Ricordi di scuola e riflessioni per la difesa della lingua italiana
Nel 146 a.c. l' esercito di Roma finalmente arrivò a Cartagine dopo tre guerre al grido di Carthago delenda est (È nostro dovere distruggere Cartagine), uno slogan da fare invidia a G.W.Bush. Allora il Console Scipione Emiliano ordinò che fosse sparso sale sulle rovine di Cartagine affinchè neppure un filo d'erba crescesse nel luogo dove era fiorita la rivale di Roma.
E poi di guerra in guerra, sempre spargendo sangue e sempre vincendo, le armate di Roma diffondevano la latinità, ovvero la lingua, le istituzioni, la legge e la cultura di Roma.
A chi dovesse avere poca o nulla dimesticheza con i manuali di storia, ricordo che a Roma, lungo via dei Fori Imperiali, sul lato destro in direzione dell'Anfiteatro Flavio, meglio noto col nome di Colosseo, ci sono dei pannelli in bianco e nero che rappresentano la diffusione del potere politico di Roma, dalla fondazione dell'Urbe fino alla massima estensione dell'impero che copriva tutto il mondo allora conosciuto.
Nel periodo dell'espansione del potere politico di Roma accadde anche che Graecia capta ferum victorem coepit, ovvero che popoli più evoluti nelle arti, nella filosofia e nelle scienze dessero il loro contributo alla crescita economica e civile dell'impero a cui appartenevano, con la forza del latino come lingua della comunicazione fra popoli diversissimi.
Poi si è scritto in Latino per un millennio, fino alla comparsa delle lingue volgari. Scienze e filosofia sono rimaste in Latino ancora a lungo. Il valore unificante del Latino è ancora oggi riconosciuto dalla Chiesa, i cui riti sono in gran parte in Latino .
Oggi dell'impero romano è sparito anche il ricordo, a parte le tracce architettoniche sparse in tutto il mondo occidentale, sostituito da altri imperi. Come fare a difendere l'Italiano, lingua romanza, parlata, anzi storpiata solo da 60 milioni di abitanti e basta, nel confronto con la diffusione massiccia dell'Inglese come lingua unificante del mondo occidentale, dopo la fine della seconda guerra mondiale?
Combattere la battaglia a livello politico è doveroso, ma appare spesso, purtroppo, un'azione donchisciottesca.
Non così la valorizzazione culturale dell'Italiano. E' proprio la strettissima derivazione dal latino a fare dell' Italiano una lingua che ha una parziale affinità con l'Inglese, specialmente quello scientifico. L'Inglese odierno è una lingua kingly, royal and regal. Tre termini dallo stesso significato, regale, con qualche differenza d'uso, di cui uno di derivazione germanica, uno di derivazione gallica ed uno proveniente dal latino rex regis. Termini che esemplificano i tre strati presenti nell'Inglese di oggi, germanico, gallico e latino, vivi ed operanti all'interno di questa lingua flessibile, duttile e musicalissima.
Le parole di derivazione latina in lingua Inglese in genere non cambiano il significato originario,es, actor/actress da ago/is, egi, actum, agere. E dunque nessuna paura, per esempio, a tradurre la parola italiana sentimentale con sentimental, che in Inglese esiste con lo stesso significato, e quante altre!
Il Latino presente nell'Italiano è un bel salvagente per i traduttori italiani che affrontano la navigazione nelle insidiose acque dell'oceano della lingua anglo-americana.E che orgoglio essere parte di una lingua che ci permette di comunicare con le lingue e civiltà dell' Estremo Oriente.
Dunque difendiamo l'Italiano di oggi all'interno dell'Inglese anzichè contro di esso, come figlio del Latino, parte integrante e viva della lingua della civiltà anglo-americana vincente, senza inutili e controproducenti richiami a imperialismi e colonialismi linguistici. Non hanno avuto gli anglo-americani degli ottimi maestri? Ricordiamo sempre quel sale e quel filo d'erba di Cartagine. Con la tecnologia di oggi i nostri illustrissimi antenati che cosa avrebbero fatto!
emedoro@gmail.com
15 novembre 2008