I Tremonti bond

La recessione in atto miete vittime: si perdono posti di lavoro, si fermano i consumi, l’industria automobilistica sta attraversando un periodo di crisi profonda, il sistema creditizio è colpito pesantemente dallo tsunami economico che spazza via tutto.
Per quanto riguarda il settore bancario, origine di questa crisi finanziaria che ha inizio negli Stati Uniti con la concessione da parte degli istituti di credito dei mutui sub prime(mutui facili, concessi cioè senza l’esistenza di adeguate garanzie) ai mutuatari, i governi europei stanno cercando terapie adeguate per “guarire” questo settore.
Alcuni Paesi ritengono giusto nazionalizzare le banche in Italia, invece il governo, in particolare il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il più interessato al problema, ha proposto l’emissione dei Tremonti bond per dare un sostegno al settore creditizio oggi in difficoltà.
Si tratta di obbligazioni che saranno emesse dal Tesoro a favore degli istituti di credito.
I regolamenti attuativi, dopo il disco verde dell’Unione Europea, sono stati oggetto di esame da parte della Banca d’Italia.
Una volta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il pacchetto messo a punto dal governo sarà ufficialmente operativo, quindi a disposizione delle banche che volessero ricorrere a questo strumento.
L’ aiuto offerto dal governo al settore bancario è consistente: la cifra erogata ammonta infatti a 10 – 12 miliardi di euro.
Le richieste, per ora informali, sono già pervenute sia al ministero dell’Economia che a palazzo Chigi, da parte delle banche interessate.
Del resto, non erano mancate dichiarazioni pubbliche a favore delle obbligazioni emesse dal Tesoro.
Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, aveva detto che la banca, da lui guidata, non escludeva un possibile sostegno da parte dello Stato.
Anche Giovanni Bazoli, presidente di Intesa – San Paolo, si era detto interessato al provvedimento di sostegno al settore del credito, ideato dall’esecutivo.
In effetti, i messaggi di attenzione arrivati al governo sui Tremonti bond sono proprio partiti dai gruppi che rappresentano il 70 – 80% del sistema creditizio italiano.
Non solo quindi Unicredit e Intesa ma anche Monte dei Paschi e Banco Popolare hanno manifestato il loro interesse a queste particolari obbligazioni.
Le banche, se decideranno di alzare il proprio patrimonio con i soldi pubblici sottoscrivendo i Tremonti bond, dovranno sottostare ad alcuni impegni sociali.
Questi impegni sociali sono: un codice etico che tenga sotto controllo le retribuzioni dei manager, l’impegno a mantenere immutato il livello dei prestiti alle imprese, il sostegno alle piccole e medie imprese e la sospensione della rata del mutuo per un anno per chi è in cassa integrazione o riceve il sussidio di disoccupazione.
Nei decreti attuativi c’è la disponibilità del governo a sottoscrivere obbligazioni delle banche, particolarmente rischiose, ad un interesse definito: 7,5 – 8,5% annuo per i primi quattro anni.
Interesse che crescerà se il prestito non dovesse essere rimborsato entro questo lasso di tempo.
Per poter essere conteggiati come patrimonio e non come debito questi strumenti non hanno una scadenza tassativa, ma allo scadere di date definite cambiano le loro condizioni che diventano via
via più onerose per il debitore.
Tremonti ha però precisato che il governo li considera più un aiuto agli operatori economici che alle banche affermando che: non sono per le banche ma passano attraverso le banche per arrivare alle imprese e evitare la perdita di posti di lavoro.

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