Da Parigi sono arrivate lettere di un Natale triste, ma non lettere rassegnate. La speranza è il filo che lega voci lontane.
Comincia così la prefazione di Elie Wiesel, premio Nobel, scrittore che sessant’anni fa ha sopportato la stessa disperazione vagabonda di Ingrid, di Clara Rojas e del suo bambino, dell’ex parlamentare Consuelo Gonzales de Perdono: stanno marciando verso la libertà in chissà quale Amazzonia mentre la Betancourt resta prigioniera.
Cinismi in apparenza diversi ma egoismo e vanità li avvicinano. La versione integrale della lettera di Ingrid e la risposta dei suoi ragazzi esce a Parigi il 3 gennaio, editore Seuil. Un amico mi ha spedito le bozze, ne anticipo qualche riga per far capire che non si tratta della furbizia di un istant book commerciale: è il solo modo concesso a Mélanie e a Lorenzo per far sapere alla madre che il mondo non l’ha dimenticata e che il dolore della sua immagine è una ferita aperta sotto le frivolezze del Natale mangia e compra. La Betancourt non deve essere dimenticata perché non è mai stata tanto in pericolo da quando il caso è scivolato nei geroglifici di un intrigo internazionale mentre le sua resistenza sta declinando. Non dimenticarla con un librovuol dire portare queste lettere ai microfoni di France International e di certe radio colombiane: ogni settimana leggono a chi è sperduto i messaggi dei familiari.
vita.
Scrive Mélanie
Se la prosa
governo le abbiamo riascoltate in ogni altro paese, dall’America Latina all’Europa, Francia, soprattutto… Mi domando cosa pensi, mamma, in fondo alla foresta ascoltando briciole di informazioni alla radio… Forse non credi più alla possibilità di tornare. Io ci credo. C’è qualcosa che supera la nostra volontà. Tanti occhi sono rivolti verso voi ostaggi, sguardi che si indignano, coscienze che si svegliano, mobilitazione che attraversa il mondo… Mamma, sappiamo che bisogna fare in fretta.
Sappiamo che stai toccando il fondo. Immaginiamo quanto sia difficile trovare la forza per un’altra notte di sofferenza, un’altra marcia forzata nell’inferno; altre umiliazioni… Non è una lettera d’addio. È una lettera di ben trovata. A presto, mamma>.
Nelle 169 pagine del libro si ringraziano Hugo Chavez e Sarkozy, Piedad Cordoba, senatrice colombiana che ha tirato i primi fili della mediazione coinvolgendo il presidente venezuelano. Su Uribe e il suo governo Mélanie e Lorenzo rovesciano parole di sdegno che la buona educazione prova a sfumare.
Uribe ha tolto a Chavez la mediazione mentre Chavez stava per ricevere la lettera e le immagini di Ingrid e di altri ostaggi dopo quattro anni di niente.Vice presidente della Colombia è Francisco Santos, fino a qualche mese fa tra i proprietari e direttore del
Betancourt, è importante come ogni altro ostaggio, ripete. Ma prima di lei le Farc hanno rapito altre 2000 persone. L’obiettivo non può concentrarsi su un solo prigioniero; deve programmare la restituzione immediata e senza condizioni di tutti. Principi sacrosanti che annunciano la paralisi. Fermi, aspettiamo.. Era il febbraio 2007. Si ricordavano i 5 anni di prigionia della signora che aveva sfidato Uribe alla presidenza promettendo un paese senza caste, multinazionali sotto controllo, politica solidale e sensibile al destino di 3 milioni di uomini e donne in fuga dalla guerra interna: profughi dimenticati. Il mese scorso il vice presidente Santos imbuca consigli più o meno uguali indirizzati ai sindaci di tante città francesi: non esponete il ritratto della Betancourt, non accentrate il problema degli ostaggi solo su questa donna. E mentre il Tiempo (comprensibilmente filo governativo) ne mette in dubbio l’equilibrio mentale temendone il ritorno e accusando Chavez di ingerenze inaccettabili per essere riuscito a provare che Ingrid è viva ed é prossima la liberazione di tre prigionieri importanti; mentre si sparge fumo per confondere le idee, il sindaco del diciottesimo arrondissement di Parigi copre i Campi Elisi con l’immagine della Betancourt. Adesso é più che mai in pericolo: i bombardamenti sbadati dell’esercito insistono con la soluzione di forza. Solo per caso – spiegano i ministri di Uribe – le forze armate colombiane manovrano in queste ore attorno alle frontiere amazzoniche verso le quali stanno marciando Clara, il suo bambino e il terzo ostaggio.
Camminano accompagnate dalle Farc. E se una pattuglia del governo
A chi daranno la colpa giornali e Tv, in agguato per conto del presidente Uribe? Agli orribili guerriglieri, naturalmente, davvero orribili, non solo nella crudeltà, soprattutto nel dosaggio dei ricatti. Tre morti in più o in meno non cambiano il loro profilo morale ma regalano ad Uribe la rivincita sul Chavez che continua a mediare con l’appoggio a Washington dei senatori democratici James McGovern, Bill Delahunt, e Gregory Meeks.
Lontano dalla foresta per salvare almeno la faccia, Uribe fa girare la giostra degli appelli e degli abbracci con presidenti amici. Nebbia nella quale è complicato orientarsi. Confondere per non risolvere é l’ultima maniglia alla quale si aggrappa per non perdere il rispetto degli elettori e non avvilire la poltrona che vorrebbe eterna, proprio come Chavez ma nessuno se ne meraviglia. Mentre scrivo, Clara, il bambino e l’altra signora ostaggio attraversano l’Amazzonia chissà con quale fortuna.
Un giornale popolare di Bogotà gioca col Natale paragonando il loro viaggio alla fuga della sacra famiglia nell’Egitto accogliente di Gaza. Due mila anni dopo il mondo è davvero peggiorato. Gesù, Giuseppe e Maria si mettevano in salvo da Erode.
Il guaio è che nella Colombia dei nostri giorni di Erode ce n’è più di uno.
La cortesia dell'Unità