Lei è la figura di deputato eletto all’estero, la più “accademica”, intendo dire che lei è docente
Questa mia fase che lei definisce culturale per il fatto che io sia professore universitario, mi ha dato forse una visione più multiculturale del mondo e della vita. Posseggo la doppia cittadinanza italo-maltese, sono nato a Malta da padre italiano e madre inglese. Ho vissuto in Svizzera, Bruxelles, Malta, Italia ecco del perché di questa visione multilaterale. E’ una cosa che mi contraddistingue in politica. In tutte le piccole cose che faccio cerco sempre di fare leva sulle diversità e sull’accettazione dell’alterità. Prediligo agire sempre in gruppi piuttosto che da solo anche in politica estera dove si discute, ormai, non più di bilateralismo ma di multilateralismo.
Quella che doveva essere “la” novità del parlamento italiano, non sembra esserlo affatto, voi deputati eletti all’estero sembrate essere relegati agli ultimi posti degli emicicli. Le risulta?
E’ già una novità il fatto che siamo qui. Poi, a Roma, e questa è la critica che ho già mosso in varie occasioni pubbliche, rovina la mentalità. Non rende facile l’adattamento a noi provenienti dall’estero, di estrazione diversa, con abitudini diverse e con esigenze diverse perché quelle degli italiani all’estero sono problematiche diverse. Sono piccole cose su come lavorare. Per esempio, non tanto per me, lavorare quattro settimane sino al giovedì, ma per chi sta in Australia, Brasile, Venezuela ed Argentina, non è così facile. Il fatto che, tra tanti parlamentari, ce ne siano 18 diversi, sembra un po’ ostico da accettare. I tempi ed i modi sono sempre quelli di Roma e queste cose le avevamo dette anche in campagna elettorale, a dire la verità, si pensi ai tempi di voto diversi all’estero rispetto a quelli nazionali. Niente, si parlava solo di tempi, date e modalità di voto italiane che non valevano per noi all’estero. Credo che questo sia la pecca più grande. Trovo che Roma sia restia a rinunciare ad abitudini protrattesi ormai da 50 anni di lavoro parlamentare. E’ una forma mentis, sta anche a noi cercare di premere un po’ per far cambiare queste cose.
Le è consentito parlare in aula ogniqualvolta lei lo ritiene opportuno oppure ha degli stop dal capo gruppo : «non è il momento di parlare di questo» come se le problematiche di cui siete latori non avessero importanza?
Io forse sono in una posizione privilegiata. Ho già parlato tre volte in aula. La prima sul programma di Prodi, con Prodi in aula, ed anche degli italiani all’estero e dei loro problemi, poi mi sono pronunciato in occasione delle missioni all’estero di Iraq ed Afganistan, per ultimo sulla legge comunitaria in qualità di componente del Comitato dei Nove che si occupa degli affari europei. Vorrei ricordare che io sono un candidato dell’Unione ma Verde, sto nel gruppo Verde e non so se il fatto di essere in un piccolo gruppo mi abbia avvantaggiato rispetto a quanti si trovano in gruppi molto numerosi. Per quanto mi riguarda, in questi primi due mesi di legislatura tutto sommato, non ho avuto problemi. Se pensa che il mio primo intervento, in una delle sedute più importanti, con tutto il governo presente nel giorno della presentazione del programma, ha riguardato anche gli italiani all’estero, è quanto dire.
Si sente svincolato da logiche di partito per quanto riguarda gli italiani all’estero?
E’ vero. Penso che quando ci sono dei problemi che colpiscono tutti, un italiano all’estero che voti a destra, sinistra o verde o che altro, ha dei problemi che nulla hanno a che fare con il colore politico. Chi ha bisogno della carta di identità e se la vuole deve venire in Italia, ha un problema effettivo che deve essere risolto. Se un treno è stato soppresso, per esempio il Roma-Bruxelles, io stesso ho fatto varie interrogazioni parlamentari, ma è un problema di tutti. Su queste tematiche, dovremo lavorare insieme anche se ognuno di noi avrà i suoi punti di vista. D’altronde, non troppo spesso, ma avviene anche in parlamento di perorare cause comuni. Per esempio, sono stati votati due ordini del giorno da tutti gli schieramenti, l’uno inerente il Passo dello Stelvio per la tutela del parco e di quanti vi lavorano ed un altro presentato da Alleanza Nazionale e votato anche dal centrosinistra. Si è votato i contenuti, non i partiti, la logica della contrapposizione ideologica posta a priori non paga, ci perdiamo tutti.
Cosa la disturba del Parlamento, o meglio, ha delle difficoltà oggettive?
Posso dire che, come italiani all’estero, siamo degli italiani diversi. Io sono maltese, la mia lingua è per metà araba e per metà siciliana, la mia seconda lingua ufficiale è l’inglese, ho avuto una disciplina, nel modo di pensare, svizzera, tedesca, francese, belga. Sono abituato a rispettare gli orari, quando dico alle cinque, intendo dire alle cinque, invece in Italia è diverso ma comincio ad abituarmi. La mia rabbia è soprattutto per la grande perdita di tempo che c’è in Parlamento. Bisogna opporsi, bisogna fare ostruzionismo, non so come era prima ma suppongo sia stata la stessa cosa. L’aula sempre vuota con l’oratore di turno che si fa il discorso addosso quando nessuno l’ascolta quando non si riuscirebbe a convincere nessuno perché, tanto si sa, che il voto finale deve essere rosso o verde. Con i Fini, La Russa oppure quando viene la truppa dei Bondi, Cicchitto, Vito ed altri, tanto si sa, ci sarà una bella sceneggiata, ci divertiremo a gridare “buffone” e “vergogna” ma il risultato è già prestabilito: tot verdi, tot rossi. Poi, cosa abbastanza incomprensibile, la dove al Parlamento Europeo si attendono 60 giorni per una risposta ad una interrogazione parlamentare, in Italia, mi dicono i colleghi più anziani di me, è possibile che non ci sia mai una risposta. Questo, per me, è un modo inutile di far politica perché, in realtà non è politica, è tatticismo, strategia. Noi italiani all’estero siamo abituati a vedere come funzionano i Parlamenti anche di altri Paesi. Sarebbe bello introdurre in Parlamento questo multi pensiero, ma non è facile.
Insomma, vi state facendo sentire?
Anche se la maniera di procedere e la maniera di pensare non sempre combacia con la utilità massima, già il fatto di essere qua è significativo, cominciamo a proporre interrogazioni, a parlare in aula, ad essere intervistati, ecco queste sono cose che aiuteranno a procedere in avanti, certo, per cambiare le cose, bisogna sbattere la testa tante volte contro il muro. Faccio un esempio: la Rai, non mi riferisco a Rai International, non me ne intendo perché è vista fuori dell’Europa, mi riferisco alla Rai nazionale. All’estero, sono oscurati i programmi sportivi che riguardano la nazionale di calcio e la formula uno, i films di Benigni ecc. per questione di diritti. Per l’occasione dei mondiali, è stato necessario collegarsi con le reti estere per vedere le partite degli azzurri o conoscerne i risultati. Non è un aspetto, per così dire, culturale in senso stretto, ma è molto sentito dagli italiani che non possono assistere a questi programmi. Il vice ministro Danieli, il ministro Gentiloni ed anche Riccardo levi, si sono impegnati a cambiare questo stato di cose riscrivendo il contratto per lo sport. Il Presidente Prodi e lo stesso ministro D’Alema, per essere vissuti a Bruxelles, conoscono bene questi aspetti. C’è una promessa, vedremo cosa accadrà in futuro.
Proprio da Bruxelles, ultimamente, è partita l’idea di fare ricorso alla Corte di Giustizia Europea
Si, però anche là, qualcuno mi ha detto che legalmente non è una causa che si potrà vincere facilmente. Le cause è meglio intentarle quando sono sicure al 105% altrimenti si rischia di attendere 10-15 anni quando anche vincerle non significherà più niente per essere cambiate le cose e le regole nel tempo. Comunque, anche quella legale può essere una strada da percorrere in quanto si va contro disposizioni comunitarie. L’ho detto anche a Levi. Un italiano all’estero compra un pacchetto dalla compagnia cavo che ha 20 stazioni tra cui la Rai, e poi della Rai, gli tolgono dei pezzettini. Ecco, questo va contro i diritti del consumatore. Il ricorso è una ipotesi da esplorare, la reazione della Rai, che è un colosso, potrebbe essere veemente. Credo che sia meglio aspettare che si riscriva questa legge, tutta la legge, compreso la questione dei diritti.
Qualche altro problema serissimo?
Me ne viene in mente uno che riguarda gli italiani d’Istria. Quando l’Istria faceva parte della Jugoslavia, i cittadini di Fiume, tutti, sia slavi che italiani, diedero una parte del loro stipendio per costruire un nuovo ospedale, quello di Isola. Dopo tanti anni di contribuzioni, l’ospedale fu costruito ed ultimato. Da quando, però, non c’è più la Jugoslavia, Isola fa parte delle Slovenia ma la gente di Fiume si trova in Croazia e, nonostante abbia pagato, non può andare a curarsi in quello ospedale. In cambio, però, non ha ottenuto alcun indennizzo per i soldi che ha versato per la sua costruzione, neanche può venire in Italia perché la Croazia non ha trattati con l’Italia. Per quella gente è un problema molto grave.
Come sono i rapporti con gli altri colleghi, di collaborazione?
Buoni. Abbiamo cooperato, soprattutto per i colleghi dell’Australia, dell’Argentina e Venezuela, a perorare un provvedimento che introducesse la settimana corta ed il mese lungo. Bertinotti lo voleva, Marini lo voleva ma è stato bloccato da alcuni gruppi che in Parlamento contano anch’essi deputati provenienti dall’estero. In questo è da notare una grande mancanza di sensibilità. Voglio cogliere l’occasione per dire che, nella seduta del 26 luglio scorso abbiamo votato il Documento di Programmazione Economico e Finanziaria relativo alla manovra pubblica per gli anni 2007-2011, nelle risoluzioni, abbiamo fatto aggiungere, al punto n. 18 tre righe: «Dare una maggiore assistenza agli italiani all’estero e valorizzare la cultura italiana nel mondo anche attraverso un rafforzamento delle strutture consolari e dei nostri Istituti di Cultura, del personale ivi impiegato, nonché dei corsi di lingua e cultura italiane»
Qui, viene promesso un impegno che è molto sentito da tutte le comunità italiane di tutto il mondo e senza differenza tra America ed Europa. Si vedrà nei prossimi 5 anni cosa di buono potrà avvenire.
Un consiglio, una linea guida da seguire?
Ho girato l’Europa, ho fatto campagna elettorale con il motto “Sangue italiano, cuore maltese, spirito europeo”. Credo nell’Europa. Europa che, come si vede, non c’è. Possiamo superare le piccole magagne nazionali andando oltre il concetto di nazione, andando verso l’Europa. Secondo me, l’europeismo aiuta a superare problemi antichi e tradizionali che affliggono i rapporti tra nazioni. Dobbiamo credere nell’ideale europeo, nell’unità nella diversità per il bene di tutti gli italiani.
Le strutture dei Comites e del CGIE, non trova che vadano riformate?
Si, è necessario una riforma. Oggi, con la presenza dei deputati esteri, le cose cambiano rispetto a quando i Comites lavoravano senza. Questi tastano il polso delle condizioni degli italiani all’estero, sono necessari ed importanti, ma bisogna rivedere le strutture anche per quanto riguarda le cariche. Il deputato eletto all’estero, può essere nel Comites, può essere nel CGIE in qualità di rappresentante locale? Non so, forse queste cose sono da discutere. Si tratta comunque di un triangolo Comites, CGIE e deputati che dovrà essere ridiscusso.