Vice-Presidente vicario dell'Associazione “Azzurri nel mondo” (Presidente Silvio Berlusconi) che raccoglie cittadini di nazionalità italiana o con doppia nazionalità residenti all'estero. E' membro del direttivo del Dipartimento di politica estera di Forza Italia (Presidente Antonio Martino).
«Deputati all’estero? Evitiamo almeno la beffa, ormai il danno è fatto».
Quale opinione si è fatta sull’operato dei deputati e senatori eletti all’estero in nove mesi di legislatura?
Guardi, il problema è di domandarci quale sia il significato di un eletto all’estero. Secondo la nostra Costituzione, anche nel modo in cui è stata modificata, il deputato rappresenta tutti gli italiani ragion per cui chi è stato eletto nella circoscrizione estero, non è che si debba occupare esclusivamente degli italiani all’estero.
Per fare un esempio semplice, allo stesso modo chi come me è stato eletto nella provincia di Milano è deputato per tutti gli italiani e non certo solo del suo collegio.
Al centro del nostro interesse, dunque, deve esserci il cittadino italiano nel senso più ampio del termine.
Per certi versi, l’eletto all’estero, invece, si sente un “peone”, come d’altronde si sentono peoni molti in Parlamento ed indipendentemente dal luogo di elezione, da maggioranza ad opposizione.
Ma, essi sono molto addentro ai fatti ed alle problematiche territoriali lontane migliaia di chilometri da noi.
Se l’italiano eletto all’estero ritiene di avere una rappresentanza specifica, diciamo “sindacale”, nei riguardi dei suoi elettori esteri, si sbaglia, perché quel compito esiste già ed è assolto dal CGIE e prima di questo, dal Comites.
L’occasione, che sarà un peccato perdere, è quella inerente l’esperienza acquisita fuori dai confini nazionali di cui possono essere veicolo come valore aggiunto. Essere vissuti in altre culture, aver constatato la possibilità di soluzioni politiche originali ed all’avanguardia può essere l’unico vero vantaggio a beneficio di tutti gli italiani. In questo senso è utile “succhiare” ai 18 eletti all’estero quella esperienza di vita a beneficio di tutti, non certo solo per i residenti all’estero.
Il fatto è che questi 18 eletti rappresentano l’unica vera novità di questa Repubblica, è logico che intorno a loro si sia catalizzata una attenzione particolare ma non riescono a ritagliarsi lo spazio che serve loro per fare fronte alle istanze dei loro elettori.
Le istanze, come dice lei, alla fine, sono sempre le stesse: l’assistenza sanitaria, le pensioni, il servizio nei Consolati, ecc. Sono problemi di cui, mi permetta, senza voler sminuire l’esperienza ed il valore dei nostri eletti all’estero, eravamo molto bene a conoscenza. Problemi dei quali si sono occupati, per quanto si è potuto, deputati e senatori di questa Repubblica eletti in Italia. Purtroppo, per quanto riguarda l’assistenza sanitaria o pensionistica per gli italiani all’estero, il problema è stato sempre quello della disponibilità economica. Non è che, solo perché vi sono 18 eletti all’estero, questi problemi possono essere superati a piè pari. Altra cosa è il dovere che abbiamo di ascoltare le loro esperienze, il loro vissuto megafono di quelle istanze. Dovere, chiarisco, di qualunque governo, di qualsiasi colore politico sia per acquisire informazioni specifiche ed anche proposte. Ma se qualcuno di questi 18 ha pensato che, venendo a Roma in veste di parlamentare eletto all’estero, avrebbe risolto tutto, ebbene, lo dico senza teme di essere smentito, si è fatto delle illusioni.
Ma allora di che cosa stiamo parlando?
Sfido chiunque a trovare un qualsiasi governo sia esso di centrodestra o di centrosinistra, che riesca a far quadrare i conti tenendo conto dei tre milioni di italiani che vivono all’estero e che hanno diritto a pensioni sociali, oltre a quanto già maturato, o che hanno diritto ad una assistenza sanitaria gratuita senza aver dato, senza aver partecipato, parlo della maggior parte di loro, dal punto di vista contributivo, per lo Stato italiano.
E’ stato inutile, dunque, eleggere deputati e senatori provenienti dall’estero? Che bisogno c’era?
E’ una questione concettuale. La Costituzione italiana, fin dalla sua formazione, ha previsto che tutti i cittadini italiani, ovunque fossero residenti, potessero votare. Infatti, si prevedeva che, nel momento del voto sarebbero potuti venire in Italia, magari con un contributo spese per il viaggio e consentire loro di votare nel collegio di origine.
Si trattava più di un “desiderata” che di una realtà fattuale perché il dettato cozzava contro previsioni di spesa eccessive. Non tanto per gli italiani in Europa, ma per quanti provenivano dalle Americhe, i costi erano decisamente proibitivi.
Allora, la legge, avrebbe dovuto, cosa sulla quale tutti eravamo d’accordo, ovviare a questo inconveniente consentendo ai cittadini italiani residenti all’estero, in quanto cittadini italiani, di votare come tutti gli altri italiani ma dal luogo di residenza e senza spostamenti, al massimo presso i Consolati più vicini. Questa è una prassi realizzata in moltissimi altri paesi anche di recente democrazia come l’attuale Russia. Stessa prassi dovrebbe valere anche per i cittadini italiani temporaneamente all’estero per turismo o per missioni brevi e non necessariamente per quelli iscritti all’AIRE. Ma vista la brevità della loro permanenza, chi si trova all’estero per turismo durante l’appuntamento elettorale, perde questa opportunità.
Adesso, aver deciso di creare una circoscrizione estero e di avere dei rappresentanti che vengono dall’estero, confesso, è stata una forzatura. L’unico vantaggio che trovo sta nel fatto di poter fruire di 18 esperienze più ricche di quelle rappresentate dal resto del migliaio che affollano le Camere.
Mi rifiuto di immaginare questi 18 come rappresentanti sindacali dei tre milioni di italiani che risiedono all’estero. Mi rifiuto totalmente e non per partito preso, ma perché è contrario alla Costituzione. Modifichiamo la Costituzione in questo senso e poi ne parliamo.
L’on. Tremaglia è preoccupato, sente puzza di bruciato.
Sì, ha ragione Tremaglia.
Egli ha il grande merito che nessuno può negare, di aver fatto si che il diritto teorico al voto, diventasse un diritto vero. Dopo di ché, a mio giudizio, Tremaglia ha esagerato sbagliando nell’insistere nella circoscrizione estero.
Ma sa perché ha esagerato? Perché le sinistre erano totalmente contrarie a concedere il voto ai concittadini italiani all’estero nei collegi d’origine perché temevano che questo sistema avrebbe potuto cambiare l’esito del voto nei collegi di origine dal momento che molti di questi collegi erano oggetto di grande emigrazione.
Questa tesi delle sinistre, ribadita in più di una occasione, è una cosa che grida vendetta, dovrebbero vergognarsi perché sancisce, in pratica, l’esistenza di cittadini di serie A e cittadini di serie B. I concittadini residenti all’estero cui è stato preclusa la possibilità di incidere sull’esito del voto, sono in pratica cittadini di serie B. Questa è una vegogna!
La soluzione di Tremaglia ha consentito l’effettiva esecuzione del voto, è stata quella di sterilizzare, cioè di creare una “riserva indiana” in cui 18 parlamentari non influiscono sul resto del voto. Una soluzione di ripiego ma Tremaglia ha dovuto farlo perché altrimenti non si poteva andare avanti.
La responsabilità di una tale scelta che io personalmente non ritengo essere la migliore, è delle sinistre.
L’allarme che ha lanciato l’on. Tremaglia denunciando trame occulte contro i 18 eletti all’estero e quindi contro la legge del voto all’estero, lei ne sa qualcosa?
C’è una trama in corso. Una volontà da parte di alcuni parlamentari di vagliare nuove ipotesi, di più di un gruppo politico nei banchi della maggioranza con qualche eco dal centrodestra.
Io non sono tra coloro che danno eco a questo e, comunque, l’ipotesi su cui hanno provato a sondare il terreno è di due tipi: uno, congelare le liste per evitare il voto di preferenza ma votare alla stessa stregua per le elezioni in Italia in cui sono i partiti che designano i candidati. Questo ha dei pro e dei contro. I contro sono quelli tipici che affliggono anche l’Italia. Di fatto, così operando, si lascia ad una oligarchia di partito, la possibilità di decidere chi sarà eletto, i pro sono da rintracciare nel fatto che, una campagna elettorale nella quale si sia chiamati a votare il candidato, esigerebbe costi proibitivi. Solo i candidati miliardari potrebbero permettersela, gli altri perderebbero la possibilità di potersi proporre ed essere eletti.
Due. L’altro tentativo da parte di questa maggioranza di governo con qualche eco dal centrodestra, sarebbe quello di consentire anche ai non residenti all’estero, di candidarsi in quelle liste.
Allora, qui, oltre al danno, si aggiunge la beffa perché, come dicevo in precedenza, io ritengo che non necessariamente si debba votare per la circoscrizione estero, ma si potrebbe votare per il collegio d’origine, l’unico vantaggio di avere eletti residenti e cioè la loro esperienza aggiuntiva culturale e politica, verrebbe annullato.
Oltre al danno: la riserva indiana, la beffa: nessun valore aggiunto derivante dall’esperienza arricchita da parte di chi è cresciuto all’estero.
Lei ha accennato al CGIE, tiene in particolar modo a questo organismo e perchè? Eppure mala tempora per il GCIE.
Il CGIE è, secondo me, l’organo che le leggi italiane oggi prevedono come rappresentante sindacale degli italiani residenti all’estero. E’ un’ottima istituzione.
Purtroppo, l’attuale CGIE è un organo vergognoso per il semplice fatto che rappresenta soltanto i partiti della maggioranza.
Nell’organo direttivo del CGIE che ha 16 posti, all’opposizione che rappresenta al suo interno più del 30% dei componenti e che, stando ai voti dell’ultima elezione, rappresenta oltre il 50% degli italiani residenti all’estero, sui sedici posti, la maggioranza voleva attribuirne all’opposizione uno solo
Noi abbiamo rifiutato sdegnati questo tipo di offerta ritenendo che quella fosse una concessione vergognosa. In realtà il CGIE rappresenta solo la maggioranza e non tutti gli italiani all’estero.
Questa forte connotazione fa del CGIE un organo sindacale antidemocratico e monco.
Come istituzione non discuto affatto la sua importanza avvalorata dalle leggi tuttora in vigore. E’ diventato oggi, ripeto, un organo di parte perché la protervia di questa maggioranza ed una legge elettorale interna sbagliata che io spero si voglia modificare, in proposito abbiamo provveduto a fare una interrogazione al governo, hanno fatto si che non ci sia la voce dell’opposizione, negli organi autorevoli di questo CGIE, la voce di chi non condivide le impostazioni date dall’attuale maggioranza.