Autonomie territoriali: decentramento e prospettive evolutive

di Antonio Di Giovanni

Si è molto parlato, in tempi recenti, di decentramento amministrativo e di Comuni metropolitani. Già nel 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione Repubblicana, si era imposto alle istituzioni territoriali una riorganizzazione amministrativa e funzionale. In questa direzione si pone il testo di modifica del titolo V della Costituzione, che ha come obiettivo dichiarato quello di ridefinire, in modo radicale e incisivo, il rapporto tra Stato e Regioni e tra queste e gli enti locali, sopprimendo o modificando quelle disposizioni in cui è rinvenibile un’impronta statalista. A tale scopo, la riforma costituzionale della potestà normativa regionale completerà il percorso inaugurato con l’introduzione, nel nostro ordinamento giuridico, di quel principio di sussidiarietà mirante ad una decisa inversione di tendenza nei rapporti tra ‘centro’ e ‘periferia’. Tale principio, che deriva dall’ordinamento dell’Unione europea, così come previsto dalla legge n. 59 del 1997 (la cosiddetta ‘legge Bassanini’), ha infatti già realizzato un’attribuzione dei compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica alla struttura più vicina ai soggetti governati, lasciando alle strutture sovraordinate soltanto quelle funzioni che, per loro natura, non possono essere svolte da soggetti istituzionali diversi dallo Stato. Il passo decisivo che verrà reso operativo dalla riforma costituzionale sarà dunque quello di attuare tale principio, anche al livello delle competenze legislative. Proprio dall’articolo 114 del titolo V della Costituzione può infatti ripartire il lungo e complesso cammino delle riforme amministrative. E, per la prima volta, si parla di città metropolitane. Non a caso, sempre nello stesso Titolo V, viene infatti oggi stabilito che Comuni, Provincie, Città metropolitane e Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni. Ovviamente, il costituente ha voluto con ciò puntare a garantire una migliore governabilità del territorio, unita ad una forte flessibilità amministrativa, assicurando ai cittadini servizi sempre più rapidi ed efficienti. Tutte le componenti istituzionali stanno lavorando congiuntamente nel tracciare un percorso condiviso verso un miglioramento della gestione e della tanto auspicata semplificazione amministrativa a 360 gradi. Questa riforma assume un importante valore strategico: strutturare tutte le aree cittadine in un sistema di sviluppo territoriale costituirà un passaggio determinante per rendere le città e le loro provincie delle metropoli moderne, in grado di competere con le altre capitali del mondo. L’area metropolitana, inoltre, rivestirà un’importanza basilare sui comuni della provincia, affinché essi diano risposte rapide a fenomeni quali l’espandersi incontrollato delle periferie, l’aumento del pendolarismo e tutte le problematiche inerenti alla sicurezza e alla viabilità. Il riordino porterà, con la nuova autonomia, non solo ad una fortificazione delle istituzioni locali, ma anche ad una notevole riduzione dei costi delle amministrazioni, che nell’attuale ordinamento vedono un’onerosa sovrapposizione di funzioni e di competenze. Soprattutto, consentirà alle stesse amministrazioni di riorganizzarsi al loro interno cosi da poter dar vita ad un semplificazione strutturale tale da renderle snelle ed efficienti nel dare risposte alla cittadinanza. Con questa riforma insomma, nasce una nuova entità amministrativa, capace di coordinare e accelerare lo sviluppo delle aree metropolitane portando nuove ricchezze e nuovi investimenti che si tradurranno nel miglioramento e nell’innovamento della logistica, della mobilità, delle attività produttive, della sicurezza e dell’aspetto socio – economico. In particolar modo sotto l’aspetto dell’emergenza abitativa, che in questo nuovo assetto troverà soluzioni su scala metropolitana, offrendo all’intero sistema territoriale una competitività maggiore. Questa nuova prospettiva diventerà ancora più considerevole se si pensa al concretizzarsi dell’imminente federalismo, che subordinerà i livelli di benessere delle comunità alla reale capacità del territorio di produrre ricchezza.

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