La nuova legge sull’appello in secondo grado del processo penale

Diventeranno inappellabili le sentenze di assoluzione di primo grado sia per il pubblico ministero che per l’imputato

«A proposito del funzionamento della giustizia, adesso c’è sul tappeto questa nuova riforma, sarà mio compito studiarla approfonditamente nei prossimi giorni» ha assicurato il presidente Ciampi.

Giovedì 12 gennaio 2006, il Senato ha approvato la nuova legge sull’appello detta legge Pecorella dal nome del suo propositore.

L’attuale processo penale è frutto di una riforma risalente agli anni ’90 quando la riforma del codice di procedura penale tramutò la fattispecie da inquisitoria ad accusatoria.

La ratio fu quella di posizionare sullo stesso piano sia l’accusa che la difesa concedendo a ciascuna delle parti le stesse possibilità ponendoli su di un piano di assoluta parità. Infatti, alla difesa, fu concesso, per esempio, di poter svolgere indagini ricorrendo alla investigazione ed alla ricerca della prova proprio come il Pubblico Ministero.

In realtà, questa uguaglianza fu criticata quasi subito e ritenuta presunta. Si contestava che la difesa non avrebbe mai potuto disporre di tutti i mezzi a disposizione della pubblica accusa, per esempio, della polizia di Stato e che, un avvocato penalista che avrebbe voluto condurre indagini in proprio facendo ricorso ad investigatori privati, sarebbe divenuto molto, ma molto costoso per l’imputato.

A parte le polemiche che seguirono alla riforma del codice di procedura penale, una voce unanime fu d’accordo sull’abolizione del processo indiziario a vantaggio di quello accusatorio. Ebbene, la legge Pecorella, non ha sortito giudizi unanimi di approvazione. L’ex segretario di Unicost, Roia, ha affermato: «Il pm, la parte che tutela l’interesse collettivo, avrà un ruolo subordinato rispetto a quella privata».

Il primo presidente di Cassazione, Nicola Marvulli, ha chiosato: «Sono sbigottito per una simile iniziativa che distrugge la funzione della Cassazione, non posso prevedere che cosa accadrà, ma mi auguro che ci sia particolare attenzione ai problemi organizzativi legati a questo disastroso evento».

Armando Spataro, procuratore aggiunto milanese ha chiosato: «Tra le peggiori leggi di questo quinquennio: ha abolito la parità tra le parti e ridotto la Cassazione ad un ufficio ingestibile».

La nuova legge Pecorella, si compone di 9 articoli e mette mano ai casi di appello, archiviazione, sentenze di condanna, ricorsi e sugli effetti nei giudizi civili.

Chiuso il primo grado di giudizio con una condanna dell’imputato, ambedue le parti processuali, pubblico ministero e difesa, possono proporre ricorso in appello, l’una per chiedere una pena più severa, l’altra per vedersi assolvere. Le cose cambieranno nel caso che il primo grado di giudizio si chiuda con una assoluzione. Diventeranno inappellabili le sentenze di assoluzione per ambedue le parti. Il pm non potrà proporre ricorso in appello se l’imputato è assolto e non potrà presentare ricorso neanche l’imputato per chiedere una sentenza di assoluzione a lui più favorevole. Saranno inappellabili anche le sentenze per le quali la pena applicata è solo una ammenda.

La legge prevede più motivi per ricorrere in Cassazione. Per esempio, contro le sentenze di assoluzione o proscioglimento si potrà ricorrere solo per Cassazione per vizi di legittimità. Così come nel caso di sentenza di non luogo a procedere, possono presentare ricorso per Cassazione il procuratore generale, l’imputato e la parte offesa con decisione della Corte in Camera di Consiglio.

Al termine delle indagini, il pm è obbligato a richiedere l’archiviazione se la Cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza di gravi motivi di colpevolezza e non sono stati acquisiti ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini.

La legge cambia il 1° comma dell’art. 533 c.p.p.: «Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio». Il pm può presentare ricorso contro le sentenze di parziale assoluzione nei casi in cui, durante il giudizio di primo grado un imputato, accusato di due distinti reati, sia stato assolto per l’uno e condannato per l’altro. In questo caso, il ricorso per Cassazione si converte in appello.

La sentenza penale di assoluzione, anche se irrevocabile, non ha effetto nei giudizi civili ed amministrativi. Unica eccezione è che la parte civile si sia costituita nel processo penale ed abbia anche presentato le conclusioni.

Il pm, dunque, potrà ricorrere in appello solo quando in primo grado avrà dimostrato la colpevolezza dell’imputato ed ottenuto una sentenza di condanna «potrà appellare quando ha avuto ragione ma non potrà farlo se ha avuto torto» ha sottolineato il paradosso l’on. Piero Fassino.

I sostenitori della legge Pecorella, di contro, ne esaltano le virtù innovative a cominciare dal suo promotore on. Gaetano Pecorella: «Serve prima di tutto, a snellire il sistema giudiziario. Il processo penale serve per applicare una pena attraverso una condanna oppure per assolvere. Nel momento in cui la sanzione non viene applicata, il processo deve chiudersi lì. Non c’è motivo perché continui con attività inutili come l’appello del pm o dell’imputato non soddisfatto del tipo do assoluzione. Resta il ricorso in Cassazione in presenza di un vizio di legittimità». Antonio Caruso e Luigi Bobbio di AN la reputano legge «serissima» l’uno e «di grande civiltà che evita situazioni di sentenze di condanna poco attendibili come quelle che nascevano fino ad oggi da un primo grado di assoluzione e da un secondo di condanna» l’altro.

Le norme previste si applicheranno alla data della loro entrata in vigore. Per gli appelli già presentati prima dell’entrata in vigore della legge, ci sarà la conversione automatica in ricorsi per Cassazione a cui si potranno presentare, entro 60 giorni, nuovi motivi aggiuntivi. Proprio per l’eccessiva aumentata alea dei ricorsi per Cassazione, il vice presidente del Csm, Virginio Rognoni, non ha mancato di esternare la sua principale preoccupazione: «Quella legge snatura il ruolo della Corte di Cassazione. La Cassazione, da giudice di legittimità, si trasforma nel giudice del fatto, aprendo così in via indiretta la strada per un terzo grado di giudizio di merito. Il pericolo è che la Cassazione non regga all’ingolfamento prodotto dei ricorsi».

La legge di fresca approvazione dovrà subire il vaglio del presidente della Repubblica che esaminerà se sussistano motivi di incostituzionalità. Intanto, il presidente Ciampi, ha ricevuto una lettera sottoscritta da 200 magistrati famosi in testa il primo presidente della Cassazione Marvulli contenente le preoccupazioni e gli allarmi dovuti alla legge Pecorella.

Cosa curiosa e forse abbastanza significativa, il messaggio del presidente della Cassazione francese Guy Canivet il quale scrive al suo omologo italiano Marvulli: «Obbligando la vostra Corte a fare una valutazione diretta dei fatti di una causa penale, il nuovo testo rischia di andare contro la tradizionale funzione di controllo della legalità delle decisioni giudiziarie».

Il presidente Ciampi, potrebbe dunque, trovare eccezioni di costituzionalità e rispedire la legge alle Camere indicando i punti critici da sottoporre a correzione. Per esempio, per conflitto con gli articoli 111 e 112 della Costituzione: la parità delle parti, la ragionevole durata del processo, l’obbligatorietà dell’azione penale in capo al pm: «A proposito del funzionamento della giustizia, adesso c’è sul tappeto questa nuova riforma, sarà mio compito studiarla approfonditamente nei prossimi giorni» ha assicurato il presidente Ciampi.

Il tutto, però, in considerazione dei tempi a disposizione e delle circostanze.

Il presidente Ciampi, dal novembre 2005, è nel suo «semestre bianco» termine naturale del settennato presidenziale, il 29 gennaio 2006, Senato e Camera, saranno sciolte per consentire il voto delle politiche del 9 aprile. Se il presidente non firmasse la legge, non ci sarebbero i tempi tecnici necessari per un riesame da parte delle Camere se non attraverso la difficile procedura di riapertura straordinaria del Parlamento: «e noi la riapproveremmo così com’è» ha anticipato il senatore di AN Luigi Bobbio.

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