Per il danni subiti dal fumo, l’Italia non trova una strada giuridica

Due sentenze esemplari contrapposte

Tribunale e Corte d’appello di Roma, due pronunce agli antipodi per una richiesta risarcitoria da parte di chi è morto di cancro al polmone.

L’Italia non è certo l’America. Lì, la giurisprudenze in materia è abbondante e si contano casi di risarcimenti miliardari a causa dei danni del fumo.

Due sentenze italiane, possono essere prese ad esempio per certificare l’imbarazzo del giudice al cospetto di una richiesta di risarcimento per danni subiti dalla salute a causa del fumo delle sigarette. Si tratta di una pronuncia del Tribunale di Roma Sezione tredicesima, sentenza 4 aprile 2005 ed il conseguente appello, Corte di appello di Roma, Sezione prima civile, sentenza 2 novembre 2004 – 7 marzo 2005, n. 1015.

Il Tribunale di Roma aveva respinto la richiesta di risarcimento danni dei parenti di una vittima morto di cancro al polmone a causa del fumo delle sigarette. Essi sono ricorsi soprattutto al dettato dell’art. 2050 c.c.: Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose: «Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno» nonché all’articolo 2043 c.c.: Risarcimento per fatto illecito: «Qualunque fatto, doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».

La pretesa si fondava sul fatto che il produttore di sigarette non avesse adottato tutte le misure idonee ad evitare i danno, per esempio per difetto di informazione al pubblico dei danni che questo provoca alla salute .

Il tribunale ha argomentato che non poteva essere invocata l’applicazione dell’art. 2050 in quanto il fumo non ha natura di per sé stessa pericolosa ed a supporto della tesi ha motivato: 1) il pericolo può derivare unicamente dell’uso smodato che di tale prodotto venga fatto; 2) non importa l’uso di mezzi pericolosi; 3) esclusa l’esistenza del nesso causale tra la mancata informazione e l’insorgenza della malattia sicuramente pregressa; 4) colpa della vittima ai sensi dell’art. 1227 c.c.: Concorso del fatto colposo del creditore: «Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza».

Il conseguente ricorso in appello, invece, è stato accolto perché il giudice d’appello ha riconosciuto, nella domanda degli attori, l’applicazione dell’art. 2050 in quanto l’attività del produttore di sigarette è una attività “pericolosa” adducendo le seguenti motivazioni: 1) il Ctu ha accertato il criterio di probabilità scientifica, se uno fuma dal 1950 al 1988 un pacchetto di sigarette al giorno, è facile che muoia di cancro al polmone; 2) l’attività del produttore è una attività pericolosa perciò, è suo onere provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno; 3) il produttore avrebbe dovuto informare sulla pericolosità anche se l’obbligo legislativo della scritta sul pacchetto è sopravvenuta a partire dal 1990; 4) non può affermarsi e dare per scontato che la vittima fosse a conoscenza della pericolosità del fumo perché non era stato informato.

Questa decisione ha portato ad accordare, alla moglie della vittima, 150,000,00 € e 50.000,00 € al figlio a titolo di risarcimento danni.

I due orientamenti, come si vede, raggiungono conclusioni contrastanti in merito all’applicazione dell’art. 2050 c.c.. Chi ne esclude l’applicazione fa riferimento ad un dato logico apparentemente elementare e cioè che pericoloso sarebbe non la produzione ma l’uso.

Il nesso di causalità della Corte d’Appello e del Tribunale ha spunti e ragionamenti completamente diversi tra loro. La Corte d’appello vede il nesso tra il fumo e la malattia, il Tribunale esamina il nesso di causalità tra l’omessa informazione delle pericolosità delle sigarette con l’uso del fumo. In termini giuridici, può parlarsi nell’un caso di causalità determinata da una condotta commissiva, nell’altro caso di causalità determinata da condotta omissiva.

In Europa, l’orientamento della giurisprudenza ha dato sempre esito negativo al cospetto di pretese di risarcimento per i danni compiuti dal fumo. Probabilmente, nell’orientamento dei giudici, non ha trovato accoglienza l’assunto della generica violazione di un obbligo a sua volta generico di informazione del produttore sui danni che il fumo provoca. L’auspicio è che la sentenza delle Corte d’appello di Roma però, apra un varco alla richiesta di risarcimento danni per quanti abbiano patito malattie gravi causate dal fumo delle sigarette.

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