Marini rassegnato

di Andrea Scarchilli

Lo spiraglio di cui parlava qualche giorno fa l'esploratore Franco Marini era con tutta probabilità un luogo dell'anima o, più prosaicamente, una dichiarazione dovuta alle funzioni istituzionali che impongono di ravvisare “vis a vis” prima di prendere atto. Il mandato – finalizzato all'assemblamento di una maggioranza che si sarebbe dovuta incaricare di una riforma del sistema elettorale – si è risolto nel nulla. Il presidente del Senato si è recato al Quirinale per rassegnare l'incarico e riconsegnare nelle mani del Capo dello Stato il timone della crisi. Giorgio Napolitano si trova di fronte a due strade. Sciogliere le Camere e indire nuove elezioni – che si dovrebbero tenere, al più tardi, il 13 aprile – o incaricare una seconda personalità. Il prescelto dovrebbe, a quel punto, presentarsi in Parlamento per incassare l'inevitabile sfiducia. E' la prospettiva del governo di minoranza, che toglierebbe dalle mani di Romano Prodi l'onere di traghettare il paese alle urne. Ma al momento appare una prospettiva parecchio fantasiosa, se non altro perché non esistono i presupposti istituzionali per giustificarla.
Stamattina (lunedì) è stato il turno di Alleanza nazionale, Forza Italia e Partito democratico. La giornata si è aperta con lo scompiglio suscitato da un articolo del direttore del berlusconiano “Giornale”, Mario Giordano, in cui si arrivava a ipotizzare un'alleanza elettorale tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, sulla base di “15 punti programmatici”. Gli interessati hanno smentito all'istante.
I leader delle forze politiche che hanno incontrato Marini hanno confermato le posizioni note. Il presidente di An Gianfranco Fini è stato netto: “La nostra Costituzione non prevede governi per fare i referendum o per fare la legge elettorale. Per i governi serve un programma politico e non esistono le condizioni per trovare una maggioranza in Parlamento”. E' la linea del voto immediato, lanciata e ribadita da Berlusconi: un segnale di apertura da parte di Fi nei confronti del centrosinistra si potrà avere, ma solo dopo il risultato elettorale.
“Mi auguro – ha affermato Berlusconi dopo il confronto con Marini – che in seguito ci sia dialogo, perché siamo in una situazione veramente drammatica”. Ora, però, l'ex presidente del Consiglio si dice convinto che “la cosa migliore per affrontare i gravi problemi del Paese sia quella di dare al più presto possibile un governo legittimato da un voto popolare”. Il segretario del Pd Walter Veltroni, dopo avere ascoltato Fini e Berlusconi, vede “il rischio di una occasione perduta”. I democratici comunque hanno chiesto “tre mesi, non 30 anni, per scrivere le nuove regole. Una breve collaborazione oggi consentirebbe all'Italia di essere più sicura domani”.
Ma il tempo che chiede Veltroni lo spenderà come leader del Pd in campagna elettorale. Il segretario conta di impostarla tutta sulla linea dell'omogeneità da contrapporre alla ripetizione dell'alleanza larghissima che si preannuncia essere la Casa delle libertà. Unici referenti, al momento, paiono essere l'Italia dei valori e il Psi. Ma è da capire che se Veltroni voglia ammettere le liste dei due partiti in una mini coalizione a tre, o voglia invece limitarsi ad ospitarne i candidati nelle liste del Pd.

Quanto alla sinistra, è da giorni che si parla di una possibile desistenza per rendere più incerta la partita di Palazzo Madama. Ma come tale “desistenza” possa convivere con il “Porcellum” – piuttosto rigido con la dichiarazione preventiva delle alleanze – non è chiaro. Un'alleanza con i contenuti appare, del resto, sempre più ardua. In un'intervista a “Sky Tg24”, il ministro democratico delle Riforme, Vannino Chiti, ha indicato nel prossimo voto di rifinanziamento delle missioni militari la prova del nove per la scelta dei futuri alleati. Un monito neanche troppo implicito alla sinistra, condito dalla ripetizione della linea dettata da Veltroni: “Il Partito democratico ha l'ambizione maggioritaria ma non all'isolamento. Noi definiremo alcune priorità programmatiche come proposta del nostro partito e poi ci confronteremo: con quelli con cui ci troveremo effettivamente d'accordo costruiremo le ragioni di una nuova alleanza”. Il governo dimissionario, nel frattempo, studia l'escamotage per evitare che i prossimi vincitori delle elezioni si trovino tra le mani il referendum da indire. Si pensa a fissare subito la data, in maniera che, una volta sciolte le Camere, slitti automaticamente di un anno.
C'è movimento anche nel centrodestra. Il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa, si è trovato sul tavolo due grane. La prima era una dichiarazione in cu lo stesso Cesa pareva alimentare dubbi sulla leadership di Berlusconi. Il segretario ha chiarito così nel pomeriggio: “'La domanda che mi era stata rivolta riguardava l'eventualità di un governo istituzionale da concordare con l'opposizione dopo il voto e prospettato dallo stesso Berlusconi. E' chiaro che il presidente del Consiglio deve essere il leader della coalizione in quanto leader del partito maggiore”. Ma “nel caso invece si dovesse arrivare al governo di pacificazione che noi abbiamo proposto il premier non potrà che essere concordato con tutto l'arco delle forze che lo sostengono”. La linea dell'Udc, tuttavia, dopo un'eventuale vittoria della Cdl difficilmente troverà ascolto all'interno della coalizione. Berlusconi ha concordato con Pier Ferdinando Casini la necessità di dare vita a una legislatura “costituente”, ma dalle parti di Forza Italia si pensa a concedere agli avversari non più della presidenza di un ramo del Parlamento, presumibilmente il Senato.
L'altra grana è la seconda miniscissione che si è consumata all'interno del partito dello scudo crociato. Dopo i “tabaccini” che hanno dato vita alla “Rosa Bianca”, I popolari liberali di Carlo Giovanardi ed Emerenzio Barbieri – assieme ad altri sette membri della direzione – hanno annunciato la prossima confluenza nel “Popolo delle libertà”. Doveva essere la nuova Forza Italia che doveva nascere, secondo i vecchi programmi, a marzo. Ma con la campagna elettorale nel vivo, nella migliore delle ipotesi non sarà più che una lista civetta che convivrà al fianco di quella di Forza Italia. (AprileOnline)

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