Le esagerazioni di una democrazia infantile che vuole sembrare grande ad ogni costo
In fin dei conti, rappresenta un lieto evento. Nasce un bambino tra mamma e papà con un sacco di gente venuta anche da molto lontano a festeggiare.
Il paesaggio è quello tipico dell’uomo senza tempo e senza confini, multietnico per postulato, nel verde dei prati e nello scosceso delle valli.
Bue ed asinello, capra e pecorella, uomini umili e pellegrini sanciscono un quadro lieto ed umano straordinariamente disarmante per oggettività ed universalità.
Eppure, una tale scenografia, così congegnata che i cattolici hanno chiamato presepe e che rappresenta la nascita del Salvatore per la loro religione, potrebbe intaccare la sensibilità di bambini stranieri. Essi, qualcuno ha detto, potrebbero “turbarsi” da questa rappresentazione serafica, allegra e senza asprezze. Turbati, forse, dai dolori del parto? Dall’indiscreta visione di una donna nuda nell’atto di dare alla luce suo figlio? Da scene cruente di uccisioni o latrocini? Niente di tutto questo.
Turbati dal significato allegorico e rappresentativo del “nocciolo” di una religione diversa dalla propria.
I bambini non c’entrano niente. Tutti i bambini, di qualsiasi etnia siano, non c’entrano niente. Nessun bambino potrebbe mai turbarsi da una costruzione scenica che descrive solo amenità come in una fiaba e con la presenza di ben tre re, per giunta, di tutti i colori di cui uno di pelle nera.
L’unico turbamento lo potrebbe provare solo un adulto al cospetto di un bambino che ostenti indifferenza per un cotale quadretto rurale ed innocente.
Invece, la deduzione cervellotica degli adulti ha portato a commettere delle gravi imprudenze. La prima, facendo leva sul significato religioso della rappresentazione indicando ai bambini non cattolici che, forse, sarebbe stato il caso di turbarsi; la seconda, quella di aver inibito, in qualche scuola per questo motivo, il paesaggio natale.
E tutto questo in nome di una scienza si suppone, in nome d’una grande attenzione e delicatezza dei toni, in questo caso, parossistici delle istanze dei diversi da noi per storia, tradizioni e religione.
La “giusta” preoccupazione d’una società civile deve tener conto e rispettare quanti pregano e parlano diversamente da noi, quanti potrebbero poter patire ingiustamente le “violenze” della maggioranza.
L’occidente si dice evoluto proprio per questo tipo di considerazioni. Per la capacità di estendere il diritto a tutti prevenendo addirittura un danno eventuale.
Nel caso del presepe, si è deciso di non “dare” ai bambini stranieri, la possibilità di turbarsi alla vista di una creatura appena nata circondata da pastorelli in festa.
Ma, ricordandosi di non “dare”, ha dimenticato, però, che altrettanto importante, forse addirittura più importante, sarebbe stato non “togliere” per non turbare quanti, invece, il presepe lo vogliono e lo costruiscono con entusiasmo e religiosità.
Col risultato di aver offeso la stragrande maggioranza di quanti lo desideravano e di aver salvaguardato dal turbamento una minoranza che solo eventualmente ne avrebbe potuto patire qualche danno.
Stazioniamo nell’alea dell’infantilismo pre-politico dove il “togliere ai ricchi per dare ai poveri” è ancora lo slogan che vuole rappresentare giustizia ed eguaglianza.
Non è una logica da seguire. Si teme che l’impegno nel sociale e nel politico, non faccia leva su induzioni-deduzioni serie.
Anche la minigonna, il prosciutto crudo, il bikini, il doppio petto, potrebbero diventare oggetto di “turbamento dell’animo e della sensibilità di gruppi etnici per cultura e tradizioni diverse di questo passo.
Strana evoluzione civile del costume e della politica la nostra. Forse, più che strana, malata, minacciata da un complesso di superiorità fasullo celato malamente da una presunta, solo presunta, maturità.
Si evidenzia, in questo modo, un infantile criterio di valutazione che induce troppo spesso a sbagliare in nome dell’integrazione, della multietnicità e della tolleranza dimenticando del tutto il buon senso.
La paura sta tutta nella voglia di dimostrarsi tolleranti ed operatori d’una democrazia a tutto tondo.
Il vero pericolo dal quale rifuggire, non sembra essere ancora all’ordine del giorno e cioè la grande confusione che la paura di passare per reazionari, ci conduca ad essere “evoluti” anche quando nessuna regola psicologica, pedagogica e civile, ce lo impone.