E se eliminassimo del tutto le pensioni?

Che senso ha prendere una pensione quando non ti serve più? Ed i disoccupati, i licenziati, i precari che non la prenderanno mai?

57 anni per la pensione sono pochi, dice il Ministro Massimo D’Alema, ma non crede il ministro che accordarmela troppo tardi sarà inutile al soddisfacimento del mio diritto?

Poco, maledetto e subito, si diceva una volta a significare la riscossione di quanto dovuto.

Per essere poca, la pensione è una miseria. Altrettanto dicasi per l’aggettivo maledetta perché non arriva subito e quando arriva, non sai proprio cosa farne se non hai figli ai quali comprare la casa. Figli che da anni hanno pagato affitti salatissimi e sono pendolari appesi agli autobus e metro per raggiungere il posto di lavoro dal quale, essi, non ricaveranno mai la pensione.

Francamente, al di là del diritto sacrosanto di riavere i propri soldi, ammettiamolo una buona volta, dicono gli esperti ed i pensionati che andare in pensione sconforta e deprime chi ha sempre lavorato. Non è questione neanche di età, sappiamo ora che esistono scienze come la geragogia che si occupa dei pensionati e li aiuta a farli restare produttivi e giovani. Basta andare in America per trovare questionari come My next phase (La mia nuova fase) che, per 395 dollari, ammollano un questionario con il quale suggeriscono come passare il tempo. Senza contare che esiste, all’Università del Nord Carolina, un Centro per il pensionamento creativo. Bene, tutto questo quando la pensione c’è ed è soddisfacente. Ma non risulta che esistano centri altrettanto preparati da poter far fronte a situazioni dove il soggetto in età da pensione, non l’avrà mai perché non ha lavorato un numero di anni sufficiente a maturarla e si trova ad un passo dal suicidio. Certo, in Italia, se va bene, si comincia a lavorare a 35 anni con contratti atipici, a termine, a progetto, co.co.co., ad intermittenza e chi più ne ha più ne metta, senza possibilità di cumulo ai fini pensionistici. Se va bene, ma in Italia, sappiano i professori dell’Università del Nord Carolina, succede che a 45-50 anni ti licenziano perché l’azienda nella quale lavoravi, ha chiuso i battenti. Succede che a quella età, quando pensavi che, ormai, tra negozi bancarella, acquisti del cappotto ad agosto e del costume in dicembre per risparmiare, la tua vita si sarebbe svolta “tranquilla” davanti al televisore a sentire i politici disquisire di pensioni, ti piomba addosso la tegola del licenziamento. Tra capo e collo sei disoccupato, altro che pensione! Cosa si fa in questi casi, oltre a raccomandarsi alla Madonna dell’Archetto e qualche pellegrinaggio al Santuario più familiare? Si cerca un altro lavoro. Si, perché la precarietà dei contratti a termine è dovuta al fatto che puoi cambiare spesso lavoro. Ti licenziano? Non fa niente, vai altrove a lavorare e non importa se facevi il ragioniere, se sai imbiancare, vai ad imbiancare. Non avviene come per i nostri politici che se poco poco perdono il posto di ministro, trovano subito una nomina alla presidenza di un grosso consiglio di amministrazione, nell’alta finanza o non so che altro. No. Qui eri ragioniere e puoi aspirare a diventare imbianchino. E magari fosse possibile. Non avviene così. La realtà è un’altra cosa specie in un Paese come l’Italia che non offre opportunità, non offre lavoro, non ha un sistema produttivo elastico ed efficiente che possa permettere una tale mobilità. Allora, a 45-50 anni ci si rimbocca le maniche e si va in cerca di lavoro per vivere e campare la famiglia non certo per gratificarsi come uomo e come lavoratore. I “cosa sai fare” ed i “via discorrendo” annessi, li conoscono tutti. All’ultimo ti dicono che hanno bisogno di personale più giovane e non certo perché è più sveglio di te, anzi, un ventenne medio, se va bene, dorme ed aspetta, altro che efficienza, ma perché lo Stato ha pensato ad incentivi fiscali per quelle aziende che assumono giovani al di sotto di una certa età. Lo Stato, te lo raccomando quello. Mica si preoccupa che, con moglie e due figli sei sulla strada ad elemosinare un lavoro che non basterà per la famiglia, lavoro poi che non trovi, che non ti dà nessuno perché sei vecchio solo perché lo Stato per te non ha pensato ad incentivi, ad agevolazioni fiscali o che altro.

Dunque, a 45-50 anni sei reputato vecchio perché è questa la motivazione che spinge i datori di lavoro a respingerti, ma se per la tua assunzione fossero previsti gli stessi incentivi per i giovani, sicuramente la tua esperienza, la tua età, giocherebbero a tuo favore. Poi, il ministro Massimo D’Alema dice che è «aberrante», secondo lui, che si vada in pensione a 57 anni. E’ aberrante perché a 57 anni un essere umano è troppo giovane per smettere di lavorare perché questo è ancora nel pieno delle sue capacità. Dunque, due cose, di gente che va in pensione a 57 anni, forse ne è a conoscenza solo Massimo D’Alema. Infatti, un parlamentare dopo solo due anni e mezzo di mandato percepirà la pensione di parlamentare a vita. È a questi che si riferisce il ministro? Se a 57 ani è così aberrante andare in pensione, non è forse più aberrante ancora negare un lavoro ad un 45enn? A 45-50 anni sei veramente un ragazzino e, da qualsiasi cosa dipenda diventi, paradossalmente, sempre più appetibile sul mercato del lavoro perché affidabile e senza grilli per la testa. Senza parlare della preferenza, abolita per legge ma solo a chiacchiere, per le signore e signorine al di sotto di una certa età, ma lasciamo stare questo argomento che, per complessità, è un tema a parte. Sei, dunque, troppo vecchio per lavorare, dicono per giustificare il diniego, ma allora la mobilità per chi è stata attivata? Per i ragazzini che saranno costretti ad invecchiare a casa di mammà e con tanti grilletti che acquistano in discoteca?

Lo sconforto si fa padrone di una situazione che ha dell’irreale, la casa si sfascia, e con essa le speranze su cui si era formata la famiglia. Meno male che i genitori, i genitori frutto del boom industriale, intendo, esistono ancora per molti dei nostri 45-50enni disoccupati. E’ per loro merito che questi disoccupati riescono ancora ad avere qualche soldo per pagare l’affitto e fare la spesa. Ma questi, un giorno, così come sono combinati, feriti nell’orgoglio e nell’amor proprio da un situazione killer che li conduce alla disistima di sé stessi ogni giorno di più, potranno fare le stesse cose per i loro figli un domani che avranno bisogno di un supporto economico? Certamente no, neanche in vecchiaia allora questo signore si sentirà utile, neanche allora avrà recuperato almeno in parte il suo orgoglio.

Trovare lavoro a questa età è assolutamente impossibile. A 45-50 anni ti rideranno in faccia perché si avvicina l’età della pensione, altro che lavoro. 45-50 sono tanti, dicono che occorre la freschezza neuronica dei giovani, del vigore dei bicipiti ben scolpiti. Ma, quando vedi che a ottanta e passa anni è consentito esercitare tranquillamente addirittura le prerogative di capo di Stato, puoi essere nominato cioè Presidente delle Repubblica, allora non ci capisci più niente. E la freschezza neuronica, ed il valore dei bicipiti? Ma come, il ragioniere a 45-50 no e Presidente della Repubblica ad 80 si? Anche Presidente del consiglio a 70 anni è lecito, eppure dalla sua freschezza mentale dipendono decisioni importantissime, dalla sua lucidità ed attenzione cerebrale appannate potrebbero scaturire anche incidenti diplomatici. E i ministri? Nessuno, che si sappia, ha mai obiettato che un ministro di settanta anni fosse troppo vecchio per dirigere un dicastero. Quando poi tra mille casi fortunati si riesce ad ottenere la pensione, cadiamo in depressione perché, come gli elefanti ci ritiriamo per morire oppure ricorriamo ai consigli americani dell’Università come quella del Nord Caroline. Che ci facciamo di quei quattro soldi quando non hai più neanche la forza di camminare? A cosa servono quei soldi che, a quel punto finisci per odiare? A cosa serve dire che ormai è venuto il momento di godersi la vita quando il vigore, la voglia, l’entusiasmo sono lontanissimi da te? Già, perché da quando un essere umano riesce a capire qualcosa, e per capire intendo partecipazione critica ai fatti della vita, a quando queste capacità spariscono, gli anni, a conti fatti, sono veramente molto pochi. Di questo passo finiremo col passare la metà di questo tempo tra mille preoccupazioni di quando e se riusciremo a prendere la pensione e l’altra metà a lamentarcene per l’insufficienza e la precarietà del tanto agognato assegno mensile. Qui qualcosa non funziona più ma si dubita fortemente che abbia mai funzionato a dovere. Ma perché non lavoriamo tutti e lavoriamo sempre sino a quando ognuno di noi non stramazzerà sulla sedia del proprio posto di lavoro e buona notte ai suonatori?

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