La SPD svolta a sinistra?

Lettera

di Gennaro Sposato, Freiburg i. B.

Gran parte dei commenti sulla stampa italiana, ed anche di quella tedesca, sono concordi su un punto: all'ultimo congresso la SPD ha effettuato un netto spostamento a sinistra, e questo spostamento è stato quasi all'unanimità definito come un passo contro le riforme di Schröder e quindi indietro rispetto a quanto fatto fino ad ora. Poco importa se durante il congresso i dirigenti SPD, Kurt Beck in testa, abbiano continuamente espresso giudizi positivi sulle riforme attuate dai governi socialdemocratici e ribadito la volontà di proseguire sulla strada intrapresa.
Inoltre, la tanto criticata proposta di apportare eventuali accorgimenti al pacchetto di riforme (in particolar modo all'indennità di disoccupazione per i lavoratori meno giovani), che possano tener conto della nuova situazione dell'economia tedesca e, se del caso, ammorbidire alcune misure, è stata difesa proprio da chi ha fatto dell'Agenda 2010 il simbolo della propria carriere politica, ovvero l'ex cancelliere Gerhard Schröder. Nel suo intervento Schröder ha infatti sottolineato che “le riforme sono state solamente uno strumento per il raggiungimento di un obiettivo”, che sarebbe maggiore crescita ed occupazione per maggiore giustizia sociale, e che in virtù di questa qualità le riforme ben possono essere rivisitate e ricalibrate, facendo però “ciò che è giusto, non ciò che è solamente popolare”.
Con l'ampia discussione sul Grundsatzprogramm, il nuovo programma dei principi, nonchè con il confronto, a volte anche aspro ma sempre franco e aperto, sulle riforme e sugli accorgimenti da apportare, la SPD ha dimostrato, al di là delle chiacchiere sui massimi sistemi che invece hanno dominato la stampa italiana, di essere un partito che sa e vuole discutere sul merito delle questioni. Beck, dal canto suo, ha sfruttato l'occasione per dimostrare di avere la capacità di portare a sintesi anche posizioni diverse all'interno del partito, al fine di ricompattare il partito verso l'esterno e nel confronto con l'attuale partner di governo, la Union di Angela Merkel. Più che di uno “spostamento a sinistra” si è quindi trattato di una ridefinizione di ciò che significa essere socialdemocratici nella Germania di oggi, tenendo ben presente la necessità di promuovere lo sviluppo e la competitività ma anche le condizioni di vita del “kleinen Mannes”, della piccola gente, che spesso non ha l'impressione di partecipare in modo adeguato alla fase positiva dell'economia tedesca.
La SPD sceglie quindi di accentuare il proprio profilo socialdemocratico, sia per distanziarsi dalla CDU/CSU che, come dice Beck, “finge di essere sociale ma nella sua natura è neoliberale”, sia per recuperare una parte di quegli elettori che non riconoscono più nella SPD il partito che si batte per l'equità e la giustizia sociale. Gli elettori tedeschi sembrano approvare, almeno nei sondaggi, questa linea più marcata: in un sondaggio di ARD Deutschlandtrend (prima rete tv tedesca), dopo il congresso di Amburgo i socialdemocratici fanno un netto balzo in avanti raggiungendo quota 30% (4% in più), mentre sul tema 'giustizia sociale' i tedeschi credono che sia Beck ad impegnarsi maggiormente (47%) mentre appare più debole il ruolo della Merkel (30%).
Oltre ad avere degli effetti positivi nei confronti dei propri elettori nonchè nei rapporti con i sindacati, l'accentuazione del profilo sociale della SPD creerà sicuramente problemi alla stabilità della Grosse Koalition ed in particolar modo alla cancelliera. Non solo diventerà più difficile per Angela Merkel accaparrarsi i consensi per gli ottimi risultati di politiche iniziate da altri, ma dovrà anche difendersi dalle richieste dei vari primi ministri dei Länder occidentali, che sempre più insistentemente lamentano un profilo esageratamente 'riformista' se non addirittura una 'socialdemocratizzazione' della CDU/CSU. Così come c'è stato un “back to the roots” per i socialdemocratici, c'è quindi da attendersi una riscoperta dei valori neoliberali da parte di Merkel e consorti (basta ricordare i contenuti della campagna elettorale del 2005) e quindi una ulteriore accentuazione dei toni nel dibattito politico. Con il congresso di Amburgo il piattume che ha (necessariamente) caratterizzato il dibattito politico nella grosse Koalition, dando agli elettori tedeschi l'impressione che SPD e CDU/CSU fossero praticamente interscambiabili, è stato definitivamente messo ad acta.
Rimane tuttavia irrisolto un nodo che rischia di diventare una costante nel panorama partitico tedesco: in Germania per formare una coalizione di governo si comincia ormai da tre, in quanto anche i recenti sondaggi dimostrano che è molto improbabile che due partiti da soli potranno essere in grado di formare una maggioranza nel Bundestag (a meno che non si tratti di una riproposizione della Grosse Koalition). Che indicazioni emergono dal congresso su questo punto? A livello programmatico non si può sicuramente parlare di un avvicinamento ai liberali della FDP (quanto questi – sotto la guida di Guido Westerwelle – siano degni di un avvicinamento è tutt'altra questione), mentre alcune decisioni prese (l'inserimento del termine 'socialismo democratico' – che poi non è altro che un sinonimo di socialdemocrazia – nel Grundsatzprogramm e alcune concessioni sullo stato sociale) potrebbero in futuro agevolare un percorso di avvicinamento alla Linkspartei. Tuttavia nei confronti di Lafontaine e Gysi i congressisti socialdemocratici hanno usato termini di totale chiusura, definendoli “socialisti da talk show”. Probabilmente sarà necessario un ricambio generazionale, sia nella Linkspartei che nella SPD, per poter ipotizzare un avvicinamento tra i due partiti anche a livello federale.
Con queste premesse le prossime elezioni federali (si vota nel 2009) rischiano di riproporre il quadro del 2005. La CDU/CSU, nonostante l'alto tasso di gradimento di cui gode la Merkel tra i tedeschi, potrebbe non avere la maggioranza assieme alla FDP, mentre la SPD potrebbe ritrovarsi in un “non possumus” a formare una coalizione di governo con la Linkspartei, nonostante la maggioranza degli elettori tedeschi voti a sinistra (quindi per SPD, Verdi o Linkspartei). Paradossalmente questo contesto assegna – potenzialmente – maggiori spazi di azione e movimento proprio ai socialdemocratici, che hanno a disposizione due diverse opzioni, ovvero quella di formare una coalizione di sinistra liberale (con Verdi e FDP), oppure di effettuare questa volta sì una vera e propria svolta a sinistra scegliendo di governare con i Verdi e la Linkspartei. Come già accennato, per ora i socialdemocratici hanno scelto di rafforzare il proprio partito, anche in attesa dei risultati elettorali delle prossime tornate elettorali regionali in Assia, nel Niedersachsen e a Monaco di Baviera.
Alla luce di tutto ciò, lo slogan “spostamento della SPD a sinistra” sembra quindi raccontare in modo caricaturale ciò che è stato discusso ad Amburgo, cosa espressa in modo efficace da Franz Müntefering in un'intervista alla Süddeutsche Zeitung. Secondo il vice cancelliere le domande su eventuali spostamenti della SPD non sono altro che “geografia del fondoschiena”.(ADL)

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy