Vendita Alitalia, la missione è tutt’altro che compiuta

di Renato Scattarella

IL GOVERNO FA UN REGALO ALL’ALTA FINANZA ITALIANA, MENTRE LA COMPAGNIA, QUELLA VERA, FALLISCE.

A sentire Berlusconi e Tremonti la faccenda Alitalia si sarebbe ormai conclusa con tanto di lieto fine. Ma l’analisi del governo si scontra, malgrado la pressante propaganda, con la dura realtà economico finanziaria della compagnia di bandiera. Quella che ci troviamo davanti in questi giorni altro non che è una notifica di insolvenza per la vecchia compagnia, che verrà commissariata e dimessa, mentre la flotta aerea e le rotte verranno vendute “in saldo” ad una cordata di finanzieri e immobiliaristi, alcuni dei quali noti per avere fatto speculazioni edilizie e truffe più o meno legalizzate ai danni dei consumatori.
Dura ormai da troppi anni la situazione Alitalia con responsabilità che attraversano più di una stagione politica e più di un partito. La vicenda però è tutt’altro che conclusa e consiglierei al premier di andare cauto con i proclami, anche perché c’è ancora in gioco il destino di migliaia di lavoratori per i quali occorre rispetto e attenzione soprattutto in un periodo di stagnazione economica come quello che sta passando il nostro paese.

Chi può dormire sonni tranquilli invece è “la cordata dei benefattori”, la quale ha ricevuto in dote dal governo la parte produttiva della compagnia e si appresta a far valere le proprie azioni, comprate a ribasso, in quella che è la più grande svendita pubblica degli ultimi anni.

Altro che mamma li francesi! Qui ci troviamo un Tronchetti (3.000 cassaintegrati alle spalle) che esce dalla finestra di telecom e rientra dalla porta principale di Malpensa, un Ligresti, che quando governa il centrodestra spunta fuori in tutte le salse, per non parlare dei Benetton, che ricorderete nella splendida performance di autostrade per l’Italia con la tentata vendita agli spagnoli di Abertis.

Mancano all’appello Fiorani e Ricucci, i quali sono fuori dai giochi a causa del vituperato strumento delle intercettazioni (che hanno consentito di smascherare i veri obiettivi di certe cordate). Chissà, magari se la riforma della giusitizia che vuole Berlusconi fosse arrivata prima, avremmo un Ricucci al posto di Colanninno e la Banca Popolare di Lodi a fare da advisor, con buona pace della lega e in nome della tanto acclamata italianità!

La realtà è che la vecchia Alitalia è ancora in piedi ed è gestita,udite udite, dal governo italiano. La chiamano bad company ma altro non è che l’Alitalia rimasta nelle mani dell’azionista pubblico. Alla fine è sempre lo Stato che dovrà gestire una compagnia piena di debiti e dunque cosa cambia per il contribuente?

Per non parlare dei benefici per i consumatori, quello che si sta delineando infatti è un tentativo di monopolio privato (60% del mercato e niente antitrust) in cui saliranno le tariffe e non è dato sapere cosa ne sarà della qualità.

Altro che missione compiuta, è un crack in piena regola, come ha detto Ichino ai microfoni di Radio24, i debiti e gli esuberi finiranno per gravare sulle spalle del cittadino contribuente e per la finanza pubblica cambierà molto poco soprattutto nel breve e medio periodo.

E’ chiaro che ci si augura un lieto fine, ma questo è molto di là da venire, e capisco la fretta di Berlusconi di far apparire oro ciò che nella realtà non luccica ma prima o poi i nodi verranno al pettine.

Alitalia però è anche l’amara dimostrazione che non esistono più imprenditori solidi in Italia, ma solo speculatori che investono sotto l’ala protettiva della politica e non producono né risorse né nuovi posti di lavoro. Non è un caso che in questi giorni Banca Intesa stia cercando un partner estero come Air France o Lufthansa, poiché senza di questi ci sarebbero perdite, dovute ai costi gestionali, non ricompensate dai tanti azionisti e benefattori italiani.(www.agoramagazine.it)

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