Intervista al Senatore Maurizio Eufemi

Il Senatore Eufemi è membro della VI Commissione permanente finanza e tesoro

Lei si occupa di una legge sul mobbing. Questo argomento è davvero molto importante e sentito.

Si è cominciato dai primi giorni di legislatura a dimostrazione di una scelta politica che era maturata. Il provvedimento viene già dalla scorsa legislatura ritenendo che la questione del mobbing sia una questione molto delicata e che va affrontata con la massima determinazione. E’ un fenomeno mondiale non solo italiano. Ha assunto una dimensione ormai molto forte se pensiamo che sono dieci milioni in Europa i mobbizzati, secondo le ultime statistiche. In Italia, le vittime sono un milione. Colpisce soprattutto la popolazione femminile, le fasce alte delle figure professionali e causa conseguenze gravi anche sul piano sanitario. Questi forti disagi causati dal mobbing, si trasformano presto in una vera e propria malattia.

Si riconosce, dunque, al mobbing, le conseguenze di tale atteggiamento persecutorio?

L’ampiezza del fenomeno, impone la necessità di intervenire con una azione che approdi ad un riconoscimento ufficiale e normativo. La questione più delicata è l’aspetto sanzionatorio. Ora, senza sanzioni, la legge sul mobbing, sarebbe inefficace. Lasciare tutto all’aspetto contrattualistico e basta significa rischiare di fare un buco nell’acqua a causa dei tempi lunghissimi con la conseguente impossibilità, da parte del lavoratore, di essere, in qualche modo, tutelato. La previsione di una sanzione scoraggia quei comportamenti che possono andare fuori le righe.

Quando si parla di sanzioni, però, le cose si complicano?

Ci sono delle resistenze. E’ ovvio che ci siano di fronte ad una legge così importante. Io ritengo che debba essere portato avanti, trovare un punto di equilibrio, una soluzione che dia una indicazione di fondo, di una attenzione verso questo disagio nel lavoro.

Con il mobbing, anche altre condotte persecutorie vengono poste in essere.

Sì, c’è il bossing che è una azione rivolta soprattutto da rappresentanti sindacali nei confronti, per esempio, di chi ha o riveste una qualifica professionale elevata. Sono tutti aspetti che devono essere, in qualche modo, considerati. Ritengo che in questa legislatura si possa portare avanti. Nella scorsa legislatura abbiamo fatto dei convegni, dei dibattiti e confronti. Oggi, questa cosa è più matura proprio in ragione di una maggiore sensibilità per questi problemi.

Quali sono i punti forti della proposta di legge?

Dato che le proposte di legge sono tante, si richiede l’elaborazione di un testo unico cercando di trovare un punto di equilibrio. Questo è essenziale. L’attenzione è tanta ma c’è anche una grande volontà di portare avanti un progetto che si realizzi in una legge efficace anche dal punto di vista sanitario. Infatti, in questo campo, l’iter è lunghissimo ed estenuante. Non tutti hanno la forza e la determinazione di arrivare ad una sentenza da parte del giudice del lavoro, da parte della magistratura. Quando si raggiunge questo risultato, spesso, è troppo tardi.

L’argomento si presta anche ad essere strumentalizzato.

Certo, bisogna andare con i piedi di piombo. Capisco le cautele che ci sono da parte imprenditoriale. Comprendo tutto, però, il fenomeno è talmente generalizzato e vistoso che va affrontato con la dovuta forza.

Sembra ormai esserci un’ampia letteratura in merito, fare una legge non dovrebbe essere poi così difficile.

Esistono studi molto approfonditi, anche di carattere europeo. Alcuni paesi sono molto più avanti di noi. Non dimentichiamo che in Germania, la Wolkswagen è stata la prima impresa nella quale ci si è confrontati su questo argomento.

Tempi?

Dipende dal Comitato ristretto. Per adesso siamo nella fase dell’iniziativa legislativa.

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