Diario argentino: il saluto

di Carmen Rucci

L'Argentina è una scoperta, specie per chi si accosta a questa immensa e
affascinante terra con lo spirito del viaggiatore, pronto a scorgere in ogni
sguardo una storia. E questo percorso dell'anima ha regalato a noi tre
(Alessandro, Carmen e Massimiliano) momenti di grande liricità, ha
approfondito la nostra amicizia e conoscenza di noi stessi e sopra ogni cosa
ci ha sorpreso sempre.
L'Argentina non mi ha dato ciò che mi aspettavo. Se ripenso ai giorni
immediatamente precedenti la partenza fra dépliants e tour consigliati,
sorrido.
Devo ammettere che avremmo potuto vedere di più, molti giorni sono andati
“persi” in pranzi a base di squisita carne in compagnia di parenti e amici
appena conosciuti.
L'Argentina mi ha dato invece: amore spontaneo, privo d'interessi, quello
stesso amore che gli italo-argentini, anche di terza generazione, provano
ancora per l'Italia e che noi ignoriamo….
“Sono nato in Argentina per caso, ma sono italiano nell'anima” dice mio
cugino, Gustavo Oronzo Rucci.
Il secondo nome è quello di suo nonno e di mio padre. Mi fa effetto sentire
il mio cognome a più di 11 mila metri di distanza da casa, in una terra così
diversa e così simile.
Oronzo Rucci era il fratello di mio nonno, che nel 1923 lasciò la sua
famiglia per l'America.
“Era un grande artigiano del marmo, maestro nell'arte dello scolpire,”
afferma orgoglioso Gustavo, mentre a tutta velocità sguscia fra i taxi
impazziti di Buenos Aires.
Arrivato in città si stabilì con gli zii Ricci, che avevano una marmeria.
Azienda che nel 1946 passò a Oronzo e ai suoi tre figli, fra cui Antonio,
che adesso seduto accanto all'autista, non parla. Mi ricorda mio nonno,
conosciuto solo dalle foto.
“Vorrebbe parlarti, ma conosce solo lo spagnolo,” confessa Gustavo.
“E a te chi l'ha insegnato?” chiedo.
“Mio nonno Oronzo. Quel poco d'italiano che parlo lo devo a lui. Ogni
domenica, dopo aver seguito la messa, iniziava la lezione -Impara, perché un
giorno ti servirà- mi ripeteva” ricorda mio cugino.
Antonio,come tantissimi figli di emigrati italiani, il tempo di apprendere
non l'ha avuto, ha lavorato dall'età di 10 anni e ora, con 55 di carriera
alle spalle, pensa a una meritata vacanza con la sua bellissima moglie
Carmen a Mar del Plata.
Presto l'azienda, subirà un nuovo passaggio di potere, passerà ai figli
Gustavo e Fabiano.
Il traffico caotico mi fa pensare a Bari. Si rischia l'infarto a ogni
incrocio e, mentre Massimiliano invoca la Madonna, gli autisti si mandano a
quel paese esattamente come da noi.
Per strada tante le insegne italiane e interi quartieri intitolati a città
come Palermo o a italo-argentini illustri.
L'Argentina l'hanno fatta gli italiani, pensando alla loro terra e a come
avrebbero voluto che fosse stata, quando l'hanno lasciata.
“Ho sempre sognato di tornare in Italia, con la mia famiglia. Sicuramente lo
farò, ma probabilmente solo da turista – confida Gustavo – Nella vita però
non si può mai dire, potrebbero offrirmi una corrispondenza,” continua mio
cugino, che, oltre a lavorare col padre, è giornalista sportivo e allenatore
di calcio.
La macchina s'inchioda nel parcheggio dell'aeroporto. E' il momento dei
saluti, ma non degli addii.
Le iniziative sono tante e maggiori le possibilità di rivedersi rispetto a
quando c'era solo un bigliettino con un prefisso argentino a legarci.

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