…e l'oste?
Nel riassetto logistico dei partiti maggiori capitanato da Veltroni che ne ha dato l’impulso primario, Udc e AN, saranno quelli che pagheranno per tutti. Frazionato, avvilito anche da una leadership asfissiante l’Udc ha pressoché, sbagliato tutto. Perde il centro. La postazione centrale della politica italiana è occupata ormai dal Partito Democratico. Perde l’alleanza con Berlusconi. Perde Tabacci e Baccini che formeranno una Cosa Bianca, i sondaggi parlano del 3%. Ha perso Giovanardi oramai nelle file di Forza Italia. Perde anche la proverbiale moderazione che lo ha, per dirla alla Baccini, caratterizzato “fortemente”. Personalmente, non credo lo si possa dare al di sopra del 5% e sarebbe un bel passo indietro. La colpa è tutta, ma proprio tutta di quello che di Casini ne ha combinati tanti. In realtà, questo sempre rampante eterno giovanotto in maniche di camicia che accompagnerà ancora e per tutta la vita (sic!) i prossimi nascituri, soffre di una mania di protagonismo assoluto che ne fa un emulo di Silvio Berlusconi. Di questi invidia il carisma e l’influenza che ha su quanti hanno a che fare con lui. Figuriamoci, il Cavaliere ha portato Alleanza Nazionale, il partito della Fiamma sempre accesa, a diluire non solo la compagine figlia del Movimento Sociale Italiano in Forza Italia, ma l’ha portato, nei fatti, a sciogliersi il che potrebbe significare perdere definitivamente ogni connotazione personalistica e storica. Senza dubbio, Storace, Buontempo e Santanchè che sono usciti da Alleanza Nazionale, hanno avuto ragione dal loro punto di vista, a defilarsi prima dell’ennesima “svendita” di identità di Messer Fini. Gli altri dirigenti del partito come pensano di assumersi il peso politico di questa scelta? Qui è in gioco l’esistenza stessa di Alleanza Nazionale e non sono bruscolini. Succede sempre così. Quando uomini politici come Fini e Casini che hanno aspirato ed aspirano alla ribalta costante hanno la sfortuna di condividere la loro presenza con figure come Berlusconi, sono costretti a fallire, un po’ per rabbia, un po’ per fretta. Le reazioni che ne sminuiscono lo spessore, hanno portato l’uno, Fini, ad accettare senza se e senza ma, praticamente senza condizioni, l’annullamento del suo partito in quello di Berlusconi e a federarsi con la Lega con la quale chiosò di non voler più neanche prendere un caffè, e l’altro, Casini, ad allontanarsi e correre da solo come se il passato della vecchia Democrazia Cristiana bastasse a far da garante alle sue aspirazioni. Se a tutto questo proviamo ad immaginare una vittoria con un margine del 2 o 3% di uno dei due schieramenti, il quadro sarà completo nella sua disarmante drammaticità. Chiunque vincesse in queste condizioni, sarebbe destinato a mollare nel giro di qualche mese, si sa. Con la conseguenza che, chi avrà voluto a tutti i costi andare alle elezioni, si beccherà una batosta ulteriore dato il fallimento urlato ed annunciato da chi avrebbe voluto invece porre in essere una legge elettorale migliore per assicurare la governabilità. Non c’è ombra di dubbio che i pasticci maggiori li hanno combinati proprio Fini e Casini dentro e fuori dai rispettivi partiti rendendo le elezioni quasi una prova del nove della loro reale consistenza.
Saranno i numeri veri, quelli che usciranno dalle urne, a dare l’esatta dimensione dei nuovi rapporti di forza. Non certo quello dei sondaggi che, un po’ di destra e un po’ di sinistra, vogliono solo condizionare il voto approfittando del momento mediatico favorevole. Ne vedremo delle belle. Certo, stare nei panni di Fini e Casini, dopo le elezioni, potrebbe essere addirittura imbarazzante.