Homo athenaeus

Di Joanna Kleftojanni

Maurizio De Rosa, lo studioso di letteratura greca nato a Milano nel 1971, si potrebbe definire un piccolo ministero agli scambi culturali tra l’Italia e la Grecia.
Laureato in Filologia greca classica presso l’Università Statale di Milano, ha visitato per la prima volta la Grecia nel 1992 per frequentare un corso di lingua e letteratura greca moderna con una borsa dell’Istituto di studi balcanici di Salonicco e in seguito con una borsa dell’università “Capodistria” di Atene. Da allora traduce in modo sistematico le opere della letteratura greca contemporanea in italiano e poiché vive in Grecia, segue con attenzione i fenomeni e i fermenti culturali del suo Paese di adozione. A partire dal primo libro, E con la luce del lupo ritornano di Zyranna Zateli, tradotto nel 1998 e uscito nel 1999, fino a oggi, ha curato la traduzione di una quarantina di opere di tutti i maggiori autori greci contemporanei, soprattutto prosatori. Nel contempo, è membro dell’Associazione italiana di studi neogreci, ha collaborato alla stesura del Lessico della letteratura greca dell’Editore Patakis e l’anno scorso è stato candidato al Premio nazionale ellenico della traduzione per il romanzo L’interrogatorio di Aris Alexandru. In cantiere ha “molti progetti, il più importante dei quali un’antologia del racconto greco contemporaneo”, racconta.
Quando ha scoperto di amare la Grecia? A quando risale il suo primo contatto con la sua letteratura?
“Il primo testo greco che abbia mai letto in vita mia è stato una poesia di Saffo, in prima o in seconda elementare. Era compresa nel mio libro di lettura e naturalmente l’ho letta in italiano. Ero rimasto affascinato dal fatto che in un Paese chiamato Grecia le donne hanno nomi con la desinenza in ‘o’, che in italiano, di solito, è propria dei nomi maschili. Per il mio animo di bambino quella fu la scoperta dell’Altro, fors’anche del concetto di relativismo: ecco che una cosa così bella come quella poesia poteva provenire da un mondo così diverso che i nomi delle donne finiscono in ‘o’”.
È lei che sceglie le opere da tradurre?
Purtroppo, meno spesso di quanto desidererei. Ma sono sicuro che questo accade anche ad altri traduttori.
Quindi le è capitato di tradurre anche autori che non apprezzava?
Mi accade difficilmente di non apprezzare un traduttore. Soltanto il fatto di mettersi a nudo pubblicando un libro è per me una buona ragione per stimare uno scrittore, qualsiasi scrittore.
Quali sono le difficoltà maggiori del tradurre?
“Il traduttore è un interprete e in quanto tale si trova sempre sul filo del rasoio. E come nel calcio i successi appartengono alla squadra e gli insuccessi all’allenatore, nella traduzione i primi appartengono allo scrittore mentre i secondi appartengono al traduttore. D’altro canto giudico in modo positivo il fatto che ormai a occuparsi di traduzione dal greco in italiano sono quasi esclusivamente professionisti e che l’epoca dei traduttori appassionati ancorché incapaci sia finita per sempre”.
Quali sono le tappe del suo lavoro? Ha mai temuto di tradire un autore? Collabora con gli autori in fase di traduzione?
“Il pericolo del tradimento è sempre presente. D’altro canto, non esiste testo più effimero di una traduzione. Di uno stesso originale esistono tante versioni quanti sono i traduttori mentre ogni epoca ha bisogno delle sue traduzioni. Ecco perché il traduttore deve approcciarsi a un testo con rispetto, con modestia, con elevato senso del pericolo ma anche con profonda fiducia in se stesso. Mai mostrarsi timorosi di fronte a un testo! Quanto alla collaborazione con gli autori, me ne avvalgo soltanto se lo ritengo indispensabile al fine di una migliore comprensione e quindi resa in italiano del testo. Si tratta sicuramente di uno degli aspetti più affascinanti del mio lavoro”.
Pensa che si possa ancora parlare di “generazioni” letterarie?
“«Le esperienze, la storia personale, le convinzioni politiche, i punti di riferimento, la provenienza sociale e il vissuto di ciascun autore, in Grecia come in Italia e anche altrove, divergono a tal segno che ormai parlare di generazioni letterarie ha un senso esclusivamente anagrafico. Se esiste un minimo comune denominatore tra personalità così diverse, si tratta forse della libertà di scelta, virtuale o effettiva non è questa la sede per discuterne, dei ritmi frenetici che constraddistinguono la vita moderna e della facilità di accesso all’informazione ma anche al mondo editoriale e letterario, fino a non molto tempo fa trincerato in una torre d’avorio »”.
Perché ha scelto di stabilirsi in Grecia?
“«Se l’Italia è il luogo in cui sono nato, la Grecia è il luogo in cui sono diventato adulto e ho appreso il senso della responsabilità personale. Decisivo è stato il mio amore profondo per la lingua greca, al punto che ormai mi sono trasformato… in un perfetto esemplare di homo athenaeus. È difficile che mi allontani dal triangolo Exarchia-Omonia–Κolonaki »”.
Quale scrittore le ha dato più filo da torcere?
“«Aris Alexandru, autore dell’Interrogatorio (edizioni Crocetti), Ioanna Karistiani, autrice di L’isola dei gelsomini (edizioni Crocetti), Vestito in terra (Crocetti Editore), Il santo della solitudine (edizioni e/o) e Le catene del mare (edizioni e/o) e Konstantinos Tzamiotis, autore di L’amore morale (edizioni Effigie) »”.
Quale scrittore greco ha fatto breccia nel cuore dei lettori italiani? Di solito, quale genere di letteratura gode di maggior successo in Italia?
“«Soltanto da una decina d’anni la letteratura greca viene tradotta sistematicamente in italiano e questo grazie soprattutto agli sforzi generosi del pioniere Nicola Crocetti. Dieci anni dopo, Petros Màrkaris, Ioanna Karistiani, Pavlos Màtesis e Zyranna Zateli sono riusciti a conquistarsi l’amore del pubblico e la stima della critica. Quanto alle preferenze dei lettori italiani, non sono molto diverse da quelle del medio lettore europeo. Voglio aggiungere peraltro che mi addolora il fatto che la Grecia si occupa dell’Italia più di quanto l’Italia si occupi della Grecia. Forse questo aveva un senso in passato, ma adesso, credo, non sarebbe male se l’Italia desse ogni tanto un’occhiata verso oriente »”.

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