L’assemblea antimafia andata deserta

 

Il 21 gennaio industriali e magistrati insieme si sono riuniti al teatro Biondo di Palermo. Le intenzioni erano quelle di discutere di mafia, o meglio, di antimafia. Ebbene, tranne il Prefetto, il Questore, il Procuratore Generale, il Comandante dei Carabinieri e qualche sindacalista, le rimanenti altre poltrone delle mille a disposizione erano irrimediabilmente vuote. Nessun uomo politico. Forse solo una cinquantina di industriali tra i 300.000 in quel di Sicilia rappresentati dal Presidente Giuseppe Costanzo e da Ettore Artioli vice presidente con delega al mezzogiorno.

Insieme al sostituto procuratore Massimo Russo, si contavano sei magistrati. Sul palco degli oratori i segnaposti indicavano Pierluigi Vigna Procuratore Nazionale, Tano Grasso figlio di una vittima della mafia ed oggi coordinatore delle associazioni antiracket, Michele Vietti sottosegretario alla Giustizia, Luigi Taranto Direttore Generale della Confcommercio ed il Sindaco Cammarata. Mancavano gli artigiani, i commercianti, cioè tutte quelle vittime designate a pagare il pizzo. Mancava soprattutto il mondo politico in blocco.

L’argomento di grande attualità ha messo paura. Questa iniziativa di forte impatto istituzionale sarà sembrata quasi un affronto alla mafia. Il teatro Biondo si trova, infatti, di fronte al mercato della Vucciria, residenza topica per la delinquenza stanziale di Palermo.

L’assemblea è andata, dunque, deserta ed in questo senso si può affermare che l’assemblea sia stata un grande successo. Essa ha dimostrato, così, almeno che la mafia esiste ed è potente nella sua omertà, nel suo silenzio, nel suo potere intimidatorio. Questa è stata la prova provata dell’esistenza dei mafiosi. E’ un grande successo perché ha contato gli assenti uno ad uno, perché «chi è assente ha sempre torto», perché un tale atto di omissione partecipativa fa pensare e mette in tumulto la coscienze. Discutere di antimafia in Sicilia, come ovunque nel mondo, è doveroso e obbligatorio. Fa parte del codice umano più di quello penale istituzionale, ribellarsi alla mafia.

 

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