La “Centralità  dello Studente” nella Scuola dell’Autonomia

Una sperimentazione concreta di laboratorio autobiografico e di scrittura creativa.

Prefazione

La normativa scolastica risulta importante per l’operatore educativo solo se acquisita per riflettere relativamente ai contenuti che presenta e predispone fattivamente, modificando il modo di porsi all’interno dell’istituzione di ogni singolo, migliorando le modalità di comunicazione, di apprendimento, di insegnamento e trasmissione dei saperi, incentivando l’aspetto del successo formativo in vista di un’adeguata dimensione di orientamento delle capacità, competenze ed abilità dello studente che lo stimolino innanzitutto al saper essere, al saper fare in un’ottica di flessibilità e centralità della formazione di ogni singolo, per apprendere ad imparare o imparare ad apprendere.
Dunque una normativa che risponda ai quesiti di identità dell’organizzazione scuola, del collegamento imprescindibile dell’istituzione con il territorio al fine di non smarrire gli addentellati con la complessità e la globalità del quotidiano, della vita. Non occorre una mera ed improduttiva, nonché superficiale, lettura delle normative ma un’analisi completa alla luce della quale riflettere con gli altri (docenti e studenti) sulla nostra esperienza di operatori in ambito scolastico, di formatori, perciò condividere il senso ed il sentimento della comunità, della dimensione creatrice, del potenziale energico della collegialità al fine di collaborare, lavorare insieme nel collettivo, nel collegio docenti, nel gruppo classe, per prestare un servizio efficiente ed efficace all’utente. Egli va considerato innanzitutto come persona, adulto o adolescente, valutando, prendendo coscienza delle esigenze formative all’interno della flessibilità didattica ed organizzativa, prendendo in esame i vari tipi e modalità di processi di apprendimento nell’allievo, così da ripensare globalmente, complessivamente, in modo rinnovato ed innovativo ad una nostra nuova identità professionale, una vigile, attenta, creativa e progettuale professionalità, aperta, flessibile e proteiforme nei confronti di ogni tipo di cambiamento, di transizione, di rivoluzione interna all’apparato scuola.

Introduzione

La scuola italiana sta velocemente incontrando processi di trasformazione e cambiamento. Se non intervenissero le disposizioni ministeriali, sarebbe la stessa realtà fattuale ad indurre modifiche forse ancora più radicali. Lo sviluppo dell’informatica, l’estendersi delle reti telematiche, la globalizzazione dei mercati, l’unificazione europea, costituiscono situazioni che richiedono un’istituzione scolastica innovativa, in grado di riconoscere e valorizzare per tempo le caratteristiche intellettuali, cognitive, ma al contempo emotive, umane e metacognitive dell’individuo, soggetto studente basate sul sapere superiore non solo il pensiero di tipo convergente (raccogliere informazioni, analisi e sintesi) ma anche divergente (produrre ampia gamma di risposte, intuizione e invenzione), mettendo in risalto l’umanità e la centralità del ragazzo in formazione e sviluppo cognitivo ed affettivo/emotivo, all’interno dell’istituzione scolastica, al fine di indirizzare, tutti gli studenti senza discriminazioni e distinzioni penalizzanti di sesso, religione ed etnia/ cultura, verso un globale, completo ed esauriente successo formativo, elemento necessario per un adeguato inserimento non solo nell'ambiente del mercato impiegatizio, ma nella complessità dell'esistenza che richiede con la globalità delle situazioni ricorrenti, flessibilità, competenze, abilità e capacità di gestione emotiva del proprio pensiero costruttivo. “Ai dirigenti scolastici, agli insegnanti, elementi cardine del sistema scolastico, si richiede ora non solo di dar prova delle loro consuete caratteristiche (passione, fantasia e competenze disciplinari) ma anche di provarsi, sperimentarsi e spendersi sui terreni dei nuovi saperi, della progettazione educativa, dell’organizzazione, degli scambi interistituzionali in Italia ed all’estero (progetti Socrates, Comenius, Erasmus)”.
La scuola attuale è dunque chiamata ed impegnata a ricercare, riconoscere, rafforzare la propria identità per tradurla in un’offerta formativa che la caratterizzi e distingua. Dunque garantire coerenza tra quanto si dichiara nel P.O.F. (Piano dell’Offerta Formativa) e quanto si pratica quotidianamente nella relazione che ogni docente, in classe, instaura con i suoi studenti per insegnare ad apprendere, raggiungendo un successo formativo che implichi abilità e competenze incentrate sul saper fare e saper essere, oltre vacui obblighi di adempimenti forzosi. Il regolamento dell’Autonomia (DPR 275/99 e legge 59/97) costituiscono sicuramente una fonte di interessanti indicazioni per rinnovare ed arricchire la professionalità del docente che, pur restando sempre insegnante, assume un nuovo ruolo di ricercatore e progettista: dentro questa logica ci si dovrà muovere con la finalità di utilizzare tutto il proprio sapere e le competenze proprie del docente nel progettare attività e percorsi disciplinari, multidisciplinari ed interdisciplinari, futuri possibili tasselli per la costruzione di curricoli flessibili. Risulta necessario dunque accettare di agire per piccoli passi senza eliminare nulla, ed in vista dei nuovi regolamenti ministeriali (Regolamento attuativo art 8, curriculum nazionale) delle attività e del lavoro, delle metodologie che già si sono dimostrate funzionali. La ricerca dovrà condurre a confermare l’intenzionalità di alcune modalità operative consuete ed a porre in evidenza gli elementi ancora fragili intorno a cui riflettere e dotarsi di strumenti adeguati a compiere scelte professionali consapevoli.

Come, quando e perché nasce la Scuola dell’Autonomia

Tale innovazione in campo educativo, nasce nel Settembre 2000 e nei due anni precedenti sotto le direttive dell’allora ministro della pubblica istruzione Luigi Berlinguer, anche se le scuole del territorio nazionale non sono ancora autonome a tutti gli effetti, in quanto l’istituzione scolastica indipendente è ancora tutta da realizzare e costruire. Nel 1996, periodo della vittoria delle elezioni politiche dell’Ulivo, il ministro Berlinguer incontra i capi di istituto di Milano e Provincia sostenendo di avere idee innovative per la riforma scolastica dopo aver raccolto gli umori della base. In passato (nell’87, 88, 89) già il ministro Galloni presentò un disegno di legge al governo inerente l’autonomia della scuola in Italia, ed anche lui incontrò i capi d’istituto (i dirigenti scolastici), ma si trattava di una proposta di legge senza intenzione di seguito parlamentare da convertire in decreto ministeriale a tutti gli effetti, probabilmente perché riteneva che i tempi non fossero maturi.
Comunque anche nel 1996 i capi d’istituto si presentarono piuttosto scettici di fronte a Berlinguer pensando ad una molto probabile sospensione del disegno di legge per la fine del mandato ministeriale, della maggioranza politica di centro sinistra e la fine della legislatura. Ma per ovviare al dilagante scetticismo ed alla sfiducia generale in un potenziale futuro cambiamento, il Ministro Berlinguer dichiarò anche il come sarebbe stata attuata l’autonomia. L’unica sessione parlamentare certa è costituita dal bilancio, parte della legge finanziaria, che viene approvata dal governo ogni anno, entro il 31 dicembre, e se non entra in vigore, per l’inammissibilità degli emendamenti richiesti dalla base, scade in esercizio provvisorio che ricade sull’intero sistema economico. Quindi sulla base di tali premesse il Ministro decise di inserire il disegno di legge sull’autonomia nell’ambito più generale della finanziaria, comprendendo l’articolo di conferimento di delega, al governo: la delega dell’autonomia. Quindi si intuisce che il percorso efficace e vincente è proprio la delega, attuata con la legge del 15 Marzo n.1 59/97 proposta dal ministro Bassanini, la cui dicitura era “Delega al governo per il conferimento delle funzioni e dei compiti a regioni ed enti locali per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione delle procedure amministrative”, in cui è contenuto l’articolo 21 che dichiara l’autonomia di tutte le istituzioni scolastiche entro il 31 dicembre 2000 con l’approvazione della legge finanziaria. Da questa normativa le scuole risultano ridimensionate
Perché si è voluta l’autonomia?
Lo Stato incarica il Governo di concedere l’autonomia perché la scuola italiana non poteva dipendere ed essere governata e controllata sempre dal centro, da Roma: occorreva decentrare per snellire le procedure burocratiche ed amministrative, ma non solo…con la scuola dell’autonomia ogni istituto deve rispondere in modo efficiente, pratico, veloce alle esigenze dell’utenza, delle differenti tipologie di territorio, delle agenzie culturali, educative, formative operanti in esso, dell’intero sistema formativo integrato. Lo Stato riconosce ancora il valore legale ai titoli di studio, rilasciando ed approvando però una legge quadro, una normativa cornice entro cui ogni singola scuola si deve muovere, gestire ed organizzare tramite appunto la legislazione dell’autonomia. Dunque ci si sofferma su questo termine la cui accezione non implica il significato di indipendenza anarchica, emancipazione e piena libertà totale dalle leggi in senso anticostituzionale, ma si intende per “autonomia” non più dipendenza da:

-strutture gerarchiche (ministero, provveditorato, preside)
-relazioni ed organizzazioni verticali (non più gerarchie tra preside e docente)
-automatismi organizzativi (libertà di stesura del calendario scolastico)

I capi di istituti, basandosi sulle precedenti normative, erano abituati ad una cultura dell’adempimento, retaggio di una organizzazione burocratica e gerarchica di stampo verticale: dal Governo, al Ministero, ai Provveditori, alle scuole con le circolari ministeriali che stabilivano date e scadenze di esami, licenze, iscrizioni, lezioni, curricoli, programmi. Dalla riforma Gentile la scuola è fortemente monolitica ed accentrata in Roma, come un’istituzione dove non si riscontra movimento, creatività, iniziativa perché tutto è rigido: un sistema scolastico tolemaico. L’autonomia è una sorta di rivoluzione copernicana degli apparati e delle istituzioni preposte alla formazione, che si svincolano dalle dipendenze accentratrici delle normative governative, imposte dall’alto, ma spesso non condivise dalla base, perché basate su rigidità e discriminazioni. Dunque si intravede finalmente un passaggio, una transizione dall’accentramento monolitico (Roma) al decentramento (singolo istituto scolastico) in cui i capi d’istituto assumono un profilo e delle funzioni totalmente dirigenziali, dichiarandosi a tutti gli effetti “dirigenti scolastici”. Contemporaneamente dalle nuove normative non sono appunto previste strutture gerarchiche (es. riordino del Ministero riguardante i provveditori ed i direttori regionali tra cui non vige più uno stretto rapporto di subordinazione e gerarchia)

Ambiti e limiti dell’Autonomia

L’esplicazione della normativa relativa all’autonomia scolastica prevede un campo d’azione che innanzitutto viene determinato dalla Costituzione della Repubblica italiana. Infatti in Italia nessuna norma deve essere contraria o incompatibile ed incongruente rispetto alla Costituzione. L’attività parlamentare prevede che il disegno di legge cominci un iter giuridico al fine di essere suscettibile d’esame valutativo da parte della Commissione Affari Costituzionali, ed in seguito risulta passibile di una prova d’esame e valutativa preventiva da parte della Camera e del Senato.
Il rimanente campo d’azione della normativa sull’autonomia si esplica nell’ambito della legge 15 marzo 59/97 (Bassanini), relativa al decentramento amministrativo ed il conseguente articolo 21 inerente l’autonomia scolastica, che si ricollega consequenzialmente ai provvedimenti e regolamenti derivati dalla legge Bassanini 59/97 come il DPR 275/99 che al capo secondo, nell’articolo 3 prevede le disposizioni relative al Piano dell’Offerta Formativa scolastica.
Per quale motivo si è voluta l’autonomia? Certamente per rendere la scuola più efficiente ed efficace dal punto di vista qualitativo. Precedentemente alle normative inerenti l’autonomia, la scuola italiana risultava abituata ad una mera cultura dell’adempimento che comprendeva come finalità ultima l’obbligo di terminare il programma dettato dal Ministero della Pubblica Istruzione. Dunque l’insegnante era completamente concentrato sul compito dell’adempimento del programma disciplinare annuale istituzionale. Ma la scuola dell’autonomia, risultando più efficace ed efficiente, dovrebbe fare in modo che il programma sia efficace e produttivo e che realizzi le competenze e le abilità degli allievi.
Tra gli obiettivi cardine dell’autonomia sono presenti le seguenti voci:
• Garantire processi didattici significativi da attivare all’interno dell’istituzione.
• Utilizzare al meglio le risorse (POF).
• Rispondere ai bisogni del territorio, gestendosi in base all’utenza ed al sistema formativo territoriale di influenza.

I regolamenti derivati: il DPR 275/99. Autonomia organizzativa ed autonomia didattica

Le scuole concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi per il diritto ad apprendere e la crescita educativa, valorizzando le diversità e promuovendo iniziative utili al raggiungimento del successo formativo (anche in assenza del successo scolastico), tramite un’interazione più coesa tra scuola, enti educativi ed amministrativi (es corsi di educazione stradale, di educazione ambientale con enti locali, regioni, province) ed individuo (es. psicologi, assistenti sociali). Le istituzioni scolastiche, in base alle nuove normative, devono regolare i tempi dell’insegnamento e lo svolgimento delle discipline in modalità adeguate ai ritmi di apprendimento degli allievi, con la prospettiva e maggiori possibilità di mediazione tra i bisogni, le esigenze e le individuazioni di esigenze soggettive in rapporto agli obiettivi nazionali (es. mediazione tra utenza e programmazioni, curricoli). La scuola dell’autonomia si pone precisi interventi educativi di formazione ed istruzione adeguati ai diversi contesti socio-culturali, partendo dalle esigenze delle famiglie e dei soggetti coinvolti all’interno del sistema formativo integrato. Il P.O.F. prevede una logica di responsabilità di flessibilità, di coerenza ed integrazione che unisce i vari progetti. Si denota flessibilità interna alla singola istituzione scolastica:
• Riordino cicli (legge sospesa)
• Gestione indipendente dell’orario delle lezione e della data di inizio delle stesse
• Superamento rigidità oraria (settimana corta suddivisa in spazi orari, vale a dire unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria)
• Articolazione modulare (inter-pluridisciplinarità)
• Percorsi didattici individualizzati:

-RCP
-Percorsi inter-pluridisciplinari
-progetti speciali
-progetti opzionali
-tutoraggio

• Classi aperte e parallele
• Lingua straniera (progetti Comenius/Socrates/Erasmus)
• Riconoscimento crediti e debiti scolastici formativi (attività extra certificate) con il recupero dei debiti tramite corsi di recupero pomeridiani o studio individualizzato
• Interventi facilitatori per la presenza di stranieri

-Laboratori linguistici
-attività di intercultura
-alfabetizzazione e integrazione alunni stranieri

• Interventi facilitatori per l’handicap (P.E.I. o P.E.P.)
• Impiego docenti differenziato
• Reinserimento e riorientamento studenti in tempi utili (passerelle)

Tutti questi interventi prevedono l’individualizzazione e la personalizzazione del curricolo. Già la legge 517/77 prevedeva l’unitarietà delle discipline allo scopo del conseguimento di un obiettivo globale di formazione, nell’ambito dell’unitarietà del sapere tramite l’educazione permanente e ricorrente che prevede il continuo autocambiamento per tutto il ciclo della vita, in cui il sapere è speso come abilità e diventa un saper essere in formazione.
L’autonomia è stata impostata per il successo formativo (tutti per proprie potenzialità possono raggiungere un determinato obiettivo attraverso diversi tipi di intelligenze, es “Intelligenze Multiple” di Gardner). La centralità dell’alunno è il fulcro dell’autonomia, infatti la scuola ha ragione di esistere dove è presente la difficoltà di integrazione, di apprendimento, il disagio.
La legge del 21/12/1962 prevede la nascita della scuola media unica ed obbligatoria, per cui si passa dalla scuola d’élite, alla scuola di massa a portata di tutti.
Le leggi del 1979 e dell’85 stipulano i programmi della scuola media ed elementare in cui si stabilisce che “la scuola è di tutti e di ciascuno” prevedendo, con questo motto, il recupero e l’integrazione di ogni tipo di diversità e anche tramite interventi di recupero, consolidamento, ma concedendo contemporaneamente la possibilità del potenziamento, per cui ogni alunno è libero di agire ed apprendere secondo le proprie abilità e capacità.
Dunque l’istituzione scolastica prevede:
• Libertà progettuale
• La promozione ed il sostegno dei processi innovativi
• Il miglioramento dell’offerta formativa che prevede un processo di autovalutazione della scuola, accompagnato dalla verifica ad opera di esterni (ispettore tecnico, dirigente amministrativo, utenza)
Le istituzioni scolastiche si sviluppano anche con collegamenti con:
• Centro europeo di educazione
• BDP
• IRRE (IRRSAE)
• Università, per potenziare le documentazioni e le informazioni utili all’ampliamento dell’offerta formativa ed all’aggiornamento delle risorse umane interne.

Il fondamento della nuova normativa scolastica: il Documento dei Saggi.

Con la Circolare Ministeriale del 7 Aprile 1998, si propone all’attenzione del sistema scolastico il Documento dei 44 saggi, alla base della formazione e delle leggi relative a:

• Autonomia scolastica
• Curricoli flessibili
• Modularità
che prevede l’intervento sulla persona, nella sua globalità e complessità, volto al conseguimento di un integrale successo formativo differente dal mero successo scolastico.
Primo Principio: l’insegnamento deve basarsi sull’impostazione e l’acquisizione di saperi socialmente spendibili, per cui i ragazzi devono assumere competenze impiegabili, attuabili e praticabili nella società, in quanto cittadini, con ricadute fondamentali su di essa. Non bisogna partire da un a-priori idealizzato di studente, perché la formazione deve avvenire indipendentemente
• dalla religione,
• dall’estrazione sociale,
• dall’etnia,
• dal sesso,
• dalla diversità in generale,
per una globale e complessiva integrazione dei cittadini nella realtà sociale.

Secondo principio: nella scuola non occorre ragionare esclusivamente ed univocamente di materie e programmi, ma occorre valutare le attese ed i comportamenti della società civile:
• aspettative
• mercato del lavoro
• dimensione dei bisogni, delle relazioni affettive all’interno della comunità, delle attese dei professionisti della scuola

Tutto questo prevede una nuova modalità organizzativa e la stesura dei programmi per il conseguimento di Finalità Irrinunciabili, vale a dire, Macroattese derivanti da tematiche portanti che riserbino, per il resto, libertà d’azione, perché risulta necessario operare un forte alleggerimento dei contenuti tramite la programmazione per moduli, la modularità, e la metodologia di progetto, attraverso i cui metodi si compiono scelte significative di irrinunciabili finalità
• studiare
• pensare
• parlare

Questa innovativa concezione dell’insegnamento prevede un forte investimento da parte dei docenti per l’aspetto di coscienza di tale missione, sentimento di solidarietà e di vocazione che l’istruzione e la trasmissione della stessa comporta, del valore della tradizione educativa, del senso morale della cultura ed il gusto e piacere del far conoscere, discutere, sapere.

Il tanto atteso CURRICOLO NAZIONALE.

La normativa dell’autonomia scolastica non è ancora completa. Si attendono, in aggiunta al preesistente, regolamenti dal 1999 che devono essere ancora emanati, in seguito alla legge n. 59/97 relativa al decentramento amministrativo in cui compariva l’articolo 21 riguardante l’autonomia ed il successivo Regolamento d’autonomia, il DPR n. 275/1999. Le aspettative sono ancora enormi, tanto che le leggi sull’autonomia sembrano superate ed alcuni docenti continuano ad insegnare senza considerare la svolta, la transizione, il cambiamento che tali provvedimenti ministeriali hanno indotto e innescato nei meccanismi del sistema didattico nazionale. Dunque la scuola non è rimasta assolutamente invariata. I docenti di lettere hanno operato per anni in base al riferimento delle programmazioni risalenti al 1979. Le scuole elementari, nel programmare, si rifanno invece ai piani di lavoro e di programmazione dell’anno 1985. Ammettendo che non esistono più regolamenti di programmazione, non si vuole sostenere che la Scuola italiana stia scadendo in una sorta di anarchia improduttiva, vacillante e precaria, perché nell’istituzione rinnovata gli insegnanti creano e costruiscono i programmi. Il docente diventa ricercatore e progettista. Le parole chiave del concetto di indipendenza da un centro governante da cui la scuola italiana si svincola sono:

• flessibilità,
• integrazione,
• coerenza
• responsabilità.

Un tempo il docente svolgeva la programmazione didattica e disciplinare attenendosi strettamente ai vincoli prestabiliti direttamente dal Ministero della Pubblica Istruzione. I programmi, anche se non prescrittivi, costituivano comunque delle indicazioni basilari, insostituibili quindi si presentavano come limitativi. Attualmente, invece il docente crea e progetta il programma che vuole adottare, appellato e richiamato dalle normative innovative ad un motivante senso di responsabilità in base a cui i programmi non devono risultare errati, limitati o incompleti, non costruendo percorsi inadeguati rispetto all’analisi dei bisogni di partenza del gruppo classe. Comunque nella stesura dei percorsi programmati didattici, organizzativi e disciplinari, il docente non si trova isolato, ma deve vivere in una dimensione collettiva con i colleghi, emersa nel concetto di collegialità indicato nel P.O.F., in cui il collegio docenti risulta sovrano, le cui decisioni comuni, complessive, generali, unanimi sono basilari ed importanti perché impegnano l’intero istituto. La dimensione collegiale risulta imprescindibile e ricollegata al concetto di responsabilità in base a cui si definiscono i curricoli che non provengono dal governo centrale, come per le desuete normative, ma vengono emanati, costruiti, progettati dai singoli istituti presenti ed operanti sul territorio nazionale, all’interno del complessivo Sistema Formativo.
Ma sono state già emanate tutte le leggi relative all’autonomia dopo la legge Bassanini n. 59 del 1997?
L’intero sistema scolastico nazionale sta attendendo l’elemento più importante, indispensabile ed imprescindibile: l’articolo numero 8 del DPR 275 del 1999. Il Ministero della Pubblica Istruzione dovrebbe emanare un prossimo regolamento in cui esplichi le materie e l’aggregazione di discipline obbligatorie su tutto il territorio nazionale, a livello di istituti scolastici di ogni ordine e grado. Le leggi relative all’autonomia non determinano un’anarchia collettiva, ma sanciscono il diritto di libertà e di indipendenza all’interno di una legge quadro che funge da cornice normativa e costituisce il limite invalicabile oltre a cui si assumerebbero dimensioni e posizioni illegali ed anticostituzionali. Il confine primario è proprio il Curricolo Nazionale che il sistema scolastico attende dal 1999, quando è stato emanato il DPR 275. Tale nuovo regolamento dovrebbe stabilire la quota del curricolo nazionale. Attualmente la scuola italiana rilascia titoli di studio con valore legale. Dunque è ulteriormente necessario uniformare le scuole del territorio relativamente agli aspetti didattici tramite un curricolo nazionale. Lo Stato, il governo centrale deve garantire un minimo di uniformità relativa all’ambito didattico/disciplinare, dato appunto dall’atteso curricolo nazionale che rappresenta l’85% dell’intera programmazione scolastica, con attività e curricoli stabiliti da Roma, dal Governo centrale, in seguito al quale il Ministero stabilisce un curricolo elettivo, opzionale, alternativo, accessorio, costituito da tutta quella gamma di attività scelte e predisposte liberamente da ogni singola scuola per il restante 15% e sancite dal P.O.F.
I singoli istituti in aggiunta al curricolo nazionale (85%) e opzionale (15%), hanno la possibilità e facoltà di aggiungere ancora attività extra, incentivando così le risorse interne e le capacità progettuali di quanti operano nella scuola.
Tale innovativo provvedimento (Art 8) tarda ad essere emanato per ragioni politiche e per spinte, decisioni, opinioni divergenti o convergenti da parte delle forze governative e politiche in generale. Dunque si delineano prospettive di estrema difficoltà gestionale del problema a livello nazionale, soprattutto nel definire e stabilire le discipline comuni all’interno dell’operato del sistema unitario didattico. L’impasse risulta ulteriormente complicata dal problema del riordino dei cicli, prospettiva divenuta legge n 30 del 10 Febbraio 2000 che è stata bloccata dal governo Berlusconi che non condivide il settennio di base.

La didattica per progetti stabilita dalla scuola dell’autonomia

L’introduzione dell’area di progetto nei programmi sperimentali proposti per l’istituzione verticale di ogni ordine e grado, ha indicato ai docenti un chiaro orientamento didattico.
L’innovazione della didattica passa attraverso un “fare” che conduca al coinvolgimento ed alla concreta collaborazione interdisciplinare, che muova dall’interno delle situazioni per individuare i problemi, le procedure, i modelli, i linguaggi, le tecnologie, le “analisi”, coinvolgendo gli studenti in attività di cui percepiscano non solo la rilevanza sul piano del sapere, ma anche la concreta utilità. Una didattica operativa, quindi, che dia la possibilità di adattare il curricolo alle esigenze sempre più emergenti ed induca a modificare la prassi anche nei momenti in cui non si sta lavorando ad un progetto. La progettualità come risposta a bisogni individuali e sociali richiede al docente nuove competenze che gli consentano di percorrere sentieri nuovi, non ancora tracciati.
-Quali sono le condizioni e le competenze necessarie per progettare?
-Come e cosa si apprende?
-Come si integra il progetto nel curricolo?
-Come si valutano gli apprendimenti?
-Come si modificano i rapporti tra docenti e discenti che operano per progetti?
-Come si adegua la scuola-istituto o istituzione- per affrontare i nuovi compiti?
Le riflessioni relative ad “una didattica per progetti” ebbero origine da questi interrogativi.

La scuola dell’integrazione: uguali nella diversità

Nella definizione di orientamenti di valore e nella elaborazione di normative finalizzate alla valorizzazione della diversità, il nostro Paese svolge da molti anni un ruolo trainante di grande e riconosciuto rilievo. A partire dagli anni ’70 si è sviluppato in Italia un lungo ed articolato dibattito che ha dato luogo a teorizzazioni pedagogico- didattiche, a regolamentazioni di attività, a ipotesi di collaborazione tra operatori di istituzioni diverse, a interpretazioni più o meno spontanee delle esigenze di adeguamento della scuola alla rimozione dei fattori di esclusione, di emarginazione. Ma la concezione stessa della scuola in questi ultimi anni si è profondamente modificata, non appare più confinata solo alla trasmissione della conoscenza ed all’iniziazione alla socialità, ma si estende anche ad una condivisione di responsabilità nella determinazione dell’orientamento della progettualità di vita di ciascun membro della comunità in cui opera. Sulla base di questo convincimento e sulla scorta del confronto di esperienze e di orientamenti, si propongono alcuni pre-requisiti alle scelte di organizzazione e di metodo, individuando alcune soluzioni per i problemi che sorgono dall’impatto delle particolarità dei contesti con l’inevitabile genericità delle regolamentazioni in vigore. Le più recenti indicazioni normative riflettono abbastanza fedelmente le categorie di valori ormai acquisiti, ma non possono contenere in se stesse anche le suggestioni e le ispirazioni metodologico-didattiche legate alla creatività ed alla competenza professionale di ciascun insegnante. La realizzazioni di ambiti di progetto europeo (Socrates/ Comenius) offrono una esemplificazione di esperienze personali realizzate in specifici campi d’azione: l’innovazione organizzativa e metodologico-didattica, l’utilizzo delle nuove tecnologie, la valutazione e l’orientamento formativo. Secondo l’attuale e generale linea di pensiero nell’ambito dell’educazione, la finalità dell’integrazione e gli accorgimenti individuati per una progressiva realizzazione del confronto tra le diversità, non costituiscono supporti a sostegno di una sola funzione (quella del recupero dei bambini con bisogni educativi specifici), ma s’innestano con benefici effetti nell’impianto globale della nuova scuola della qualità e dell’autonomia.
La scuola va dunque considerata come una comunità di cittadini, dotati tutti di uguali diritti, ove continuità e prosperità dipendono da una integrale utilizzazione delle risorse; una comunità in cui tutti non hanno le stesse origini, ma seguno un comune itinerario, lungo il quale anche i più avvantaggiati traggono beneficio dall’affermarsi dei più deboli.

PRATICA DI SCRITTURA CREATIVA ED AUTOBIOGRAFICA.
IL “LABIRINTO” DELLE NOSTRE VITE: LABORATORI DI EDUCABILITA’ COGNITIVA

Le tappe della progettazione

progetto: E' un processo che coinvolge saperi e competenze disciplinari e abilità specifiche, realizzando un certo grado di pluridisciplinarità. Nel progetto si focalizza un tema per realizzare un prodotto. A seconda della focalizzazione, il progetto può essere tematico, metodologico-didattico o centrato sul prodotto.
preprogettazione: L'iniziativa di avviare un progetto può partire da chiunque: un committente esterno, uno o più docenti, il consiglio di classe, la richiesta di uno o più studenti. Se l'iniziativa di proporre un progetto avviene ad opera dei docenti, questi non possono che presentare un preprogetto. Il progetto viene definito solo nella negoziazione con gli allievi.
negoziazione: Il progetto si basa su un impegno liberamente assunto da tutti i soggetti partecipanti per una finalità esplicitata e condivisa. La condivisione non consiste nell'accettazione di una proposta avanzata da persone in qualche modo 'più autorevoli', ma nella elaborazione comune dell'idea. La negoziazione pervade tutto l'agire per progetti: dal momento in cui si decide di condividere l'idea e si concerta il lavoro fino alla realizzazione del prodotto.
contratto: Alla base del progetto sta il contratto che costituisce il vincolo e il quadro di riferimento all'interno del quale agiscono i singoli o i gruppi di lavoro, assumendo iniziative e prendendo decisioni. Nel contratto vengono esplicitate le funzioni e le responsabilità individuali, sulla base di una valutazione di risorse, vincoli e condizioni di fattibilità.
gestione: L'attività di progetto è solitamente articolata. L'organizzazione non può essere strutturata gerarchicamente, sottoposta a un leader unico che abbia il controllo della decisionalità e impartisca disposizioni ai soggetti coinvolti. Una volta condivisi gli obiettivi, le responsabilità ricadono su più soggetti. La leadership diventa una funzione che viene assunta di volta in volta dalla persona più competente per quel determinato segmento di attività. Un coordinatore assicura l'organizzazione dell'intero processo e la comunicazione tra i soggetti coinvolti, ma non prende decisioni.
fasi: La costruzione di un progetto è un processo complesso articolato in fasi. Ogni fase, che deve essere accuratamente programmata e specificare risultati attesi, tempi per raggiungerli, attività, strumenti, modalità di lavoro e di valutazione, prevede precise assunzioni di responsabilità.
ruoli e funzioni: Le persone che partecipano al progetto non hanno gerarchie prefissate, ma condividono la decisione iniziale, l'elaborazione, la messa a punto delle fasi per la realizzazione e la valutazione del progetto. Il progetto può coinvolgere allievi e docenti di una stessa classe o di più classi, di una stessa scuola o (cosa che avviene nel caso di progetti basati sugli scambi di classe) di più scuole, magari di nazioni diverse. Tutti i soggetti coinvolti partecipano alla definizione degli obiettivi e del prodotto, all'organizzazione e alla gestione del lavoro. Anche l'insegnante si può trovare su un terreno nuovo, di cui percepisce l'instabilità, e può provare la sensazione di non avere tutte le competenze necessarie per portare a termine il compito.
compiti: Nel progetto gli allievi non hanno disposizioni da seguire, ma assumono responsabilmente compiti che hanno essi stessi contribuito a determinare. Questo modo di procedere comporta tentativi e errori, continui adeguamenti nel corso del processo. I compiti permettono di attivare competenze plurime, garantiscono al contempo risultativi operativi e esiti formativi. Possono essere distribuiti in ambiti disciplinari e garantire quindi anche l'acquisizione di competenze e conoscenze disciplinari.
comunicazione: L'esigenza di far funzionare un gruppo di lavoro, magari articolato in sottogruppi, con compiti e responsabilità differenziate che devono però integrarsi nella realizzazione di un progetto, richiede che la comunicazione tra i soggetti partecipanti sia assicurata in ogni fase. Gli strumenti utili allo scopo sono i più svariati; si va dal diario di bordo al verbale, al cartellone, alla comunicazione orale. La comunicazione all'esterno, a conclusione delle attività, è assicurata dal prodotto finale, dovrebbe però essere preceduta e sostenuta da una comunicazione in itinere.
documentazione: Il progetto dà prova della propria esistenza in un prodotto finale visibile. La documentazione delle attività è quindi condensata nel prodotto, ma non è limitata ad esso. Tutte le fasi di realizzazione del progetto devono essere documentate, perché non venga meno la comunicazione tra i soggetti coinvolti e tra questi e gli eventuali destinatari del prodotto.
prodotto: Non esiste progetto se non è prevista la realizzazione di un prodotto visibile, se non addirittura anche fruibile da altri. La realizzazione del prodotto è il mezzo che permette di raggiungere gli obiettivi di apprendimento prefissati, ne è la materializzazione. Ciò che si scopre o che si costruisce non deve rimanere patrimonio di chi ha reperito dati e informazioni o di chi ha ideato qualcosa. Con il prodotto i risultati di indagini o le realizzazioni creative vengono messi a disposizione di altri. Il prodotto trasforma l'apprendimento da attività che si esaurisce nell'apprendente a attività rivolta verso l'esterno, socializzata.
valutazione: Nella didattica per progetti la valutazione non riguarda solo il singolo o il prodotto conclusivo, ma tutti i momenti dell'attività, tutto il processo, ed è operata da tutti. Prima che valutazione operata da persone esperte (gli insegnanti) sull'operato di persone in apprendimento è autovalutazione del proprio apprendimento, della capacità di elaborare il nuovo.

La didattica autobiografica: per un’evoluzione cognitiva del soggetto in formazione.

La scrittura di sé, della propria storia di vita o autobiografismo (dal greco consiste essenzialmente in una pratica pedagogica, comunicativa, di lunga tradizione, già utilizzata, in tempi antichi da Marco Aurelio, S. Agostino, Pascal, Rousseau ed, in seguito, anche da tutta la letteratura femminile relativa alla tematica di emancipazione della donna nel ‘900 (Cfr. De Beauvoir, Cardinal, Aleramo, Weil).
Il metodo (auto)biografico inizia a svilupparsi come corrente educativa, in situazioni di grande povertà e miseria esistenziale, intorno alla figura dello studioso Paulo Freire, che approntava una nuova pedagogia sociale, “della strada”, raccogliendo e utilizzando le tragiche storie di vita dei campesinos nelle favelas brasiliane (anni ‘60 e ’70). Letteratura personale attiva, racconto in prima persona è l’autobiografia (dal greco), oppure letteratura personale passiva o biografia, quando gli autori scrivono storie di vita altrui.
Il racconto, la narrazione della personale storia di vita emancipa il soggetto da ogni rischio di manipolazione, di “revisionismo storico” della propria esistenza. L’autobiografia risulta un metodo pedagogico ricognitivo che pone una storia di fronte al legittimo autore, ricostruendo e rimembrando una memoria personale, nel desiderio di autorappresentazione che genera uno specchio di eventi condivisi da altri. Il segreto dell’altruità e alterità a cui attende il biografo consiste nella capacità di essere nel “qui e ora” e nei topoi del passato, ingenerando e suscitando la reminescenza di sé (anamnesi), in una prospettiva di bi-locazione cognitiva: capacità di scoprirsi dotati della possibilità di “dividersi senza perdersi”, nel rimembrare ri-evocativo degli eventi. L’autobiografia non rappresenta solo la sede del ritorno a ciò che si è stati in passato, ma il desiderio di nuove esplorazioni nei meandri dell’esistenza, dove la memoria risulta depositaria dell’esperienza, consentendo al ri-cordo di prendere forma.
La narrazione di sé consiste in un metodo cognitivo che include la memoria, la reminescenza nella prospettiva di percorso auto ed etero-educativo per una autodidattica dell’intelligenza, nel cui ambito la retrospezione attua un’educazione della mente attraverso il pensiero attivo, evolutivo, prima condizione per un lavoro di scavo interiore, introspettivo.
Raccontare la propria biografia educativa, in una nuova prospettiva didattica dell’intelligenza, attraverso il metodo autobiografico finalizzato allo sviluppo cognitivo del discente (soggetto), significa riappropriarsi di un personale potere autoformativo (facoltà di dominio), confrontando, anche in ambito scolastico, le esperienze di educazione istituzionale con processi di autoformazione, emergenti da diversi tipi di legame emotivo/affettivo con gli altri, le cose, se stessi.
L’autobiografia educativa possiede un valore regolativo, perché esplicita al soggetto narrante le modalità per cui ha acquisito, tramite processi cognitivi di apprendimento, nozioni e capacità (apprendimento cognitivo). L’autonarrazione risulta una presa di distanza per rivedere e verificare lo sviluppo evolutivo personale e raccontarlo all’alterità/altruità, in una prospettiva di riappropriazione della responsabilizzazione individuale rispetto alla propria autoformazione.
L’attenzione per i processi mentali non deve rappresentare un’occasione episodica in ambito didattico, ma un’occupazione costante di ogni singolo docente, per esplicitare al discente quali operazioni mentali compiere al fine di risolvere compiti e problemi di natura teorica e pratica.
Il nostro modello di attività mentale è sistemico: ogni manifestazione del pensiero può essere studiata solo in correlazione con le altre.
“Pensare” significa mettere in relazione diverse componenti del pensiero, nella loro intrinseca dinamicità e interattività, in una prospettiva di rivalutazione della natura processuale e dinamica dell’esistenza mentale.
L’intelligenza è l’identità stessa del soggetto: significa approssimarsi all’”altro”, al suo modo di attribuire senso e significato alla realtà: le cose, gli altri, il mondo, se stessi. Secondo Bruner l’intelligenza è ricerca continua di significati per “leggere dentro” ai vari aspetti ontologici dell’esistenza.
Il potenziale intellettivo è contrassegnato da una macro-attività: il potere metacognitivo. Il soggetto intelligente per assolvere al compito di significatore della realtà, utilizza tutte le risorse a disposizione, quindi la facoltà metacognitiva, per poter descrivere il lavoro della mente rispetto ai singoli domini mentali, potenziandoli attraverso la pratica intellettiva.
• Dominio autocognitivo – (esercizio rimemorazione, pensiero retrospettivo) consiste nell’e-vocazione del proprio passato attraverso l’introspezione, in un’attività autocognitiva.
• Dominio estatico – (attesa estatica) implica l’uscita da sé, accogliendo tutte le sensazioni che derivano dalle percezioni, limitandosi, metacognitivamente, a descrivere ciò che si percepisce.
• Dominio eterocognitivo – (pensiero costruttivo) dove la cognizione lavora sugli altri, verso le cose esterne, con cui la mente organizza il reale, mediante classificazioni, attraverso un pensiero costruttivo.
• Dominio interpretativo – (pensiero categorizzante) utilizza modalità metaforiche, immagini simboliche per interpretare la realtà attraverso modelli mitici, entità umane o sovraumane che hanno potere di verità assoluta.
Le finalità didattiche del metodo autobiografico consistono nella messa in luce di stili, codici, funzioni comunicative, norme e regole di interazione per imparare a pensare: sperimentare il piacere e l’emozione di questa attività liberatoria, riabilitando la facoltà di pensiero, nell’attribuzione di senso e significato alla realtà (ermeneutica interpretativa), stimolando il potenziale cognitivo del soggetto.
Lo stile educativo del “formatore autobiografo” è caratterizzato:
– dalla capacità di ascolto non scadente nel lezionismo
– dall’attività dialogica, evitando l’univocità dell’interrelazione comunicativa
– dalla facoltà e predisposizione a domandare e problematizzare per ottenere l’interscambio dialogico proficuo, nel confronto tra “diversità” intersoggettive.

Contenuti e metodologia

In questa tipologia di laboratorio, a base pedagogica, si è voluto impostare un lavoro creativo a livello cognitivo/apprenditivo ed anche con un particolare sfondo e richiamo didattico per l’impostazione e la metodologia di esecuzione dei contenuti, basati sul metodo di narrazione di sé, in forma prima orale e collettiva, di seguito più intimistica, scritta, sotto forma di diario, sia personale che ripartecipato tramite la lettura in classe reciproca e comunitaria. “L’uomo che non ritorna su quanto ha vissuto resta alla superficie di se stesso Non c’è esperienza nel puro accadere degli eventi” J. Thomas
Così il gruppo classe diviene una risorsa inesauribile ed imprescindibile a livello esperienziale di autonomia per ogni singolo elemento a livello didattico e interdisciplinare, sulla base del metodo cognitivo e metacognitivo autobiografico ed introspettivo, legato ad un discorso di pratica pedagogica più estesa a livello educativo che ritrova i suoi addentellati e retaggi nella pratica e cultura educativa militante a livello sociale di “pedagogia della memoria” o retrospettiva/introspettiva come cura e riappropriazione di sé, sulla base di un processo di auto ed eteroreferenzialità con l’altro da sé, il diverso, l’altrui differenza soggettiva, come veicolo alla riscoperta, alla conoscenza di sé, autostima, tramite un progetto multidisciplinare di “educazione interiore” e permanente. “L’educazione interiore, come contemplazione, meditazione, autoriflessione, lungi dall’essere soltanto una via ascetica, laicamente costituisce un programma che donne e uomini si sono sempre dati per ampliare pensiero ed intelligenza, per conoscere di più se stessi: attraverso l’esplorazione della loro autobiografia, una maggiore attenzione per la dimensione affettiva, lo sviluppo dell’immaginazione. Pedagogisti, insegnanti ed educatori hanno responsabilità e ruoli nelle attività di ascolto ed interpretazione delle esigenze più nascoste della mente, al fine di formare altri adulti con il compito di educare all’apprendere da se stessi ed a conoscersi, creando spazi e momenti per l’educazione al “sentirsi persone”.
Nei laboratori tenuti dalla sottoscritta si sono indagate essenzialmente delle tematiche argomentative comuni all'età dell'adolescenza, ma si sono verificate anche delle “trasposizioni”, delle “proiezioni” di progettualità nel futuro, in immedesimazioni verso molteplici e poliedrici “io futuri”. Attraverso l'utilizzo di mappe concettuali si sono ricavate le parole chiave, si sono sviscerati i concetti fondamentali relativi a determinati argomenti riguardanti a loro volta l’ampia gamma di eventi appartenenti alle esperienze di vita dell’essere umano:
per esempio:
Oggi parliamo di:

GLI STATI D’ANIMO, I SENTIMENTI
• Amicizia
• Amore
• Solitudine
• Gioia

E si studia ed indaga, tramite un discorso interrogativo, dialettico, analitico a livello collettivo, d’insieme, coinvolgente il Gruppo Classe, che prevede anche la partecipazione interattiva dell’insegnante, uno tra i tanti “sentimenti” posti in campo d’analisi e di discussione, mettendone in evidenza “metafore”, “Luoghi comuni” “Ricordi personali o archetipi”, “collegamenti” ed ulteriori concetti ricollegati alla parola chiave

Poi per esempio si valutavano alcuni Continua Apicali (Jung) o Peak Experiences (Maslow) dell’esistenza:
• Nascita
• Morte
• Vita
• Fantasia/creatività
• Gioco/avventura

Ogni ragazzo, dopo ampia discussione collettiva in classe e dopo aver steso in gruppo una mappa concettuale, attraverso una precedente tipologia di brain storming relativa all’argomento, sceglie alcune parole della mappa per rielaborarle ulteriormente sotto forma di testo creativo e di discorso, tramite i compagni e l’insegnante. Tale pratica sfocia in un elaborato scritto di un episodio relativo a degli eventi analizzati che hanno fortemente caratterizzato il passato dell’allievo o che semplicemente riaffiorano in modo istantaneo ed istintivo alla memoria, alla mente.
I laboratori sostanzialmente si basano e sottendono il loro focus educativo ed esperienziale sulla referenzialità reciproca della metodologia del racconto autobiografico relativo a determinati argomenti predisposti, prescelti sia dalla classe sia dall'insegnante “Nel momento relazionale dell’incontro tra chi è protagonista di una vicenda e qualcuno che si dimostra interessato ad essa subentra l’effetto di eterostima: il narratore si riconosce nelle parole altrui, di attenzione e conferma”. Di seguito si prosegue con la riscrittura su quaderno di tali eventi ed episodi riaffioranti dal ricordo evocativo ed introspettivo, tramite le abilità metacognitive del:

-rievocare (ricordare a voce, raccontando)
-commemorare (ricordare insieme)
-rimembrare (ricostruire riassemblare “membra” di eventi)
-rammentare (riportare alla mente)
-ricordare (riportare al cuore)

con metodologie di riflessione metacognitiva, che caratterizzano la vita passata, ma anche il futuro, la personale interiorità e progettualità che viene in questo modo riacquisita, recuperata, ripartecipata e riattualizzata per l’avvenire più recente o remoto. “La missione di questo insegnamento è di trasmettere non del puro sapere, ma una cultura che permetta di comprendere la nostra condizione e di aiutarci a vivere; essa è nello stesso tempo una maniera di pensare in modo aperto e libero”.

Introduzione teorica del laboratorio e giustificazione metodologica

L’analisi dettagliata delle esigenze di un gruppo efficace di lavoro o di un gruppo classe viene espressa nel Piano dell’Offerta Formativa, come descrizione del contesto socio ambientale del territorio, mettendo in evidenza le caratteristiche sociali del gruppo. Tramite una griglia descrittiva e osservativa il P.O.F. deve presentare i seguenti fattori:
• Quanti anni ha l’Istituto
• E’ localizzato in un quartiere o in un paese?
• Modifiche nel corso degli anni
• Quanti abitanti
• Le professioni degli abitanti
• I settori di impiego
• Quanti immigrati

Dunque occorre prendere atto di tali caratteristiche del bacino d’utenza, anche per formulare un progetto di laboratorio. Il P.O.F. stabilisce indicazioni sui bisogni del contesto territoriale e del bacino d’utenza dell’istituto scolastico, da cui l’insegnante evince l’analisi del quadro socio ambientale complessivo della classe singola o delle classi da cui attingere gli elementi e le risorse da impiegare all’interno del gruppo laboratorio. Da una piccola indagine socio economica si possono trarre informazioni importanti, perché spesso gli studenti non sono agevolati nel loro ambiente esosistemico che non facilita loro stimoli di

• apprendimento
• socializzazione
• comunicazione
• partecipazione
• autostima
• affettività
• ricerca del significato

Di conseguenza il docente deve assumere un atteggiamento di ascolto e comprensione delle problematiche sottese ai contesti ambientali e familiari da cui ricavare appunto l’Analisi dei Bisogni.
L’arancia di Maslow costituisce una rappresentazione di come appare la nostra sfera personale, in cui interagiscono diversi fattori:

• Comportamenti (percezione di noi stessi e degli altri)
• Atteggiamenti (forgiati dalla storia, dall’ambiente e dalla cultura dell’individuo)

Sfera emotiva e cognitiva:
• Sentimenti
• Opinioni
• Conoscenze
• Capacità

• Bisogni ( autostima, appartenenza, affettività, ricerca di senso e significato)
• Identità (sviluppo delle potenzialità e delle capacità di orientarsi nel mondo come dimensione propria dell’individuo in uno spazio/tempo, in cui è chiamato a scegliere ed imparare per un orientamento/equilibrio attivo e dinamico).

L’identità del giovane studente è in formazione, in evoluzione come ricerca di sé con un bisogno di costruzione dell’autostima che richiede attenzioni particolari, per cui l’adulto deve cercare di far concepire al ragazzo che egli ha un valore di per sé, in sé, in quanto individuo con una propria identità. Sulla base di tali premesse il lavoro di gruppo efficace deve puntare all’obiettivo di costruire e realizzare un senso di appartenenza che altrimenti i ragazzi rimpiazzano cercando bande o gruppi, a volte, poco raccomandabili. L’esigenza della dimensione gruppale a scuola si esplica tramite il continuo interscambio relazionale. La classe deve essere improntata sul modello di una piccola comunità di interscambio relazionale e affettivo tra ragazzi ma anche con gli insegnanti che devono prestare attenzione, ascolto, interesse per l’allievo. Il lavoro di gruppo sottende una “ricerca del significato”, del recupero di senso dell’impegno applicato in cui l’insegnante deve far sempre notare la ricaduta concreta del prodotto con una prospettiva finalistica a medio o lungo termine, per comunicare ai giovani e rassicurarli sui significati di vita ultimi, sui perché esistenziali, molto pressanti nella scuola contemporanea perché vengono meno delle certezze e dei punti di riferimento valoriali, un tempo maggiormente sentiti. La Tassonomia del pedagogista Frabboni consiste in un metodo e sistema di classificazione, ordinamento e descrizione inerenti tutte le facoltà dell’allievo fino dalla nascita, il cui scopo consiste nel concretizzare le capacità cognitive in un repertorio di operazioni, osservabili, in questo caso, all’interno del laboratorio, al fine di raggiungere prestazioni misurabili, quantificabili e valutabili attraverso l’integrazione di capacità intellettive nel saper fare e nelle applicazioni pratiche che convogliano in un risultato finale: il saper essere. Dunque concretizzare le capacità cognitive in un repertorio di prestazioni, in cui osserviamo come agisce lo studente per dimostrare che sta sintetizzando o svolgendo operazioni mentali metacognitive (inventando, creando con la fantasia, formulando ipotesi).

Analisi dei bisogni: osservazione e strumenti

Dal Regolamento relativo alla normativa riguardante il provvedimento di Autonomia scolastica (DPR 275/99) si evince che il P.O.F. (capo II art 3 del sopracitato DPR) stabilisce una flessibilità di programmazione didattica ed organizzativa che può benissimo adeguarsi alle esigenze non solo di recupero, ma anche di potenziamento lessicale di alcuni elementi provenienti da diverse classi che appunto hanno costituito, per scelta facoltativa, tale laboratorio. L’autonomia prevede la Flessibilità del curricolo (Programma) ed in quest’ottica presento tale laboratorio in base all’analisi dei bisogni (Prove d’ingresso; Test sociolinguistici) da cui emerge un problema educativo che riguarda l’esigenza di potenziamento degli aspetti educativi trasversali della socializzazione e partecipazione, rivalutandole in quanto risorse imprescindibili all’interno della sfera relazionale degli studenti, come fonte di legami amicali intensi ed a volte duraturi che costituiranno riserve di pensiero molto positive nel corso della vita non solo scolastica, ma dell’esistenza globale, complessiva dell’individuo nella sua integrità, in un’ottica di orientamento olistico della personalità in continua e permanente transizione evolutiva. “La relazione è una forma specializzata di comunicazione interpersonale…L’interazione esprime qualche cosa che si compie insieme e che tramite meccanismi consci o inconsci, affettivi o razionali, consente di stringere rapporti umani anche non finalizzati: d’amore, amicizia, aiuto.” Il senso di collegialità non deve essere proprio solo del Consiglio di Classe, ma deve costituire una pratica abituale per i ragazzi che va seguita, incanalata, curata, esplorata, incentivata. Nel laboratorio la motivazione e l’interesse alla socialità e partecipazione collettiva, vengono sviluppate attraverso il confronto dialogico tramite la didattica dell’ascolto, sollecitando il senso di entusiasmo per le attività di gruppo, la sensibilità, la percezione di un fattivo clima e del contesto esosistemico didattico di partecipazione e di responsabilizzazione delle proprie scelte di percorso. “Il modello cognitivo-costruttivistico si propone di superare le visioni riduttivistiche, biologizzanti o ambientalistiche, considerando l’interazione sociale quale occasione o luogo cruciale di costruzione della personalità e dei comportamenti sociali”. Il progetto di recupero lessicale in comunità, socializzando tra compagni, convogliato in laboratori di dibattito come possibili stimoli al dialogo ed al confronto tra diversità soggettive, intersoggettive ed intrapersonali, magari suscitando l’attenzione con frasi o parole ad effetto, come enunciati, pronunciando i quali notiamo ampio consenso, suscitando e stimolando così il senso di appartenenza al gruppo efficace di lavoro, stabilendo una scala di valori all’interno dell’insieme/ gruppo in cui vengono valorizzati anche e soprattutto i dissensi perché provocano capacità argomentativa, incentivano il confronto dialogico ed analitico:
-valorizzare abilità e competenze linguistiche

• Mediazione
• Negoziazione PENSIERO CONVERGENTE
• Dialogo Dominio cognitivo
• Confronto

• Opinione
• Capacità di ipotizzare PENSIERO DIVERGENTE
• Ideazione Dominio Metacognitivo
• Invenzione

Arrivando infine a sviluppare riflessioni personali e metacognitive (cosa ho provato, ho pensato mentre ascoltavo quella affermazione? o mentre raccontavo di me? o ascoltavo il racconto altrui?), quali autentici vissuti ed esperienze di vita quotidiana da esplorare e su cui ragionare, argomentare e relazionare.
Il laboratorio diviene così un imprescindibile progetto di solidarietà tra studenti ed insegnante/i dove si dibattono i problemi legati ed inerenti la nostra attualità. La crisi della scuola non è proprio culturale, perché costituisce l’ultimo baluardo di valori dopo il crollo delle ideologie, le instabilità politiche, la perdita di certezze e di punti di riferimento valoriale, l’individualismo sfrenato, la sete di potere che coinvolge tutte le istituzioni, la perdita del senso di comunità e solidarietà tra individui, popoli ed etnie.

Costituzione del gruppo di progetto

Il Gruppo di lavoro formatosi per scelta facoltativa dei componenti al fine di attivare il suddetto laboratorio risulta costituito da 10 ragazzi provenienti da 3 classi prime differenti. Gli elementi del Gruppo appaiono tutti fortemente motivati dalla pratica di laboratorio di scrittura, basata essenzialmente sulla tecnica del Brain storming (tempesta di concetti nella mente), della consecutiva stesura di una Mappa Cognitiva o Concettuale e di Piani di Lavoro diversificati, a seconda delle diverse tematiche ed argomentazioni in programma che si intendono trattare.
Il laboratorio in questione costituisce un percorso motivante impostato sulla base di un modulo disciplinare comprendente diverse tematiche legate al quotidiano ed ai più svariati percorsi dell’esistenza umana. Risulta importante che il processo di insegnamento e la consequenziale risposta di apprendimento tengano conto dell’ESPERIENZA, del vissuto come origine primaria e fonte inesausta esemplare del processo cognitivo, metacognitivo stimolante l’apprendimento.
Il laboratorio risulta impostato sulle argomentazioni derivanti dal confronto di racconti scaturiti dall'esistenza quotidiana (esperienza di vita), veicolata all’interno del gruppo e tradotta in autonarrazione e racconto con il tramite della COMUNICAZIONE convergente sulle quattro abilità didattiche;

tenendo presenti tutti gli aspetti teorici nell’attività pratica:
• La relazione educativa all’interno del gruppo di lavoro che assume differenti e complesse dinamiche intercomunicative
• Applicazioni tecniche ed informatiche (riscrittura testi e racconti in videoscrittura)
• Apprendimento/insegnamento e valutazione
• Continui

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