Quando l’arma sciagurata aveva appena fatto il suo mestiere su Francesco Fortugno vicepresidente del parlamento calabrese, «Sono corso verso il centro della piazza del paese ed ho urlato due volte: «“Adesso ammazzateci tutti”».
Questo, che è diventato uno striscione. E’ una lucida consapevolezza di sfastidio ed impotenza debordata dal più profondo dell’animo in un momento di massima tensione e sconforto. Le tre parole usate sono tutte e tre definitive, essenziali. L’avverbio «Adesso» è tra quelli che introducono un imperativo, esigono una immediatezza. Il verbo, nel suo categorico comando è rude e “violento”. Aldo Vincenzo Pecora, 21 anni, non ha detto «uccideteci» ma «ammazzateci». «Ammazzateci» invoca la scelta della mattanza già in uso in Calabria, esprime il più sfrontato disconoscimento per ogni valore umano. Neanche i cani rognosi si ammazzano. «Tutti», la totalità, anche quelli che non hanno niente a che fare con la ndrangheta, anche quelli che patiscono loro malgrado l’immonda vergogna del “governo” criminale sporco di sangue della regione.
Il 16 di ottobre, davanti a palazzo Nieddu, quel corpo ammazzato è stata la molla che ha fatto ribellare i giovani calabresi e quelli di buona parte d’Italia. Tra le frasi di protesta: «La mafia è lenta, noi siamo rock; Voi siete gente che spara, noi siamo gente che spera; La mafia uccide, il silenzio pure». La frase di Aldo, dichiara uno sgomento, la rassegnazione dovuta allo sconforto per una consuetudine regolata da un codice “perfetto” che decide e “comanda” il suo futuro. Stabilisce il destino della gente onesta con la massima “efficienza” ed ineluttabile drammaticità.
La sensazione che si ha, (parliamo a titolo personale) è che quelle parole «Adesso ammazzateci tutti» siano, in qualche modo rivolte anche alle istituzioni quasi fosse un tentativo di suggerire il sistema più idoneo a “pulire” l’endemia del sistema mafioso oramai inestirpabile ed a denunciare la sensazione di abbandono da parte del governo centrale. E fatelo Adesso, perché non se ne può più di questo stillicidio di morti ammazzati. 323 sono stati gli attentati in Calabria perpetrati ai danni di sindaci, amministratori pubblici ed esponenti delle forze dell’ordine, negli ultimi trenta mesi.
«Adesso ammazzateci tutti» significa fare piazza pulita. Radere al suolo tutto il “pacchetto” umano presente, anche le persone oneste che sono, per fortuna, tante. Azzerare, resettare il vivere attuale per renderlo civile, vivibile senza parassiti ricominciando daccapo con soggetti nuovi, puliti . I territori che vanno dalla Locride alla Piana di Gioia Tauro, e non solo quelli, hanno dato i natali ad un fenomeno che, oggi, rappresenta la prima organizzazione criminale d’Europa, in grado di controllare i “cartelli” colombiani con un raggio d’azione che va dall’Australia al Canada.
A Locri, sedicimila ragazzi hanno espresso la loro protesta, stufi della vergogna che li opprime, di una reputazione infamante, stanchi del sistema di raccomandazioni che condiziona loro la vita ed il futuro. «Non ne possiamo più dei mafiosi che vincono tutti i concorsi, dei loro figli che se sono bocciati a scuola succede l’ira di Dio, dei loro vestiti griffati e dei loro macchinoni. Non ne possiamo più di vederli a messa tutte le domeniche» ha sbottato Alice, una studentessa liceale di Melito Porto Salvo.
Ad oggi, l’unico provvedimento che è stato preso dal Ministro Pisanu, è la nomina del superprefetto Luigi De Sena il quale ha già abbozzato un “Piano Calabria” per la lotta alla ndrangheta. In primo luogo modificare la legge Obiettivo sugli appalti perché “crimonogena”; sequestrare i beni ai mafiosi e confiscare i patrimoni illeciti; escludere la Calabria dai tagli previsti dalla Finanziaria nel capitolo sicurezza; un migliore coordinamento tra forze di polizia e pm per “sveltire” la macchina dell’antimafia.
La figura del superprefetto, ci rimanda ad un triste e fosco ricordo, quando alcuni anni addietro, in epoche non sospette, un Generale della Benemerita, nei panni di Prefetto, fu spedito a Palermo con gli stessi compiti del dott. De Sena.
In queste terre, la gente onesta, se non viene ammazzata, prova quasi un senso di disagio a vivere perché si ammazza chi non ci sta, chi dice di no al malaffare, chi si oppone a non subire il ricatto e la lusinga dell’estorsione, chi si mostra impavido alla minaccia.
I ragazzi che hanno manifestato sono il riscatto di questa terra. Sono arrivati da tutta Italia con oltre 20 pullmann ed una gran voglia di denuncia. Trenitalia ha organizzato un treno speciale. Emy, una ragazza che non ha potuto essere presente in una e-mail del blog sul sito Scuola & giovani, ha detto: «Condivido le vostre motivazioni, il modo di sostenerle, la rabbia e l’indignazione, ma soprattutto la speranza per un mondo migliore».