da Francesco Borrello
Egregio Direttore,
alcuni giorni fa è uscito il decimo rapporto dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e Territorio sulla gestione dei rifiuti in Italia nel 2006 (disponibile su www.apat.gov.it): rispetto all'anno precedente la produzione è aumentata del 2,7% raggiungendo i 550 Kg per abitante all'anno (l'obiettivo è di 290 kg per abitante/anno); si sono raccolti differenziati il 25,8% del totale prodotto, (40% al Nord, 20% al Centro e 10,2% al Sud) e così cresce l'industria del riciclo e recupero di materia dai materiali raccolti separatamente, dal settore del compostaggio a quello del recupero dei materiali di imballaggio.
D'accordo sul fatto che corretta gestione dei rifiuti vuol dire diminuzione del residuo non differenziato che va in discarica (un costo), riducendone la produzione o aumentando il recupero di materie prime secondarie (un ricavo), in Italia negli ultimi anni si stanno confrontando due scuole: quella bresciana e quella trevigiana. Sviluppate in due provincie d'Italia paragonabili sia per numero di abitanti che per livello di benessere raggiunto: Brescia riesce a farsi consegnare differenziati il 34,2% dei 617 kg di rifiuti che ciascun cittadino produce ogni anno, mentre a Treviso i cittadini ne producono 399 kg e li consegnano differenziati al 66,6%. Questa bassa quantità prodotta e alta percentuale di differenziata sono caratteristiche specifiche del sistema di raccolta domiciliare “porta a porta” che, evidentemente, spinge i cittadini a non comprare merci inutilmente ricche di scarti, con una differenziata di qualità che permette ad esempio al Veneto di certificare il compost (terra) che produce dalle parti umide (avanzi di cibo, foglie, sfalci ecc.), mentre, probabilmente, a Brescia il fatto che alla fine della raccolta i rifiuti vengano bruciati non ispira nelle persone lo stesso tipo di attenzione.
Altre differenza tra i due sistemi: a parità di costi complessivi per abitante, Treviso crea molti più posti di lavoro nelle varie aziende che trasformano le materie prime recuperate eliminando quasi del tutto il conferimento in discarica cosa che a Brescia non riescono a fare dovendo portare in discarica più di 100.000 tonnellate all'anno di scarti.
Certo alcune specie di rifiuto sono un buon combustibile: legno da cui non si può ricavare truciolato, carta non utile per le cartiere e plastica non riciclabile (degli oltre 200 tipi esistenti sono riciclabili solo 5 o 6) arrivano a 4000/4500 chilocalorie al kg, ma di questa qualità non ci sono quantità così elevate da giustificare la costruzione apposita di termovalorizzatori in ogni città d'Italia e sarebbero sufficienti a consumarlo le industrie già esistenti.
In Italia, durante il ventennio fascista, per soddisfare il bisogno di materie prime si sviluppò una rete di recupero e riciclo dei rifiuti che funziona ancora oggi per i metalli come ad esempio l'alluminio, del quale riusciamo a recuperare e riciclare la maggior parte di quello che buttiamo, primi al mondo.
francesco.borrello@acqualibera.net
Ruggiano (LE)