificate, con il risultato di portare gli uni a gridare contro gli altri, rendendo più difficile la comprensione reciproca”. Se la riforma della sanità si è incagliata, pensano in molti alla Casa Bianca, la colpa è anche dei “blogger” vicini ai repubblicani, da sempre molto attivi e seguiti, che hanno riempito il web di “falsità”. Ma d'altra parte il suo predecessore, George W. Bush, ha dovuto convivere per otto anni con un accanimento contro di lui da parte dei blog di sinistra certamente non meno feroce.

Nei giorni scorsi anche il premier spagnolo, il socialista Josè Luis Zapatero, è entrato in “guerra” con il principale quotidiano di sinistra, El País, accusandolo di “mettere in atto un vero e proprio ricatto” contro di lui, al fine di fargli perdere il consenso popolare e di far cadere il governo. Il premier ha puntato il dito contro il gruppo editoriale di El País (Grupo Prisa) e contro i vecchi esponenti del suo partito, il Psoe, da sempre suoi nemici. “Chiunque voglia comandare in Spagna si presenti alle prossime elezioni”, ha intimato lasciando intendere l'esistenza di una trama politica volta a far cadere il governo. Gli ingredienti sembrano anche in Spagna sempre gli stessi: un grande gruppo editoriale con forti interessi economici e politici entrati in conflitto con la politica di Zapatero. Una situazione esplosiva ben descritta nei giorni scorsi dal quotidiano online L'Occidentale: nell'aprile di quest'anno il governo spagnolo, varando la “Ley de Audiovisuales” ha dovuto cedere alle richieste del Grupo Prisa, rimandando la legge sul TDT (il digitale terrestre). “Prisa, il maggior colosso della comunicazione – che, insieme a diversi quotidiani tra cui El País, controlla vari canali televisivi, i maggiori canali radio e grandi collane editoriali del Paese – dalla fine degli anni '80 (e grazie ad una legge ad hoc varata dal governo socialista di González) aveva l'unica licenza per realizzare la televisione satellitare a pagamento, il Digital+. Dopo numerosi richiami da parte degli organi comunitari, quest'anno il governo Zapatero ha dovuto avviare una riforma per l'accesso alla rete digitale terrestre, colpendo gli interessi di Sogecable, la filiale televisiva di Prisa, che fino ad allora si trovava in una comoda situazione di monopolio. Negli ultimi tre anni, Sogecable ha perso i diritti televisivi delle partite di calcio giocate dei maggiori club spagnoli contribuendo a mandare in crisi l'azienda, a creare un buco finanziario di oltre 5 miliardi e a far crollare il valore delle sue azioni del l'80 per cento”.

Il rinvio della legge sul Tdt aveva avuto come unico obiettivo quello di favorire la vendita di Digital+ alle migliori condizioni, o almeno di chiudere un'intesa con la principale concorrente Mediapro per la condivisione dei diritti, prima che venisse liberalizzata la piattaforma digitale. Pur essendo anch'esso vicino ai socialisti, il gruppo Mediapro ha messo fine al monopolio di Prisa come unica offerta mediatica di orientamento progressista e socialista. Ma “ad agosto di quest'anno – prosegue L'Occidentale – le prospettive di vendita dei canali del gruppo Prisa non si sono concretizzate e, per di più, Sogecable ha perso i diritti di trasmissione degli incontri della Uefa Champions League (per un giro d'affari di oltre 5 miliardi di euro) che ora sono in mano a Mediapro“. Proprio ad agosto il governo Zapatero ha varato con un decreto d'urgenza la legge per liberalizzare il digitale terrestre. E “non è neanche un caso se, sempre ad agosto, l'attacco di El País ha iniziato ad inasprirsi, arrivando ad accusare il premier spagnolo di 'governare per capriccio' e insinuando che all'interno del Psoe molti esponenti non appoggino più il leader del partito”. Ma secondo un sondaggio di El Mundo, sembra che gli spagnoli in grande maggioranza – come gli italiani – diano ragione al loro premier, forse accorgendosi che talvolta dietro la difesa della libertà di stampa da parte di alcuni grandi gruppi si nascondono interessi ben più materiali.

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Il dibattito al Parlamento europeo
sulla libertà di informazione in Italia
SILVESTRIS
Guarda il video dell'intervento del nostro europarlamentare sulla libertà d'informazione
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Il Giornale
L'EUROPROTESTA DIPIETRISTA? UNA WATERLOO
Libero
L'EUROPA NON CREDE ALLA STAMPA MINACCIATA

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