La trave nell’occhio dell’UDC: l’esodo dal partito
Sembra essere agosto il mese preferito dall’on. Follini per opporsi al presidente Berlusconi. Anche lo scorso anno, di questo tempi, lasciò un ricordino “ultimativo” a Forza Italia.
Questi messaggi, seppur sollecitati dalle dinamiche politiche, rovinano sistematicamente le vacanze del Cavaliere. E’ il solito problema del segretario che, per essere moderato ad ogni costo, resiste, resiste e poi si sfoga.
La querelle questa volta è partita dai botta e risposta tra il Presidente della Camera ed il Presidente del Consiglio.
Pier Ferdinando Casini ha detto, sostanzialmente che, le reiterate sconfitte elettorali, indicano uno spostamento del consenso a sinistra e che, se si vuole evitare di perdere alle politiche prossime, occorre che la CdL faccia qualcosa: dare un segno di discontinuità. In parole povere: trovare un altro leader politico che conduca la CdL a vincere le politiche del 2006.
Silvio Berlusconi ha replicato, sic et sempliciter e senza mezzi termini, che il leader è e resta lui e chi non ci sta può andarsene via: «se pensano di salvarsi passando dall’altra parte hanno fatto male i conti».
Marco Follini ha definito le affermazioni del Premier: «miserevoli evocazioni di doppigiochi, passaggi di campo e tradimenti nei confronti di un partito coerente e sicuro come l’UDC» (17 agosto) e pretende la smentita ufficiale.
I due poli ci hanno abituato alla comunicazione tra alleati a mezzo della “esternazione”. Il messaggio di rimbalzo è divenuto una prassi, come se, marito e moglie, per litigare, approfittassero della mediazione di tutto il condominio.
Intanto, però, Casini e Follini ignorano la trave che hanno nell’occhio: le numerose migrazioni dei propri iscritti verso la rinata Democrazia Cristiana di Rotondi a causa di un diffuso malcontento all’interno dell’UDC e che alcuni sono addirittura passati all’altra sponda (v. il segretario del Comitato Romano UDC on. Di Stefano, l’on. D’Antoni di DE, Lombardo, ecc.). In questo, bisogna riconoscere una irresponsabile cecità, un appagamento ingiustificato da parte dei vertici del partito in un momento in cui questo si depaupera. L’UDC non ha fatto tutto bene, questa è la verità ed immaginare un nuovo leader per la casa delle libertà che non sia Berlusconi, oggi, sembra proprio una estrosa bizzarria di fine stagione, paradossalmente un suicidio politico.
Troppo tardi! Accada quel che accada perché le politiche sono alle porte. Mettere da parte il Cavaliere significherebbe, prima di tutto, conclamarlo nemico giurato numero uno, altro che coalizzato.
Dalle pagine della Discussione, un anno fa nell’agosto del 2004, l’on. Follini fu tacciato di essere un estremista della moderazione perché incapace di dire no a Berlusconi ed alla Lega Nord fiero di essere moderato “fortemente”. Se questa richiesta di “discontinuità”, fosse stata avanzata nell’agosto scorso con fatti concreti e non con esternazioni, per esempio con l’appoggio esterno al governo, l’UDC avrebbe conservato al suo interno individualità politiche assai rilevanti indispensabili alla crescita esponenziale quantitativa e qualitativa del partito. Se si fosse avuto il coraggio politico di proporre la sostituzione di Berlusconi un anno fa a capo della CdL, sarebbe stato, ed in realtà era, il naturale epilogo di un processo politico non una scarna e didascalica deduzione di presa d’atto delle sconfitte elettorali. Le regionali 2005 sono state una disfatta per la CdL.
La verità è che anni ed anni di sottomissione politica, di timori reverenziali nei riguardi di Forza Italia, dovrebbero aver insegnato che la psicologia del Cavaliere (in analisi transazionale individua l’io genitore negativo-negativo), seppur elementare nelle sue linee generali, è forte ed è avallata incondizionatamente da più parti. Per fare fronte al complesso di superiorità del Presidente Berlusconi (da lui stesso ostentato) occorrono ben altro che proclami per interposte persone.
Follini si è fatto anticipare anche da Mario Monti dalle tribune della Stampa con proposte forti per un Grande Centro. Da segretario del partito, doveva essere lui in prima persona a lanciare questa proposta. Insomma, serve il coraggio di decisioni politiche serie, non approssimative dove “l’adesso basta” ad accondiscendenze reazionarie ed estremiste, contrariamente a quanto il segretario UDC pensi, significa non solo avere la consapevolezza della propria vocazione moderata ma la determinazione a farla valere senza equivoci.
Lo scontro con la Lega potrebbe diventare acerrimo ed allora sì che i prodromi elettorali diventerebbero difficilissimi, tanto vale allora uscire subito dal governo meritando almeno l’onore delle armi.
Bisognava decidere in tempo utile l’alternativa a Berlusconi, non era sufficiente porre il problema, ma responsabile risolverlo. Siccome, però, il problema era Golia, nessuno se l’è sentita di affrontarlo. Oggi, le puntualizzazioni tardive, seppur giustificate da rigurgiti di onestà politica, hanno senso solo se si è disposti a rimettere i mandati.
Tutti gli addetti ai lavori, di maggioranza ed opposizione, leaders e non, conoscono il Presidente Berlusconi, tutti hanno sempre saputo che, egli, sarebbe stato inamovibile. Nessuno oggi può fingere di meravigliarsi della riluttanza a mollare lo scettro del comando, nessuno, dopo così tanto tempo di subordine e riverenza (v. anche Alleanza Nazionale) può sentirsi in dovere di tirare fuori la testa dal sacco senza… stupire. Nessuno può ricordarsi, solo ora che le previsioni elettorali sono infauste, che sarebbe meglio per tutti che Berlusconi si facesse da parte perché è lui il problema. Nessuno può fingere di non aver capito che, sino a che esiste la CdL nessuno, all’infuori del Cavaliere, potrà comandare al suo interno.
E se tale assunto è vero, allora è meglio tacere piuttosto che abbandonarsi a considerazioni cui sarà impossibile dare, di fatto, seguito. O con Lui o contro di Lui.