Novità  in materia di intercettazioni telefoniche

Il governo ha presentato recentemente un disegno di legge di riforma delle norme in materia di intercettazioni telefoniche. Qualora il provvedimento dovesse essere approvato dal Parlamento senza modifiche sarà molto più difficile per i pubblici ministeri controllare la movimentazione telefonica di un soggetto.
Il tema è di scottante attualità soprattutto attualmente con il grande risalto mediatico dato alla scoperta dell’archivio Genchi, il consulente informatico dell’ex pm De Magistris, che avrebbe spiato ben 390000 persone detenendo oltre 1000 tabulati telefonici.
Fino ad oggi, e cioè prima dell’emanazione dell’articolato normativo contrassegnato da un’impronta restrittiva, erano sufficienti gravi indizi di reato per mettere sotto controllo un’utenza telefonica. Se il provvedimento dovesse superare il vaglio dell’esame delle aule parlamentari indenne da emendamenti modificativi, saranno necessari gravi indizi di colpevolezza.
Altri punti qualificanti della riforma attengono l’abbassamento da dieci(termine previsto nella prima stesura del disegno di legge del 3 giugno 2008) a cinque anni di pena edittale per poter intercettare, termine questo ultimo previsto dalle attuali norme del codice di procedura penale disciplinanti la materia.
Il rappresentante della pubblica accusa dovrà presentare istanza di intercettazione a tre giudici e non più a uno soltanto.
Il governo inoltre prevede un tetto insuperabile agli ascolti, che prima di questo intervento legislativo potevano durare più a lungo, 45 giorni che potranno prorogarsi non oltre 60 giorni qualora siano emersi nuovi elementi.
Solo per i crimini più gravi(mafia e terrorismo) saranno sufficienti indizi di reato per poter piazzare una microspia.
La riforma interviene anche sulle indagini contro ignoti, cioè quelle che non hanno un indagato, in questo caso l’intercettazione dovrà essere richiesta dalla persona offesa dal reato; sarà possibile ottenere così i tabulati telefonici al fine della identificazione dei soggetti presenti sul luogo del reato o nelle immediate vicinanze di esso.
L’opposizione preannuncia battaglia in Parlamento affermando che queste norme limitano in maniera grave le investigazioni, per cui il voto contrario al testo presentato dall’esecutivo è più che scontato.
E’ probabile invece che i centristi di Casini, anche loro all’opposizione, possano astenersi al momento del voto per il fatto che l’Udc vede recepiti nel testo governativo due suoi emendamenti che prevedono un tetto di spesa per le attività di ascolto e l’obbligo in caso di verifica di una fuga di notizie che sia un’altra procura ad indagare.
E’ previsto inoltre l’obbligo di abbandonare l’inchiesta giudiziaria per il pubblico ministero che rilascia dichiarazioni, il divieto di scrivere il nome di chi conduce le indagini, il divieto delle riprese televisive nelle aule di giustizia se non vi è il consenso delle parti in causa e la previsione che le spese sostenute per le attività di intercettazione siano inviate e monitorate dalla magistratura contabile ( Corte dei conti).
Per i giornalisti è previsto il carcere fino a 30 giorni o una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di 5000 euro se si divulgano documenti riservati, e da 2000 a 10000 euro nel caso in cui i cronisti rendano pubblici gli ascolti telefonici.
Giudizio critico è stato espresso anche dall’Associazione nazionale magistrati che vede nelle future norme che disciplineranno le intercettazioni telefoniche il vanificarsi di un fondamentale e insostituibile strumento investigativo.

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