PORTIAMO LO STIVALE DALLO SCARPARO ?

PORTIAMO LO STIVALE DALLO SCARPARO ?

Debito pubblico, perdita di competitivita', scarsa volonta' e capacità di fare le riforme sono i punti piu' dolenti. Continuiamo a osservare gli scenari italiani negativi, uno alla volta ? (in tal caso rischiamo di non fare passi avanti). Oppure iniziamo a analizzare le cause e facciamo i necessari confronti col resto dell’ Unione ? (allora abbiamo buone speranze..).

Tanti emigrati italiani, in tutti i continenti. Molti hanno facilmente avuto successo in un altro Paese, sono apprezzati, ammirati. Spesso i più brillanti degli europei. Fra di essi tanti, prima di emigrare, avevano fatto un buco nell’acqua in Italia. Ne cito solo uno, conosciuto: Gugliemo Marconi fu costretto a brevettare la sua invenzione (rifiutata in Italia) nel Regno Unito.

Chi volesse sapere perché la stessa cosa si ripete da tanto e per tanti individui, cerchi prima la risposta ad un’altra domanda: “Quali le differenze fra Italia e il resto della U.E. ?”
Cosi capirà anche per quali motivi l’economia italiana ha (e avrà) enormi difficoltà a riemergere.

Sono molti a lamentarsi della diminuzione del potere d’acquisto. D’altra parte negli ultimi anni sembrano aumentate inefficienze e giri a vuoto.
Forse non si pensa l’ovvio: che le inefficienze in aumento hanno dato una mano a far peggiorare l’economia, ad abbassare il potere di acquisto.
Perché tutto ciò succede, in U.E., solo nello Stivale ?

Tanti emigrati hanno fatto esperienze di buon livello in altri Paesi. Hanno imparato, migliorato, perfezionato, inquadrato le loro capacità. Sono divenuti efficienti, costruttivi, capaci…, ad un livello che é divenuto ormai raro in Italia.

Se gli emigrati si dessero da fare per il Paese (invito i più motivati a farlo), allora il Paese avrà un’occasione per riprendersi. A patto di averne la volontà (è l’incognita). Occasione da non sprecare perché sarebbe, mi sembra, l’ultima per evitare la povertà, per non avvicinarsi al Magreb.

Un emigrato, il sottoscritto, ha paragonato, mentre girava a lungo per l’Europa, metodi di lavoro e rapporti sociali italiani con quelli di tanti popoli della ex-U.E. (i quindici).
Ecco le sue conclusioni, succinte.

L’economia italiana difficilmente potrà riprendersi, nelle presenti condizioni della società. Perché si tratta di una società che non funziona.
La società italiana ha oggi, ben diffusi, comportamenti inefficienti. L’opposto di ciò che ci vuole per competere nell’era della globalizzazione.
La verità mi sembra: non si può dire che in Italia esistano una vera società italiana ed un patto sociale. La società italiana é una grossa struttura (che viene persino chiamata “Democrazia”, ma per un espatriato essa é una plutocrazia), con i piedi di argilla. Sono i N.C.I (nuovi comportamenti italiani) che hanno reso d’argilla i piedi, che invece avevano bisogno di una buona e lunga fisioterapia.

Il Bel Paese ha avuto negli ultimi anni tante trasformazioni. Ma i fondamenti dell’Italia sociale attuale sono tali da incoraggiare le trasformazioni negative e scoraggiare quelle positive. L’adattabilità italiana (anche al peggio) e l’abbassamento del livello di guardia dei comportamenti accettabili (grande differenza rispetto all’ Europa) hanno fatto il resto.

Negli ultimi decenni parecchie evoluzioni della società italiana sono state negative. Ed accelerate. Abbiamo messo al bando quegli strumenti che permettono in altri Paesi lo sviluppo. Li abbiamo sostituiti con nuovi strumenti che, oltre ad ostacolare lo sviluppo, accelerano il degrado.
Tutto ciò é successo per una serie di ragioni concomitanti che é possibile individuare, se solo avessimo una capacità seria di riflessione, di paragone, di analisi. Tutte cose un po’rare nel Paese di oggi, ove la caratteristica più comune é la confusione.
Ad un espatriato, che vive in un paese serio, che convive con situazioni e parametri normali, é possibile trovare le ragioni di un così rapido degrado, specie se la lunghezza della indagine (circa un decennio) e il gran numero di paragoni gli hanno aperto gli occhi già da parecchi anni.
Lo ha potuto fare, avendo avuto un’attività in un quadro internazionale ed essendo stato spinto a viaggiare tutta Europa per più di venti anni.

Cambiare atteggiamento

Non serve scovare la causa del malfunzionamento di un paio di servizi nazionali e fermarsi lì. Bisogna andare oltre, capire perché non sappiamo gestire un Paese che, per voler competere, dovrebbe essere moderno non solo nei meccanismi strutturali, ma anche nei comportamenti e nelle forme di pensiero. E dovrebbe saper gestirsi a livello europeo (cioé con risultati positivi).
Un Paese che non applica la costituzione e le leggi regolarmente e nei riguardi di tutti può, facilmente, essere handicappato in economia.
Il mercato globale é una grossa scure, che divide le economie in due gruppi: i realisti efficienti e i chiacchieroni falliti.
Non c’é più posto per un terzo gruppo (al quale apparteneva l’Italia prima del ’90): quello della mediocrità, dei piccoli sforzi, della poca chiarezza, della limitata organizzazione (anche mentale) e della lottizzazione.

Per smentire un’opinione diffusa sulle colpe della sola politica, basta una frase pubblicata da TIME alla scoperta di Tangentopoli: “Gli Italiani scoprono con rabbia di essere stati governati da una banda di lestofanti, i quali hanno gestito Tangentopoli. Non sanno che la gestione del potere politico, invischiato in Tangentopoli, é la migliore espressione della mentalità italiana di oggi”.

Quali le prospettive per il sistema italia ? A inizio secolo sembrano possibili due tipi opposti di evoluzione:
a) attivare le riflessioni necessarie per individuare obiettivamente le cause del degrado sociale ed economico. Verità nude e crude sono necessarie. Ciò permetterà di identificare le misure, anche educative, in grado di fare evolvere il sistema Italia semibloccato in sistema positivo (sono positivi, cioé non bloccano ma supportano l’economia, i sistemi di molti Paesi della U.E). Si tratta in pratica di divenire “socialmente maturi”.
b) non osare iniziative, per cambiare tutto ciò che é urgente cambiare. Restare cioè colla attuale rassegnazione a ciò che non va, col doppio scenario che finge obiettivi mai raggiunti, e lasciare che il sistema continui a degradarsi. Il sistema Italia rischia di allontanarsi allora ancor più dall’Europa. Gli imprenditori vedrebbero aumentare le proprie difficoltà, l’occupazione diminuirebbe, il numero dei tonfi “tipo ALITALIA” rischia di aumentare. In compenso molti poteri nascosti sarebbero conservati e gestirebbero la decadenza.

La mia testimonianza (con quella di altri emigrati e viaggiatori in Paesi avanzati) é necessaria per innescare una riflessione che é necessaria ed urgente, che ci permetterebbe di capire in cosa siamo lontani dai Paesi capaci di sviluppo, cosa ci é necessario per essere competitivi.

Senza il coinvolgimento di espatriati, l’immobilismo italiano, povero di idee sane, continuerà a fare guai, a sprecare risorse. Come nella Sanità, come nella Giustizia, come nel Calcio…. La mentalità italiana (e in certi contesti il “savoir faire”) ha subito una mutazione, una brutta mutazione. Ci conviene analizzarla seriamente. Ma se non lo faremo……ebbene, allora stringiamoci la cinta……..potrebbe capitare il peggio !

Antonio Greco
(analista del degrado italiano, disponibile per una presentazione)
angrema@wanadoo.fr

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