ANCHE QUESTA E’ STORIA. SINFONIA DI UNO SCHIAFFO

di Filippo Giannini

Voglio inizialmente osservare, cosa che non è potuta sfuggire ad un serio studioso, che un’analisi seria sulla obiettiva disamina del complesso ruolo del Ventennio mussoliniano deve necessariamente iniziare da zero.
Da alcuni mesi vivo lontano dall’Italia, ma da qui ricevo via TV (“Tele Radio Buffonia”) alcune trasmissioni che, generalmente, evito di vedere perche’ inevitabilmente mi procurano il mal di fegato. Uno di questi casi l’ho accusato nel vedere una trasmissione di Porta a Porta di un giorno del febbraio scorso, e il tema era lo schiaffo ricevuto da Toscanini nel lontano 1927 da un imbecille in Camicia nera. E questo ha dato modo ad una esibizione di baillard di menzogne e di fatti completamente falsati o esagerati.
D’altra parte e’ una regola che nel parlare del Ventennio la demonizzazione e’ d’obbligo, obbligo che e’ stato imposto dalle Potenze vincitrici del 2° conflitto mondiale. Pensate che nel Trattato di Pace del 1947 quelle Potenze hanno imposto (mi pare che sia nell’articolo 17) che qualsiasi rinascita del Partito fascista e’ tassativamente proibito. Una persona di media intelligenza dovrebbe chiedersi il perche’ grandi democrazie come erano o sono, o fanno finta di essere, la Gran Bretagna e gli Usa possano temere la rinascita o la ri-costituzione di un partito in un Paese che non e’ il loro.
Benito Mussolini in uno dei suoi ultimi giorni di vita disse: . E questo e’ il motivo per cui il Fascismo deve essere seppellito e non piu’ riproposto. Quelle idee hanno spaventato il mondo; certamente il mondo dell’alta finanza, dei grandi industriali, del capitalismo, quel mondo che per distruggere quelle idee mobilitarono il piu’ grande apparato militare e industriale che il mondo avesse mai visto prima. Mussolini aveva concepito un socialismo che non aveva bisogno di Karl Marx, un socialismo dal volto umano, l’unico socialismo fattibile. aveva scritto Berto Ricci . Purtroppo per “Noi”, ma per fortuna di Vespa e Compagnia, ha vinto la “civilta’ del denaro”, e ci ha portato una “mixture” (termine americano, ma che fa tanto moda) di catto-comunismo e di camorra capitalista e antifascista.
Allora da piu’ di sessant’anni ogni menzogna e’ stata versata, giornalmente, ora per ora, su quell’Uomo e su quelle idee. Il signor Bruno Vespa e Compagnia hanno ben messo in atto quanto fu stabilito a Cracovia nel 1848 quando il Congresso giudaico decretava che con la conquista della stampa e, quindi dell’informazione il mondo sarebbe stato di loro proprieta’. Non e’ difficile, per il signor Bruno Vespa e Compagnia, viaggiando tutt’ora sulle baionette dei vincitori, trasformare il Fascismo per quello che non fu, tacendo, infece, quello che realmente era stato. Si trattava solo, giorno per giorno, ora per ora, parlare e straparlare di quel fenomeno e trasformarlo in male assoluto. E’ stato sufficiente enunciare tanti sproloqui evitando di far partecipare qualsiasi persona che potesse esclamare: Ma che diamine dite!?
Con questo spirito mi son messo a scrivere questo articolo per il mio giornale, non davvero per confutare quanto quella trasmissione puo’ aver influito su milioni di persone, ma per mia necessita’ fisiologica, pur nella convinzione che anche se questo pezzo potra’ esser letto da poche migliaia di lettori, il mio obiettivo e’ stato raggiunto.
E veniamo allo “schiaffo”.
Nella nostra attività quotidiana quante volte abbiamo incontrato persone che si lamentano per la corruzione o per l’incapacità di chi ci amministra? Ma al momento che prospettiamo loro che ci fu un periodo nel quale corrotti e ladri erano messi in galera e gli incapaci erano accantonati, con chiaro riferimento al “famigerato” Ventennio, il nostro interlocutore, il più delle volte, ha un moto di reazione più violento che se gli prospettassimo Belzebù. Altre persone rispondono che è cosa passata, un’epoca superata e, in ogni caso, non più ripetibile. Questi ultimi sono i più vicini alla realtà, ma non sanno che “quel” periodo ci ha lasciato in eredità il progetto di uno Stato, di una società più giusta. Il punto è questo: gli “sfascisti” non ci permettono di propagandare questo progetto in quanto gli “sfascisti”, appunto, in questo letamaio ci sguazzano, arricchendosi di prebende e di miliardi. Per difendere questi privilegi dipingono gli autori di quel progetto come esseri del (Rocco Bottiglione, Gianfranco Fini e compari) e, di conseguenza, continuano, potendo gestire a loro piacimento di ogni organo d’informazione, a dipingere il Fascismo per quello che non è stato, obliando quel che, invece, fu.
Ho sempre sostenuto che per avere una speranza di affermare le nostre idee (Corporativismo sì, Corporativismo no, Socializzazione certamente), dobbiamo vincere prima la nostra battaglia della Storia.
Questa ampia premessa, per denunciare, una volta ancora, le menzogne e le ben congegnate falsificazioni della nostra Storia, le une e le altre tese a demonizzare un periodo per i motivi poco sopra menzionati. E mi riferisco a due episodi lanciati via TV, così da continuare ad ingannare milioni di italiani.
Il primo: anniversario del gangsteristico bombardamento di Roma. Il commentatore ci ha fatto sapere che quando Mussolini andò a visitare i luoghi dell’attacco . Si deve riconoscere che questi “storici sfascisti” hanno una fantasia hollywoodiana. E vediamo come si svolsero i fatti secondo le versioni di chi era sul posto. Scrive Bruno Spampanato, allora direttore de “Il Messaggero” (“Contromemoriale”, pag. 298): . Oppure la testimonianza di un vero storico, Duilio Susmel (“I dieci mesi terribili”, pag. 355): . Tutto sembra collimare con i ricordi di Mussolini stesso, come si evince dalle sue memorie “Storia di un anno”, rammentando la sua visita all’Università (là dove più si accanirono i “liberatori”) quel 20 luglio 1943: . Quindi nessun sasso, salvo che gli autori di questa ennesima bufola non si riferiscano al “fischio del sasso del ragazzo di Portoria” (per chi non sapesse, dal canto dei “Balilla”, di cui ho tanta, ma tanta nostalgia)>.
Il secondo episodio, ricchissimo di menzogne e di verità artatamente falsate, è stato partorito in TV, sempre nel canale sopra indicato e riguarda la trasmissione “Il Maestro e il Dittatore”, il “Maestro” era Toscanini, e il “Dittatore”, neanche a dirlo ….
Elencare le bufole distribuite a piene mani, come sempre, richiederebbe pagine e pagine di smentite e correzioni, ma, essendo nell’impossibilità di poter amministrare tanto spazio, cerco di condensare. Ovviamente la trasmissione ha fatto perno sul famoso schiaffo che un imbecille in camicia nera dette al grande maestro. Specifico e ripeto, imbecille; d’altra parte d’imbecilli di “sfascisti” ce ne hanno propinati così tanti che è compatibile anche l’esistenza di un imbecille in camicia nera.
Per prima cosa si deve ricordare che Arturo Toscanini era un “fascista della prima ora” (come si usava dire), tanto che si presentò alle elezioni del 1919 candidato nei Fasci di Combattimento al secondo posto, immediatamente dietro al nome di Benito Mussolini. I rapporti fra il Maestro e il Duce furono sempre improntati alla più schietta stima l’uno per l’altro. Ecco, ad esempio, un fatto poco noto: dall’estero, dove si era recato nei primi anni Trenta per dirigere, Toscanini inviò un telegramma a Mussolini chiedendo che intervenisse a favore di un amico che rischiava di essere licenziato dal “Corriere”. Il telegramma terminava con queste parole: <(…) con immutabile devozione e affetto. Toscanini>. Il Duce rispose: .
Superfluo dire che di tutto questo nella ingannevole trasmissione curata sempre da Vespa e Compagnia, non si fa menzione, né si ricorda che il grande Maestro si rifiutò, fascisticamente, di firmare, nel 1925, dopo il delitto Matteotti, il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” ispirato da Benedetto Croce.
Poi entrò in scena, ad interrompere questa amicizia, l’imbecillità, come ho poco sopra ricordato. Il 14 maggio 1931, al Comunale di Bologna, al Maestro, nel momento di salire sul podio, fu richiesto di intonare la “Marcia Reale” (non “Giovinezza” come si sostiene, anche se la cosa non cambia la gravità del fatto) e vediamo come si svolsero i fatti. Nella vergognosa gazzarra che seguì “qualcuno” – ancora oggi non ben identificato – colpì Toscanini al volto. Attesta il giornalista Franco Monaco che Toscanini . Il pubblico protestò e questo fece intervenire un dirigente del teatro, ma il Maestro . Questa fu la causa del riprovevole incidente.
Scrive lo storico Luciano Bergonzini (“Lo schiaffo di Toscanini”): . Alla fine Arpinati, anche se non colpevole, pagò per tutti: poco dopo il famoso schiaffo fu espulso dal Partito e isolato nella casa di campagna di Argelato, dove, nel 1945, venne assassinato dai partigiani.
Poco prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale, Toscanini fu libero di trasferirsi negli Stati Uniti dove, nonostante che questi fossero in guerra contro l’Italia, mai si rifiutò di dirigere la marcia militare statunitense “The stars and strips for ever”.
Certamente fu un inimitabile Direttore d’orchestra, ma, a mio modo di vedere non un “maestro di vita”, e i motivi di questo giudizio vengono citati da Mussolini in una nota della “Corrispondenza Repubblicana” del 23 aprile 1944, nella quale si legge: Toscanini dirigerà, e dalla sua magica bacchetta sorgeranno nuovi lutti e rovine per l’Italia; il pubblico di Nuova York applaudirà e non sapremo quanti applausi andranno alla musica e quanti ai lutti e alle rovine destinati all’Italia. Toscanini scenderà dal suo podio e andrà a riposare, dopo la sublime fatica, e gli allori sui quali si adagerà la sua illustre canizie, saranno ricchi di un’altra foglia, questa volta non più verde ma rossa di innocente sangue italiano. Bravo Toscanini! Una vita così gloriosa non poteva che concludersi con una pagina di questo genere (…)>.
E’superfluo aggiungere che di tutto questo non una parola è stata spesa dagli “storici” della TV.

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