L’Italia delle migrazioni

A Milano un genitore di colore è stato buttato a terra e ammanettato mentre
portava il proprio figlio a scuola; a Roma Thong Hong-shen, cinese, è stato
picchiato da un gruppo di minorenni alla fermata dell'autobus; a Parma
Emmanuel, Ghanese, è stato picchiato e insultato da agenti in divisa perché
sospettato di vendere droga.
Questi sono solo alcuni degli ultimi avvenimenti legati al clima di
intolleranza che si sta venendo a creare nel nostro Paese, una situazione
generata dalla paura nei confronti di coloro che sono diversi: sono di un
altro colore, hanno un'altra religione e cultura di appartenenza.
Le migrazioni sono fenomeni naturali che da sempre caratterizzano le società
umane: come non ricordare quelle che a scuola vengono definite invasioni
barbariche? O i movimenti che hanno
Oggi abbiamo l'illusione che questi movimenti abbiano ripreso vigore perché
per la prima volta coinvolgono l'Italia e il resto d'Europa non più come
luogo di partenza per tutti i disperati con la valigia di cartone, tipici
dell'immaginario comune, ma come meta, punto di arrivo. La condizione di
paese luogo di immigrazione viene rifiutata da molti, ma fortunatamente non
da tutti: Germania e Gran Bretagna, ad esempio, da mesi lavorano a una
politica nazionale per l'integrazione e la gestione delle migrazioni.
Questo è stato l'argomento di discussione del convegno tenutosi a Roma il 26
settembre (cittadinanza, integrazione e politiche migratorie), presso la
sala conferenze della camera dei deputati, e organizzato dall'UNAIE,
l'unione nazionale delle associazioni che si interessano ai fenomeni
migratori.
Per tutto il giorno si sono succeduti relatori per lo più migranti (italiani
emigrati all'estero e immigrati giunti in Italia molti anni fa), che
attraverso il racconto delle loro esperienze personali hanno cercato di fare
il punto della situazione sulle politiche migratorie presenti all'interno
della Comunità Europea.
L'Italia, purtroppo, è risultata essere in una posizione molto difficile e
arretrata, in particolare se considerata a confronto con Germania e Gran
Bretagna, paesi che presa coscienza della propria realtà di meta per un gran
numero di migranti, stanno cercando di orientare le proprie politiche verso
l'integrazione e la tolleranza.
E' stato estremamente interessante e stimolante per me, in quanto
ricercatrice, ma immagino anche per coloro che si occupano di questi temi ad
altri livelli, sentire delle voci ottimistiche, ma realistiche, raccontare
ed evidenziare tutto ciò che di positivo i fenomeni migratori possono
offrire, e che normalmente viene dimenticato o volontariamente taciuto:
nuove forze per l'economia, uomini e donne diplomati e spesso laureati,
persone che hanno voglia di rifarsi una vita e aiutare gli altri a costruire
un Paese in cui poterlo fare.
Nessuno ha dimenticato che esistono episodi di violenza e di criminalità
sviluppatisi nelle comunità di migranti, ma ci si è anche chiesto perché
questo succede, quali sono le cause scatenanti. La risposta è sempre la
stessa: finché le politiche esistenti rendono estremamente difficile
ottenere il permesso di soggiorno e rinnovarlo, finché permettono ai datori
di lavoro di assumere in nero e vogliono impedire ai figli di “immigrati
irregolari e clandestini” di godere del proprio diritto all'istruzione
(questa non è ancora legge, ma è solo una proposta), finché si cerca di
nascondere le motivazioni che scatenano episodi di razzismo violento, allora
coloro che hanno la forza e la voglia di costruirsi un futuro probabilmente
cominceranno a farlo qui, ma per trasferirsi poi in un altro paese.
Numerosissimi sono, infatti, coloro che pur avendo quasi terminato il
proprio percorso migratorio hanno deciso di non fermarsi nel Bel Paese, ma
di proseguire verso altre mete che possono offrire loro diverse opportunità
e soprattutto sicurezza: sono tanti, oramai, i racconti di coloro che non si
sentono tranquilli girando per strada o servendosi dei mezzi pubblici,
semplicemente perché hanno la pelle di un colore diverso o gli occhi a
mandorla.
È deludente sentir parlare dell'Italia in questi termini, ma purtroppo
questa è la società plasmata dalle informazioni che i mezzi di comunicazione
e i politici trasmettono. Informazioni errate o incomplete, ma che fanno
molta presa sul grande pubblico italiano.
Credo che da questo convegno si possano trarre numerosi spunti per poter
modificare e migliorare la politica migratoria attualmente vigente in
Italia. È vero che in questo momento nessuno sa come costruire una società
multiculturale, ma imparando dagli errori commessi in passato e collaborando
con gli altri Paesi e con il mondo associazionistico coinvolto in questi
fenomeni, si possa costruire un nuovo modo di vedere le migrazioni: non più
come elemento di disturbo, di disagio e pericolo, ma come qualcosa che possa
regalarci nuove opportunità.

Valeria Davini
www.lombardinelmondo.org

Qualche riga sull'autrice

Presentazione

Sono una studentessa iscritta al corso di laurea specialistica in Scienze e
Culture dell'ambiente e del paesaggio (geografia), percorso di studi poco
conosciuto e spesso associato alla semplice conoscenza degli aspetti
naturali del territorio.
In realtà questi anni di università mi hanno permesso di entrare in contatto
con una molteplicità di discipline prima di tutto geografiche, ma anche
sociali, giuridiche, urbanistiche e umanistiche. La geografia, infatti,
studia i rapporti che esistono tra uomo e ambiente, come questi si
condizionano vicendevolmente: esistono innumerevoli aspetti che si possono
analizzare, infiniti punti di vista dai quali si possono studiare queste
relazioni e quello da me scelto riguarda le migrazioni, come questi
movimenti, da sempre esistiti, modificano le condizioni economiche, sociali
e culturali di un luogo.
Per concludere i primi tre anni del corso di laurea ho scelto di scrivere
una tesi sulle migrazioni nell'Alto Milanese: attraverso una ricerca
bibliografica relativa alla storia locale e grazie all'analisi dei dati di
movimento della popolazione negli anni di censimento dal 1861 a oggi, ho
ripercorso le fasi del grande sviluppo economico e sociale di quest'area
iniziato intorno al 1870 e terminato negli anni '70 del Novecento, in
concomitanza con la crisi del comparto tessile.
Analizzare da un punto di vista oggettivo questi movimenti, entrare in
contatto diretto con i loro protagonisti attraverso delle interviste e
grazie alla collaborazione di associazioni locali, mi ha permesso di
rendermi conto di come, in realtà, nessuno di noi riesca a guardare a questi
fenomeni senza alcun timore, senza nessun pregiudizio: purtroppo fa parte
della natura umana diffidare e temere di ciò che consideriamo diverso,
culturalmente ma anche fisicamente. In prima persona ammetto di essermi
avvicinata cautamente alle aule in cui una moltitudine di visi con caratteri
somatici estremamente differenti si affollavano per seguire corsi di
italiano, ma osservare queste persone, per lo più ragazzi molto giovani, mi
ha consentito di entrare in un mondo in cui la musicalità di tante lingue
diverse, i racconti delle esperienze affrontate hanno fatto crollare le
barriere invisibili che di solito mi dividono da loro. Non c'era più la
paura, ma semplicemente la voglia di condividere un pezzo di sé, offrire
quanto di bello appartiene alla mia cultura e prendere un pezzo della loro.
Guardando il telegiornale o sfogliando i quotidiani si viene spesso assaliti
da immagini totalmente opposte che hanno portato, in questo ultimo mese, a
reazioni violente, anche da parte dei più giovani. Sono convinta che se si
riuscisse a far emergere quanto di positivo le migrazioni portano nei paesi
di arrivo molti problemi sarebbero risolti. Certamente è molto difficile
trovare una soluzione, sono anni che i governi vi si applicano, ma è proprio
per questo che bisognerebbe affrontare queste tematiche non come qualche
cosa di marginale e secondario, ma come una questione da risolvere al più
presto investendo risorse economiche e umane.
Questo è uno dei motivi che mi hanno spinta a proseguire su questa strada
con una tesi di laurea specialistica sui cambiamenti fisici che le
migrazioni, dai primissimi anni del Novecento, hanno apportato alla città di
Milano.

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